POLVERE DI STELLE / GLI OCCHI AZZURRI DI PAUL NEWMAN CHE INCANTANO ANCORA

| 2 Febbraio 2025 | 1 Comment

di Elena Vada _________

E come si fa a non innamorarsi di un viso così?! E lui sapeva perfettamente che la sua celebrità era dovuta al bell’aspetto ma, soprattutto, agli occhi di un azzurro intenso, definiti:

“I più belli di Hollywood!”

Ribelle, anticonformista, tormentato, insicuro, inquieto, ha rappresentato un cambiamento nell’ interpretazione cinematografica, con la sua capacità di essere chiunque, in qualsiasi ruolo, genere, epoca.

Fu un simbolo di mascolinità capace di superare mode, e cambiamenti della società.

Poco divo. Discreto e riservato.

Oggi vi parlo di: Paul Newman – BLUE EYES 

Paul Leonard Newman, nacque a Shakes Height, Cleveland, Ohio (USA), il 26 gennaio 1925, ovvero cent’anni fa esatti.

Figlio di americani di seconda generazione (il padre di famiglia ebrea tedesca, la madre di famiglia cattolica ungherese). Il padre beveva. Morirà  per complicazioni al pancreas.

Durante la seconda guerra mondiale, prestò servizio nel Pacifico meridionale come marconista e mitragliere nelle squadriglie di siluranti/bombardieri  Avenger. Nel 1945, mentre era in volo ad alta quota vide, lontano sull’orizzonte, il bagliore del fungo atomico di Hiroshima, esperienza che gli rimase impressa.

Nel dopoguerra si occupò della gestione della ditta paterna, un negozio di articoli sportivi; nel 1949 sposò Jacqueline E. Witte, dalla quale ebbe tre figli: Scott Allan (1950-1978, morto a 28 anni per un’overdose di droghe), Susan Kendall (1953) e Stephanie (1954). Dopo aver frequentato per meno di un anno la scuola d’arte drammatica della Yale University, si iscrisse all’ Actor Studio di New York ed esordì nel 1953 a Broadway, in Picnic, opera resa famosa dal film diretto nel 1956 da J. Logan.

I suoi famosi “occhi di ghiaccio”, avevano fascino ed un’espressività incredibile.

Ma fu la capacità di calarsi nei panni di chiunque, con audacia e magnetismo, a dare a Paul Newman, una delle più importanti carriere d’attore, di tutti i tempi, a dispetto di un’ Academy che fu alquanto ingiusta nei suoi confronti.

Il 29 gennaio 1958, a Las Vegas, sposò in seconde nozze, l’attrice Joanne  Woodward, con la quale rimase fino alla morte; lei gli insegnò ad essere seducente. lnsieme ebbero tre figlie: Elinor “Nell” Teresa (8 aprile 1959), Melissa “Lissy” Stewart (17 settembre 1961), e Claire “Clea” Olivia (1965).

 

Lo stesso anno la moglie ottenne il premio Oscar come migliore attrice nel film ‘La donna dai tre volti’di N.Johnson. ln seguito recitò con il marito in Missili in giardino e La lunga estate calda; avrebbero interpretato ancora insieme i film Dalla terrazza (1960), Paris blues (1961), Il mio amore con Samanta (1963), Indianapolis, pista infernale (1969), Un uomo oggi (1970), Detective Harper (1975), eccetera, fino a Lo zoo di vetro (1987). Una coppia perfetta.

Tra la fine degli anni ’50 e la metà dei ’70, Newman fu protagonista di alcuni fra i più grandi successi della storia di Hollywood: La gatta sul tetto che scotta (1958) con Liz Taylor.

Exodus (1960), Lo spaccone (1961), Hud il selvaggio (1963), Intrigo a Stoccolma (1963), Il sipario strappato (1966), Nick mano fredda(1967), Butch Cassidy (1969), La stangata (1973), L’ inferno di Cristallo (1974), Quintet (1979), diventando una delle stelle più famose di sempre, al punto da essere spesso definito una “leggenda del cinema”.

Nel 1986 gli fu assegnato l’Oscar alla carriera e, nel 1987, vinse quello al miglior attore protagonista per Il Colore Dei soldi, sequel de Lo Spaccone. 

Non ritirò personalmente il premio, avendo deciso di non presenziare alla cerimonia, dopo le numerose volte in cui era stato candidato e mai premiato.

Al suo primo Oscar, dopo tante sconfitte, disse: “E’ come inseguire una bella donna per tanti anni. Alla fine lei cede e tu dici: ‘Sono terribilmente dispiaciuto. Ma sono stanco’.”

Nel 1994 ricevette il Premio Umanitario Jean Hersholt, attribuito per eccezionali contributi a cause umanitarie.

Paul Newman, era un tipo molto semplice: rifiutava di fare autografi e preferiva stare nella sua casa di campagna nel Connecticut; “era annoiato dalla moda e imbarazzato dalle donne che flirtavano senza pudore con lui o gli chiedevano di togliersi gli occhiali da sole, per vedere i suoi occhi”.

…. Ed ora, cari lettori, strabuzzate pure gli occhi: “Ho conosciuto Paul Newman di persona!” 

L’ occasione fu una gara d’ automobilismo sul circuito di Misano Adriatico, dove si cimentava il mio fidanzato su Osella, auto di Formula 2. 

Paul era fermo ai BOX, appoggiato sul parapetto che dava sul circuito, gomito-a-gomito, con me. 

Mi tremavano le ginocchia. In testa studiavo e mi ripetevo frasi, nel miglior inglese possibile (quell’inutilità imparata sui banchi di scuola), per chiedergli qualcosa… Cosa?

Sentendosi “fissato” Paul si girò verso di me  e disse:

 “Cosa disse???… NON LO SO…NON LO SOO, neanche oggi, ripensandoci!” 

Infatti capì poco, direi quasi niente, di ciò che pronunciò, con aria tranquilla e modesta, quasi indifferente.

Colsi qualche parola (sarei voluta sprofondare!). Guardando la pista, risposi: (più o meno): “My car is the yellow one… ” (seguo l’auto gialla).

Posso dirvi che era serio, pacato e …molto meno bello che nei film. 

Avete capito benissimo: meno attraente!

Alto come me o poco più – era chino (io sono 168 cm), molto magro (direi ‘striminzito’) con una testa sproporzionata su quel corpo smilzo, esile, quasi gracile (all’ epoca aveva poco più di cinquantanni).

Vestito normale: jeans, maglietta Lacoste, giubbotto di pelle. 

Ma gli occhi???  Tolti i Rayban che indossava… Siii, erano meravigliosi: due fessure blu ghiaccio.

Bellissimo anche “il sorriso” che mi fece, pensando, credo, che fossi ‘deficiente’.

Mi offri una Coca-Cola, mentre lui beveva birra (ne bevve due o tre di seguito). 

E… tutto, ahimè, finì così!

Paul Newman era un appassionato di automobilismo.

I risultati di maggiore prestigio arrivarono  nelle gare di durata, dove guidò anche Ferrari, Porsche e Ford, nel Mondiale Marche. Nel 1979 partecipò alla 24 Ore di Le Mans, la più importante e famosa gara della categoria, con una Porsche 935 (nella foto).

Il 31 luglio 2008 fu data la notizia che Newman era affetto da cancro ai polmoni. Dopo aver scelto di interrompere le cure, Newman lasciò l’ospedale per passare gli ultimi giorni con la famiglia, nella sua casa di Westport in Connecticut, dove morì il 26 settembre 2008, all’età di 83 anni, tra le braccia della moglie, cui fu sempre fedele.

A Newman dava fastidio la propria avvenenza ed il successo dovuto all’ aspetto fisico. Aveva incertezze e dubbi riguardo alle proprie capacità di attore. Si sentiva  inferiore a Marlon Brando e James Dean. Lavorò duramente per sviluppare le sue doti recitative e questo mi pare riconoscibile ed encomiabile. 

Credo, sia stato, tutta la vita, tormentato dalla morte dell’unico figlio maschio Scott, per overdose (con lui nella foto).

Una sconfitta come padre, ma anche come uomo. 

Riporto dalla sua autobiografia: “Chiedo perdono per quella parte di me che ha generato la sua stessa distruzione. Cosa ci sarebbe voluto per evitarlo?”

Per cercare di ‘perdonarsi’, l’attore fondò la ‘Scott Newman Center for Drugs Abuse’, il cui impegno era prevenire, con l’educazione, l’abuso di droghe.

Paul Newman era alcolizzato (si ridimensionó verso fine vita) e disse: 

“Non ne sono sicuro, ma non credo che sarei potuto diventare una stella del cinema, senza bere”.

Innamoratissimo della moglie Joanna, si racconta che, però, non fu un padre tenero, né affettuoso, con nessuna delle sue cinque figlie. Incomprensibile.

Ottenne: tre Oscar, sette Golden Globe, un Emmy Awards, oltre a ricevere una Stella sulla Hollywood  Walk of Fame e altri riconoscimenti.. 

Curiosità: Blue Eyes era daltonico!

______

( 21 – continua )

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Category: Cultura

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Comments (1)

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  1. Giusy ha detto:

    Bellissima biografia e BELLO LII!

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