REPORTAGE / IN CITTA’ FRA UN PARCO ARBOREO E UN GIARDINO: UNA PASSEGGIATA NELLA FELICITA’
di Giuseppe Puppo ________
“Gli alberi sono un bene comune. Sono utilissimi per il nostro benessere, indispensabili alla nostra vita quotidiana. Eppure sembra quasi che adesso ne abbiamo paura, li ignoriamo, li eradichiamo, li maltrattiamo, li ignoriamo“.
Maria Cucurachi, baciata dal sole, fa una pausa e poi aggiunge, spiegando il senso di questa iniziativa, la seconda intrapresa dal Coordinamento per gli Alberi e il Verde Urbano di Lecce in occasione della giornata 2024, una passeggiata botanica itinerante da Porta Napoli al giardino delle Mura Urbiche – aperto per l’occasione – attraverso i parchi arborei del Circolo tennis Mario Stasi e dell’area ex Carlo Pranzo: “Le abbiamo chiamate tutte e tre ‘talee’, in quanto vogliamo che sviluppino conoscenza e condivisione, del rapporto ancestrale che ci lega alla Grande Madre della Natura“.
Muni e Nezza annuiscono convinti, col sole sembrano volerla baciare anch’essi roteando la lingua all’infuori, applaudono scodinzolando felici insieme ai cinquanta presenti disposti in cerchio in attesa di muoversi.
E’ una mattinata splendida, di un autunno sapido di profumi, di temperatura tiepida gradevolissima. Si respira. Si respira benessere e tranquillità tutto intorno, tra le foglie resilienti ancorché caduche e i fiori impazziti di luce.
Nomina sunt consequentia rerum: Muni e Nezza, fratello e sorella, si chiamano così perché trovati, abbandonati da cuccioli, in un bidone della ‘munnezza’. Adesso che son cresciuti non perdono di vista nemmeno per un attimo il loro Salvatore, che non so come si chiami veramente ma tale è e che ‘stamattina li ha portati a fare compagnia agli astanti della passeggiata botanica, con grande gradimento di tutti i presenti, far i quali si muovono festosi. Senza mai perdere di vista Salvatore.
La passeggiata è un’occasione di conoscenza di alcune specie botaniche esistenti al Circolo del Tennis e delle loro strategie di adattamento e resilienza in ambiente urbano.
La professoressa Silvia Pedone fa le presentazioni e si sofferma in dettaglio sugli esemplari più interessanti, spiegando con chiarezza e dovizia di particolari le loro caratteristiche e le loro proprietà, come per l’Allanto, la Phytolacca e una varietà particolare di Gelso presenti nel giardino del Circolo del Tennis.
Si gioca pure, per imparare: ognuno ha pescato come in una riffa un bigliettino su cui è scritto un luogo comune, sbagliato nei fatti, sugli alberi, invece capaci di essere benefici, rilassanti, aggreganti, terapeutici, utili e tante altre cose ancora, come a ogni frase ricordano le spiegazioni appropriate alla fattispecie.
Il tempo pare essersi fermato, però è già ora di muoversi. Si va verso le Mura Urbiche e si attraversa la passerella che porta all’orto botanico di Palazzo Giaconia, per una visita guidata e spiegata, con intervalli di musica e di poesie.
Normalmente il giardino è chiuso, inaccessibile a visitatori e turisti. Oggi è stato aperto per l’occasione della manifestazione, occasione pure per gli organizzatori, per chiedere che venga tenuto sempre aperto.
In qualche modo la speranza è che l’appello venga accolto dai responsabili dell’arredo urbano.
In effetti l’interno/esterno di Palazzo Giaconia è uno splendore. Risale alla metà del XVI secolo, è passato attraverso le proprietà di alcune delle famiglie nobiliari più importanti della provincia e ha conservato fino ai giorni nostri il suo tripudio di colori e di profumi.
Si tramanda che la discendente di una di queste nobili casate andò in sposa ad un nobile di un’altra casata, nei migliori auspici di assicurare la discendenza dinastica. Ma niente da fare: lo sposo si rivelò essere un ‘pizza fridda’, come si dice a Lecce e non riuscì ad assolvere ai suoi doveri coniugali. Allora intervennero le famiglie: all’epoca non esisteva il Viagra, ma esisteva già la Sacra Rota, pertanto il matrimonio venne annullato e fu deciso di celebrarne un altro, con il fratello del ‘pizza fridda’, i panni sporchi si lavano in famiglia. Solo che pure il fratello si rivelò essere impotente anch’egli.
La poveretta allora si arrese, fece buon viso a cattiva sorte, si rassegnò a essere ‘la donna che rimase vergine due volte’, come è passata alla Storia e per riempire la lacuna decise di dedicarsi al giardino. Quando si dice l’eterogenesi dei fini: non allevò bambini, ma alberi e piante, certo con esiti altrettanto proficui, se non migliori.
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