LE VICENDE DEGLI ORI DI TARANTO DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE IN UN’INIZIATIVA DEL MARTA VENERDI’ 25 APRILE. INGRESSO GRATUITO
(g.p.) _________
Le vicende che interessarono i preziosi ori di manifattura tarantina (seconda metà del IV e il III sec. a.C. ) dal 1940 al 1949 costituiranno il racconto che il Museo Nazionale Archelogico di Taranto offrirà ai visitatori venerdì 25 aprile, con due visite guidate che si svolgeranno alle 10.00 e alle 17.00.
Il 25 aprile l’ingresso gratuito. Per le visite guidate è necessaria la prenotazione (fino esaurimento posti) al numero telefonico 099 4532112.
Un percorso a ritroso nel tempo, a partire dalla notte fra l’11 ed il 12 novembre 1940, la “Notte di Taranto”, altrimenti definita dagli storici ‘la Pearl Harbor italiana’, quando sei navi militari vennero colpite in rada da aerosiluranti inglesi, nel travagliato periodo di bombardamenti sulla base navale della città.
E’ il 1943 quando l’allora soprintendente di Taranto, Ciro Drago, dopo aver redatto un inventario dettagliato degli Ori e averli risposti in due cassette di legno, decise che di portare i preziosi reperti in un luogo più sicuro. Il 2 febbraio di quell’anno il giovane ispettore della Soprintendenza archeologica di Taranto, Valerio Cianfarani, dopo aver attraversato l’Italia in guerra, varca la soglia d’ingresso della filiale di Parma della Banca Commerciale Italiana. Subito dopo, insieme ai funzionari, si dirigerà alla periferia della città dove gli Ori saranno nascosti dentro i caveau blindati dell’istituto di credito.
Gli Ori saranno salvi, anche dopo il tentativo di appropriazione da parte della Repubblica di Salò, ma torneranno realmente a casa, nel Museo archeologico nazionale di Taranto, solo nel 1949 dopo un lungo periodo di carteggi, silenzi e notizie incerte sul loro destino.
Attraverso le visite guidate del prossimo 25 aprile si ricorderanno anche le figure dei direttori che fecero la storia del Museo di Taranto: il già citato Ciro Drago (direttore dal 1934) e Quintino Quagliati (direttore dal 1907).
Due figure a cui il MArTA e l’archeologia pugliese devono molto, perché con la loro attività, impedirono la spoliazione del territorio da parte di trafficanti dediti, in quel periodo, al mercato nero delle antichità.