IL PRANZO DELLA DOMENICA / CON ADRIANO NUZZO NUTRE PURE L’ANIMA
di Raffaele Polo ___________
Incontriamo Adriano Nuzzo un locale di Galatina, sta gustando una pizza e ne approfittiamo per condividere con lui qualcosa della sua movimentata esistenza…
«Adriano, noi ti immaginiamo sempre in Africa, nel Burkina Faso, a costruire pozzi per la preziosa acqua che, in quei luoghi, è sempre più necessaria. Poi ti incontriamo qui, nel Salento: come mai?»
«Ma io sono salentino, amo il Salento e anche in Africa, ai ragazzi a me affidati ho insegnato cori dialettali, come ‘De Lecce simu simu’ che loro cantano benissimo… E non ho dimenticato il nostro meraviglioso dialetto, anche ai miei figli, che sono nati in Svizzera, prima di insegnare loro italiano e francese, qualche frase in dialetto l’ho condivisa…»
«Vedo che ami la pizza. Cosa ti piace della nostra cucina e magari della cucina africana?»
Adriano ride e ci risponde col suo tono pacato, senza scomporsi più di tanto: «Mi piace tutto della cucina salentina, e per quello che fanno in Africa, c’è poco da scegliere, ricordo una sorta di farina di mais condita con le foglie del baobab.. e poi c’è il pollo, fatto in tutti i modi, con ogni tipo di spezie…»
«Adesso, caro Adriano, spiegaci bene cosa ci fai tu, in queste terre così lontane?»
Adriano esita, poi dopo un lungo silenzio, si apre: « Dall’incontro con un missionario,Umberto Trapi, avvenuto una decina di anni fa proprio nel nostro Salento, ho avuto una precisa indicazione che ha cambiato la mia vita di cristiano credente e praticante.
Ho capito che il vero insegnamento che ci viene dato dalla Parola è quello di aiutare i miei simili meno fortunati e dare un senso vero e profondo alla mia vita.
Così, sostenuto dalla mia famiglia, dopo una in iziale sorpresa, sono approdato in Burkina Faso e, mettendo a frutto la mia professione di idraulico, ho iniziato ad organizzare la costruzione dei pozzi che erano e sono sempre più necessari. Diciamo che, poi, per un paio di mesi, sono impegnato in una grossa e importante azienda Svizzera, che mi consente di continuare nella mia strana vita tra Italia, Africa e amici svizzeri. Ho fondato, con la mia famiglia, l’Associazione ‘ We Africa to red earth’ e ho finito, in un certo senso, per prendere il posto del padre missionario che, nel frattempo, mi guarda da Lassù…»
«E in un mondo così difficile e lontano dalla povertà e dalla fratellanza, come riesci a conciliare questi diversi stili di vita?»
Adriano sorride: «Effettivamente, nei primi anni non riuscivo a sopportare l’esistenza della nostra realtà consumistica e circondata da superfluo ed effimero. Poi, mi sono sforzato di comprendere le diverse situazioni e adesso guardo con interesse e condivisione quello che mi circonda, senza meravigliarmi più di tanto…
C’è un aspetto che mi tiene impegnato, più di ogni altra cosa: il fatto che io, come ‘uomo bianco’ sia il punto di riferimento dell’intero villaggio che mi ospita, vengono a cercarmi e mi presentano, fiduciosi, le proprie aspettative. I bambini, soprattutto, scofiggono con la loro gioia, tutta la miseria e la desolazione che sono ingredienti sempre presenti nelle loro vite. L’uomo bianco, allora, è quello che dovrebbe essere, sempre. E io ringrazio Dio per avermi consentito questa svolta nella mia vita…»
«Mi sembra di capire che sei credente…»
Stavolta Adriano ride apertamente. «Ci mancherebbe! Ma sono passato da una partecipazione passiva di ‘cristianità’ all’idea portante che bisogna fare come ci ha detto Lui: amare il nostro prossimo. Tangibilmente, aggiungo io… magari scavando e realizzando pozzi in Burkina Faso…»
Stavolta, il pranzo della domenica ci riempie non solo lo stomaco. Grazie ad Adriano, il nostro spirito si consola per aver trovato un pizzico di ottimismo e di bontà anche nella vita di ogni giorno.
Per un attimo, ci sentiamo meglio.
Solo per un attimo…
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