POLVERE DI STELLE / LA COMICITA’ SURREALE E GRAFFIANTE DI JERRY LEWIS

| 12 Gennaio 2025 | 0 Comments

di Elena Vada ________

Personalmente sono facile alle risate e ho una passione per i comici autentici, che sono stati pochi, nel ventesimo secolo, sia in Europa che in America. Meriterebbero un libro… e chissà ?! 

Far ridere è difficile.

Con Jerry Lewis ho riso tanto e di gusto per le gag esilaranti, per la comicità dissacrante e anticonformista, surreale e graffiante. Unica nel suo genere. 

“Non sapete quanto sia drammatico far ridere” disse Jerry.”I Like Liking You”– cioè “Voglio piacervi” – è, il suo motto di personaggio e di uomo di spettacolo…

In un’ intervista, al Jerusalem Post, disse: “Guardo il mondo con gli occhi di un bambino, perché in realtà ho nove anni…

Sono diventato famoso recitando la parte dell’idiota”

Jerry Lewis, inaugurò (insieme  al nostro grandissimo Totò) una comicità mimica, facciale, fisica, istintiva ed irresistibile, che spopolò fra gli anni ’40 e ’70 e poi finì.

Rinacque negli anni ’90 con la verve del comico canadese Jim Carrey.

Aveva una grande ammirazione per Stan Laurel, che chiamò: “The one and only Stan” l’unico e il solo Stan. 

Carattere difficile, permaloso, lunatico, riservato, burbero, scontroso, ma altruista e generoso. Sornione, testardo, tenace, ma anche molto sensibile ed emotivo.

Avrete compreso che Jerry Lewis non fu un uomo facile. Tutt’altro! Aveva una personalità enigmatica, complicatissima.

Nacque a Newark, New Jersey, (USA) il 16 marzo del 1926, figlio di Daniel Levitch, un attore di commedie e cabaret, e Rachel “Rae” Brodsky, pianista, ambedue immigrati russi, di fede ebraica, fuggiti dai pogrom e dalla dittatura comunista.

A scuola non brillava certo per lo studio, ma si fece notare per le imitazioni dei compagni e degli insegnanti. 

La sua carriera scolastica finì presto. Infatti, venne espulso dal collegio per aver picchiato (un pugno) il preside, che parlava male degli ebrei. Da piccolo, per vincere la solitudine, dialogava con il dito indice: “Come un fratello per me”. 

Per campare, fece lavori occasionali come: commesso, magazziniere in una fabbrica di cappelli, fattorino in un albergo, maschera in un cinema-teatro di Brooklyn.

L’ incontro importante, avvenne il 26 giugno 1946, con il cantante melodico, di origine italiana Dean Martin, durante uno spettacolo in un night.

I due formarono una coppia comica, nella quale il fascino e la sicurezza di Martin, si contrapponevano alle smorfie e alle maniere impacciate e clownesche, di Lewis.

I loro show fanno faville e sono richiesti in tutti gli States.

Il 25 luglio 1956, a dieci anni esatti dall’inizio dalla loro unione artistica, Lewis e Martin annunciarono la loro separazione nel corso di uno show, al Copacabana di New York. 

Ma cosa accadde veramente?

Col successo cinematografico nacquero gelosie, contrasti ed incomprensioni, tra i due. Infatti, i personaggi interpretati da Jerry, prendevano il sopravvento su quelli di Dean Martin e lo mettevano in secondo piano. 

La Paramount attribuiva il successo dei film, alla geniale comicità di Lewis.

La goccia che fece traboccare il vaso, (dicono i ‘rumors’), fu una foto pubblicata su “Life” dove l’ immagine di Martin venne ‘tagliata’ e rimase solo quella di Lewis.

Fu la fine di una grande amicizia, oltre che di un sodalizio artistico. Forse, fu anche una liberazione da un cliché ormai logoro, che li stava limitando e soffocando. 

Jerry Lewis proseguì da solo, producendo i suoi film: Il delinquente delicato (1957) e Il cenerentolo (1960), Ragazzo tuttofare (1957). Fu anche regista e cosceneggiatore. 

Tra le pellicole più esilaranti ricordiamo Le folli notti del dottor Jerryll (1963).  

Negli anni ’80 Lewis tornò sul set sbancando i botteghini con ‘Bentornato Picchiatello’ (1980) e Qua la mano Picchiatello (1983). Interpretò per la prima volta un ruolo drammatico per Martin Scorsese in Re per una notte (1983), accanto a Robert De Niro.

Amato dal pubblico ma, non altrettanto dalla critica cinematografica, che spesso demoliva i suoi film. La sua comicità appariva troppo ingenua, facile, demenziale, infantile, clownesca.

Ma vorrei ricordare il divertentissimo sketch del dattilografo (dal film ‘Dove vai sono guai’, del 1963), suo cavallo di battaglia, riproposto più volte nelle sue comparsate televisive negli Usa e all’estero, in cui fa diventare il ticchettìo della macchina da scrivere uno strumento musicale sulle note del brano ‘The Typewriter’ di Leroy Anderson.  

CHE SPETTACOLO! (lo consiglio).

Lewis, mentre lavora per la Paramount, rivoluziona il mondo della cinematografia, ideando un prototipo di videocamera oggi conosciuto come video-assist. 

Lo usò soprattutto per quelle situazioni in cui doveva dirigere se stesso e ha spiegato che, mentre recitava riusciva a guardare, con la coda dell’occhio, quello che veniva ripreso.

Insegnò cinema alla University of Southern California (dove hanno studiato Steven Spielberg e George Lucas) e le sue lezioni universitarie sono diventate un libro, il cui titolo prende spunto dalla definizione data da Cahiers du Cinema (taccuini di cinema: rivista francese): ‘The Total Film-Maker’ (Il regista completo).

Il grande regista e critico cinematografico francese Jean-Luc Godard, scrisse che Lewis era nuovo e originale nei propri film, molto meglio di Chaplin e Keaton.

Dotato di carisma, magnetismo e di un certo fascino, l’attore ebbe diverse donne, fra cui un flirt con Marylin Monroe, che lo mise tra i dieci uomini più sexy di Hollywood.

Si sposò due volte, una con la cantante Patty Palmer (il cui vero nome era Pasqualina Calonico, di origine abruzzese), dalla quale ebbe sei figli in 40 anni di matrimonio e nel 1983 con la ballerina SanDee Pitnick dalla quale ebbe una figlia nel 1988.

Non fu certo un marito modello e ci furono molte infedeltà e tradimenti. In casa era assolutamente assente come genitore e marito. I figli commentarono “Pessimo papà. Non ci ha mai voluto bene!”. Li ha diseredati, tutti e sei.

Nonostante la fama, l’amore e il denaro, l’attore non si sentirà mai completo, né felice. Non ebbe mai l’ approvazione del padre, geloso dei suoi successi (quelli che lui stesso avrebbe voluto, come artista di cabaret).

Dicono che lo stato d’animo triste e malinconico, nonché la depressione, siano caratteristici dei grandi comici e ne dobbiamo constatare (per quanto possibile) la veridicità. 

Jerry Lewis si sentiva ‘solo’ nel cuore e nell’ anima. L’ infanzia (lontano dai genitori, sempre in tournèe) lo aveva segnato pesantemente. 

Credo che ebbe un ‘solo vero amico’ nella vita: Dean Martin e stette molto male, quando si lasciarono. Fece fatica a ritrovare la sua dimensione, la sua identità.

Nel 1976, durante Telethon (trasmissione da lui ideata) comparve in scena Martin, chiamato, a sorpresa, sul palco da Frank Sinatra, amico di entrambi. Martin e Lewis si riappacificarono, abbracciandosi di fronte a un pubblico in delirio e mettendo fine alla disputa.

Fu solo apparenza. 

Lewis ha avuto molti problemi per le sue opinioni sessiste ed omofobe. Pare abbia  offeso omosessuali e disabili.    

Non gli piaceva che ci fossero donne comiche, perché le vedeva più utili, come “macchine sforna bambini”.

Lewis ha sempre provato a scusarsi o giustificarsi, dicendo in molte occasioni, di essere stato frainteso.

Maltrattò moltissimo i giornalisti, di qualsiasi testata, che non riuscivano, quindi, a portare a buon fine le interviste.

Ma fu anche un filantropo. A lui si deve soprattutto la maratona Telethon, nata negli States con la trasmissione annuale che lui presentò, sin dal 1966, per l’associazione distrofia muscolare. Fu candidato al Nobel per la pace nel 1977 per le sue opere di beneficienza. Ha fondato la “House of Laughter” (La Casa della Risata) per aiutare i bambini ed i giovani, affetti da malattia o reduci da traumi, attraverso il potere terapeutico della risata. 

Il suo lavoro più famoso, però, è quello che non è mai arrivato in sala.

“The Day the Clown Cried” 1972 (Il giorno in cui il pagliaccio pianse)  interpretato dallo stesso Lewis, clown rinchiuso in un campo di concentramento. Non lo vedremo mai. 

Sebbene mai uscito nei cinema, il film è diventato una sorta di leggenda quasi immediatamente dopo la sua fallita produzione.  (Hanno dato tante, spiegazioni, giustificazioni… tutte poco credibili).

La verità ? (intuisco dai commenti) Pathos e commedia non stanno insieme con Jerry.

Lewis non è drammatico. Lewis non è triste, Lewis non piange!

Ricordiamolo con la sua faccia plastica, gli occhi storti, i denti finti, le smorfie… e picchiatello.

Jerry Lewis, combatté contro molte terribili malattie, nella sua vita: cancro, diabete, fibrosi polmonare, meningite. Portava quattro by pass, ebbe depressioni violente. Per l’abuso di steroidi ingrassò fino ad essere la caricatura di se stesso.

Morì a 91 anni,  il 20 agosto 2017, nella sua casa di Las Vegas, Nevada (USA).

È l’ultimo dei grandi comici espressionisti, che si esibì col viso, i muscoli di gomma del corpo sbilenco, con gli occhi strabici e le boccacce…

Lui è: Jerry Lewis… e noi continueremo a guardarlo e  ridere!

Vincitore di un Golden Globe, Bafta e del Leone d’oro alla carriera a Venezia, nel 1999, Lewis nel 2009 ha ottenuto dall’Academy il ‘Jean Hersholt Humanitarian Award’, ma mai nessun Oscar per i suoi film.

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( 19 – continua )

Category: Cultura

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