NOVITA’ DISCOGRAFICHE / LA ROCK BAND ROMANA MARDI GRAS CON “Sandcastle”

| 8 Marzo 2025 | 0 Comments

di Roberto Molle __________

Si chiamano come l’ultimo album dei Creedence Clearwater Revival ma con il gruppo statunitense non hanno molto a che vedere. I Mardi Gras sono una rock band romana e da poco hanno pubblicato il loro nuovo album dal titolo “Sandcastle”.

Sono arrivato a loro attraverso un percorso non proprio lineare, delle volte la musica riesce a creare magie inspiegabili. Un po’ ha a che fare con il mio essere un fan irriducibile di Glen Hansard e dell’essermi imbattuto su un social in un altro suo fan (perdipiù musicista). Fabrizio Fontanelli, così si chiama il musicista fan di Glen che avendo iniziato a frequentare Dublino sin dai primi anni Novanta ha avuto modo di conoscerlo e diventare suo amico (a giugno dello scorso anno al suo concerto romano, Glen ha invitato Fabrizio sul palco dell’Auditorium Parco della Musica a cantare insieme a lui “Star star”, uno dei suoi brani più belli).

Insomma, buoni presupposti per creare aspettative e curiosità nei confronti dei Mardi Gras.

Con Fabrizio Fontanelli ci eravamo salutati con l’intesa che ci saremmo risentiti all’uscita di “Sandcastle” e così è stato. Ho ricevuto il press-kit con la musica, le foto e le informazioni sulla band ed eccomi qui a darvene conto in tempi non proprio puntuali ma leggermente differiti.

I Mardi Gras, sulla scena musicale da una ventina d’anni, sono una compagine particolare con delle caratteristiche interessanti: fuori dagli schemi, schietta, sincera mai banale che con metafore pungenti ed evocative tocca tematiche esistenziali e sociali prendendo posizione su tutto ciò che non gli piace come il bullismo e la violenza.

“Sandcastle” uscito per la storica etichetta Underground Symphony (oltre a un disco è anche un graphic musical: “Sandcastle la danza della sabbia” disegnato da Filippo Novelli) contiene tutta la bellezza e la drammaticità di una storia americana anche se in un periodo in cui tutto sembra rispondere a degli sbiaditi cliché, anche la musica e la poesia sembrano piegarsi a certe logiche.

Siamo nel New Jersey degli anni Ottanta e la storia è quella di Nicholas, ragazzo geniale timido e introverso, costantemente bullizzato dai suoi coetanei che, in seguito a un incidente accaduto alla sorella Cecilia a causa di un tentativo di violenza, troverà la forza di reagire e cercherà di scovare chi ha provato a farle del male. Un flusso di vibrazioni emozionali danno il via a un processo di cambiamento nel protagonista che, in nome dell’amore, abbatte le barriere e sconfigge la paura. Quanto si è disposti a mettersi in gioco per amore? Questa domanda è il fil rouge che attraversa gli otto brani che compongono l’album.

“The dance of the sand” è il brano che apre il disco, portando dentro atmosfere così lontane ma terribilmente vicine. I primi trenta secondi si nutrono di un intro di piano leggiadro e di un arpeggio di chitarra che squarciano qualsiasi barriera e proiettano dentro mondi sospesi tra prog e glam. La voce sognante e profonda di Liina Rätsep (cantante estone) si districa tra delicati fraseggi melodici nel suo inglese perfettamente americano.

“Cinematica” aggredisce inquieta e interlocutoria. Con Riff di chitarra in apertura e una voce più languida a rimescolare le carte e un refrain che diventa subito familiare.

“Lia’s theme” è stato il primo brano ad anticipare l’album. Una sorta di anthem che ti entra in testa e continua a girare per delle ore. “Speak to me from the garden / No more rest / Golden rays, old trees / Empty words mean revenge” (“Parlami dal giardino / Niente più riposo / Raggi dorati, vecchi alberi / Parole vuote significano vendetta”) e così via, Speak to me…. È la chiave di tutto, giocato su più livelli tra ambiguità e paura, tra ricerca della verità e rimpianti.

“After the fire” entra sul filo di un respiro che si fa epico. La voce limpida a tratti intrappolata dentro un vocoder si arrende a una tastiera; ma è un attimo, riesplode, si libera per inerpicarsi tra sentieri di soul che scaldano l’anima.

“Cross the line” si edifica su contrafforti che evocano certe epopee brit-pop che ci hanno fatto amare i Suede (quelli di “The blue hour” per intenderci). Certamente non proprio quel gotico sentire di Brett Anderson e soci, ma la solennità dolente e dark di alcuni passaggi c’è tutta.

“Stop the presses” è un ulteriore salto di qualità dentro “Sandcastle”. Si è ancora da qualche parte nel buio, nell’impeto di fare più rumore possibile. I tamburi pestati impetuosamente conferiscono solennità e una voce destrutturata detta la linea. Tutto si fa più lirico e teatrale, sullo sfondo danzano ballerine con la testa di legno dentro riti voodoo.

“Wake up” nasce soffusa e misteriosa evocando fumosi scenari di Broadway, poi si stende ipnotica a colmare di suoni ogni anima in pena, lasciando in giro un profumo d’incenso che rilassa e ritempra.

“Don’t touch the Sinner” chiude l’album facendosi soffice ballad. Tutto si fa sognante, la voce di Liina trasporta dentro un ballo infinito eppure dannatamente breve. Il tempo di una danza e tutto sembra tristemente svanire.

“Soundcastle” è tutto qui, racchiuso dentro otto brani che contengono fluidi capaci di sprigionare storie, parole, voci meravigliose e suoni cesellati al fuoco della passione. Sulle prime avevo un po’ sottovalutato quest’album, immerso come sono dentro le mie amate sonorità alt-rock, ma ne sono rimasto completamente ammaliato. I Mardi Gras con questo disco hanno realizzato un concept attingendo a suggestioni progressive e sentimento soul, inserendo un respiro gothic e creando un suono compatto, deciso e gradevolmente pop.

Ed eccoli allora i musicisti che compongono la band: di Liina Rätsep, della sua splendida voce e di Fabrizio Fontanelli (chitarra acustica) avevo già detto, seguono Alessandro Matilli (piano e tastiere), Carlo Di Tore Tosti (basso), Valerio Giovanardi (batteria), Fabrizio Del Marchesato (chitarra elettrica). I Mardi Gras già veterani di palchi internazionali importanti come lo Sziget di Budapest, recentissimamente hanno presentato “Soundcastle” all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma.

Category: Cultura

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