OTTANTA ANNI DOPO LA FINE DEL CAMPO DI STERMINIO: “Ad Auschwitz c’era la neve”

| 31 Dicembre 2024 | 0 Comments

di Raffaele Polo ________

Mi piace Guccini. E, tra le sui canzoni, è certamente Auschwitz, la mia preferita. La cantava anche Augusto Daolio, dei Nomadi. E, quando si arriva a quel verso ‘il fumo saliva lento’, non c’è niente da fare, sento qualcosa che mi fa singhiozzare, un dolore profondo, una malinconia che spinge le lacrime, anche adesso che sono anziano e plurivaccinato…

Una sensazione simile la provo anche quando sento recitare ‘L’Aquilone’ di Giovanni Pascoli, oppure quella canzone tristissima che si chiama ‘Balocchi e profumi’, dove c’è la descrizione dell’agonia della bambina che reclina il capo….

Mamma mia, non ci manca che la Marcia funebre della Jone di Petrella  (trovatela e ascoltatela, mi darete ragione…) e abbiamo praticamente concluso il nostro iter sulla commozione e sul dolore…

Ad Auschwitz c’era la nebbia, dice la canzone.

Ma quando siamo andati in pellegrinaggio, a rendere omaggio a Massimiliano Kolbe, nella cella che fu la sua ultima dimora, c’era il sole e faceva caldo, il famigerato cancello sembrava addirittura di buon auspicio, il silenzio tutto attorno ci ha subito imposto di rispettare quel luogo che anche i turisti più sfacciati non possono non rispettare…

Sapete cosa ricordo, di quella visita?

Soprattutto tre cose.

La prima è il settore dove era scritto ‘Italien’, ovvero dove erano rinchiusi gli italiani che, per un ironico scherzo del destino, erano pur alleati dei tedeschi, nella Guerra mondiale. Eppure, con le leggi razziali, tanti italiani sono finiti laggiù, adesso c’è ancora chi vorrebbe ripristinare certe ideologie, anche a casa nostra…

Come non ricordare il film ‘La vita è bella’ che è ambientato proprio in queste situazioni di estrema crudeltà ma che riesce a stemperare anche la tragedia con un triste sorriso?

La seconda sono i passaggi, giustamente obbligati, sulle passerelle che, sotto, hanno enormi profondità piene di oggetti appartenenti a chi fu ucciso in quel posto terribile: migliaia di scarpe, poi migliaia di valige, poi tanti altri oggetti che testimoniano necessità e miseria, infine una sequenza lunga e documentata di vestitini di neonato, di articoli della prima infanzia, testimoni di anime innocenti che non ci sono più… Come rimanere insensibili di fronte a queste reliquie di martiri innocenti?

La terza è stata la cella di Massimiliano Kolbe, sempre occupata da fiori freschi, a simboleggiare il ricordo imperituro di chi si offrì al posto di un altro sventurato, applicando, senza sconto, il sacrificio dell’amore senza limiti.

Tralascio tutte le altre visioni di un museo realistico e commuovente, credo che dovrebbe essere obbligatorio per tutti, almeno una volta, visitare questi luoghi dove ‘la bestia umana’ è riuscita a creare un incubo senza tempo…

Ma, incredibilmente, c’è ancora chi sorride pacifico e afferma che è tutta una esagerazione, una montatura, non c’è nulla di vero, solo propaganda di parte.

Io lo sogno ancora, quel cancello con la irridente scritta in tedesco, che suona conme ‘Il Lavoro rende liberi’. E vedo quei completini di neonati, quelle montature di occhiali, quelle scarpe consunte, la baracca ‘Italien’, i fiori per San Massimiliano Kolbe, prete polacco.

E sento che un’altra canzone dei Nomadi diventa sempre più attuale, quando afferma che ‘Dio è morto’…

La speranza di noi cristiani è riposta nella sua Resurrezione, in San Massimiliano e nel ricordo di quei piccolini innocenti che ci guardano, da lassù.

Category: Cultura

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