NOVITA’ DISCOGRAFICHE / UNA BELLA SORPRESA, UN PICCOLO CAPOLAVORO: “L’Estate Eterna” DI FEDERICO BRATOVICH

| 1 Dicembre 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle ________

Sottotraccia, la scena musicale internazionale sta vivendo una fase rinascimentale. Una specie di rivoluzione intesa come punto di rottura con certi ambiti del songwriting che, fatto non da poco, può contare su elementi che riconducono all’energia e alla disinvoltura del punk.

Alla base di questo fatto ci sono le ultime produzioni discografiche di musicisti che sono riusciti a dare nuova linfa alla musica, liberandola da sovrastrutture pompose, ammiccamenti mainstream, arrangiamenti scontati e testi opachi. Tutto ciò fidelizzando un pubblico che cresce, formandosi attraverso ascolti approfonditi e partecipi, capace di cogliere appieno sfumature e originalità delle composizioni.

Tanto per citarne uno degli album che rientrano in questa visione, si può fare il nome di “Lives Outgrown”, ultimo splendido lavoro di Beth Gibbons. Ora, chi conosce la storia della musicista inglese potrà confermare che in questo suo ultimo album è presente quell’imprinting riconducibile alle sonorità dei Portishead (sua band di origine) ma con qualcosa in più: una visione, verrebbe da dire, illuminata da nuova luce, se pur sempre fioca. Suoni scarni, lirismo profondo e intenso, atmosfere scure, drumming pulsante epurato da ogni cymbal. La voce di Beth che si leva dalle tenebre, pur restando sospesa tra atmosfere scure. Da lì, da quel buio dell’anima e del mondo, si leva un canto nuovo: di consapevolezza e pragmatismo, di desiderio di ripartire azzerando tutte le brutture.

Il disco della Gibbons è così bello che verrebbe di continuare a parlarne all’infinito, ma tirarlo in ballo può servire a tracciare un parallelo con il disco di un musicista italiano che per mood e attitudine, fatte le dovute differenze, ha più di un punto in comune.

Il musicista in questione si chiama Federico Bratovich, più semplicemente detto Brat (abbreviativo con il quale si firma) e ha da pochissimo pubblicato “L’Estate Eterna”, un album nato sotto l’egida di SBAM/Materiali Sonori.

Brat è milanese, nel corso degli anni ha fatto parte di diverse band e nel 2019 ha pubblicato “Last Exit To Freedom”, suo primo album da solista. Ad ascoltarlo oggi quel disco vien da pensare che il suo autore, avendo in serbo tanta energia musicale da dover gestire, l’abbia liberata senza il giusto dosaggio, ottenendo l’effetto di disorientare l’ascoltatore, anche se, tra le nebbie si intuiscono i prodromi che faranno germogliare “L’estate Eterna”.

Le dieci canzoni dell’album sono istantanee di vita filtrate da una poetica urbana che si inerpica su territori di grande respiro autoriale. Vengono in mente Flavio Giurato, Fausto Rossi e Andrea Chimenti, tre grandi artisti disallineati da sempre, artefici in qualche modo di quel rinascimento di cui sopra.

Tre parti per tracciare un sogno (Pt1, Pt2, Pt3), lungo un percorso di chitarre post-punk, bordi di strade deserte, tamburi castrati e loop analogici.

La voce di Brat è incantevole nella sua apparente normalità. Non ha estensioni particolari, ma è onesta, diretta, profonda. Un ritorno al punk, senza durezza e drammatizzazione. Punk-rinascimentale potrebbe essere la definizione più adatta a questa nuovo approccio allo scrivere e proporre canzoni, e Brat ne è esempio altamente qualificato al momento.

Impercettibile” e “Un Altro Giorno” sono frammenti di lettere scritte a sé stessi, l’altro, è di là da venire. “Affronto queste onde giocando le mie carte / ricamo le parole per colmare le mie assenze / Queste mani hanno stretto troppi patti con la terra…”  Nel riordino delle cose si riparte dall’individuo, inevitabilmente.

Sono io” presa in prestito da Daniele Silvestri, s’intrufola srotolando versi come dentro una filastrocca, evocando afflati di un sentire comune. La musica tiene un profilo basso, meno misteriosa rispetto all’originale, potenziando le parole che crescono fino al refrain. Belle comunque, entrambe le versioni.

Troppa luce”, quasi una road-song senza parole lungo cigli di strada polverosi. Soffusa, etera, breve, misteriosa.

Ne “Il Grande Silenzio” una chitarra folkeggiante introduce una ballad buona per viaggi dentro giornate piovose, a stemperare ogni possibile spleen. “L’unica ragione” è impregnata di un respiro psychoprog che catapulta direttamente dentro i ’70; le sue atmosfere evocano suoni e codici fatti propri da una band di nativi americani che rispondevano al nome di Xit che in quel periodo passò anche dall’Italia.

L’unica ragione”, brano che con sorpresa riporta alle atmosfere mistiche di “Un Sogno Di Maila”, album da solista di Amerigo Verardi (ante Maverick Persona), impressionante anche come la voce assomigli a quella di Verardi.

Chiude l’album “L’Estate Eterna”, incipit d’effetto, sfumato da atmosfere dark. Poi la voce di Brat irrompe, racconta, raccoglie la rabbia e la stempera dentro auspici che portano a nuove rinascite.

C’è qualcosa nella notte che non si lascia trattenere / come sabbia scivola tra le dita di una verità / chi eravamo fino a ieri, il passato grida ancora / precipitando dentro me all’insensato soccombere / l’estate eterna ci rapirà…”.

“L’Estate Eterna” è una bella sorpresa, un piccolo capolavoro che dispensa canzoni dove poter rifugiarsi nei momenti più duri. Federico Bratovich si conferma cantautore di livello (se questo termine può ancora avere un senso), la sua esperienza lungo i tracciati del rock arricchisce il tutto di poesia e mille altre suggestioni. Saranno sempre ben accetti da chi ama la musica dischi di questo spessore.

In chiusura, segnalazione importante per “L’estate Eterna” sono le collaborazioni di due musicisti che apprezziamo e stimiamo (dei quali si è raccontato qui negli spazi di leccecronaca.it): a dare ma forte a Brat in questo disco, sono stati Fabrizio Tavernelli in “Come Un Sogno Pt.1” ed Enrico Bongiovanni nella conclusiva “L’Estate Eterna”. Oltre a Brat (basso, chitarre, synth), hanno suonato Flavio Ferri (basso, chitarra, theremin), Simone Filippi (batteria, percussioni), Irene Briccola (cori).

Category: Cultura

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