IL MIO TEATRO DI POESIA / PER PEPPINO BASILE, IL ROMPICOGLIONI MISTIFICATO E DIMENTICATO

| 7 Novembre 2024 | 0 Comments

di Giuseppe Puppo ______

Così, sono arrivato al termine di questo mia raccolta di testi e relative annotazioni a margine, sopra e sotto, i copioni teatrali che ho scritto, che da un paio di mesi ho pubblicato su leccecronaca.it

Volevo ricavarne un libro a stampa. Adesso vedo se c’è qualche editore disponibile.

Certo, il teatro è fatto per essere rappresentato, non per essere letto, ma un libro cartaceo ci sta, magari servirà a sollecitare nuove produzioni per i miei spettacoli, chi lo sa? e comunque questa idea già sollecita le mie ambizioni letterarie. Dai, vediamo…

Concludo – per ora, eh !?! ché sebbene al momento io non abbia altre idee di scritture teatrali, confido che nell’immediato futuro arrivino e che nuove suggestioni tali da spingermi a porre mano ad esse si presentino davanti a me – concludo con l’ultimo, in ordine di tempo, progetto già sviluppato.

Col solito sistema dell’indagine giornalistica a monte e del copione vero e proprio a valle.

Già sviluppato, ma rimasto mai rappresentato.

Sono rimasto un po’ deluso, infatti, confesso, ora spiego perché.

Nell’estate del 2021 è uscito il mio saggio “Morte annunciata di un rompicoglioni: la tragica fine di Peppino Basile“, edito da I Quaderni del Bardo edizioni di Stefano Donno.

Esso è già scritto in forma di copione teatrale, nel senso che ci sono già scene, motivi e personaggi, pronto per essere rappresentato, fatte salve ovviamente le successive elaborazioni del futuro regista per l’allestimento vero e proprio.

La produzione di Scena Muta di Copertino aveva preso i contatti con l’amministrazione comunale di Ugento, in quanto l’idea era di fare la ‘prima’ proprio a Ugento, quale postumo risarcimento del paese natale nei confronti di questo suo figlio degnissimo e nobilissimo, per quanto considerato per pregiudizio all’opposto in negativo e quindi prima mistificato e poi del tutto rimosso.

L’amministrazione comunale di Ugento aveva manifestato il proprio interesse e anzi aveva dato – pubblicamente, se no non lo direi – la propria disponibilità a sostenere la produzione.

Poi però non ha fatto più niente.

Pazienza, sembrava caduto un muro, il muro di Ugento, mutatis mutandis pesante e sinistro come quello di Berlino, invece il muro sta ancora là, e ripeto, pazienza: ho imparato che tempi e modi del Teatro sono aleatori quanto imponderabili, ho imparato che bisogna saper aspettare.

“La Bomba”, questo il titolo dello spettacolo teatrale, rimane però pronta a deflagrare.

Scusandomi se posso sembrare presuntuoso, non si tratta solo di una questione letteraria: sono convinto che con l’indagine giornalistica, col libro, col copione possa essere riaperto il caso dal punto di vista proprio giudiziario, sono convinto di aver trovato la pista giusta che porta ai responsabili, almeno ai mandanti, alle ragioni che li spinsero a far assassinare il consigliere provinciale.

Per questo speravo che rivivesse almeno a Teatro, che lo spettacolo servisse a riaprire il caso, non certo per vanagloria personale.

Poi, io faccio il giornalista, lo scrittore, non faccio il magistrato.

Altro non posso dire: non ho le prove.

Non ho le prove, però penso di essermi avvicinato quanto basta alla Verità.

Quello che posso aggiungere, lo posso aggiungere perché ho le prove, è che Peppino Basile anche da morto fa una fottutissima paura a molti: fa una fottutissima paura ancora adesso dopo sedici anni dal delitto a politici, magistrati, imprenditori e pure ai ‘professionisti dell’antimafia’, come li chiamava Leonardo Sciascia.

Poi, egli non ha copertura ideologiche, non ha partiti di riferimento, non ha consorterie ideologiche o culturali che siano interessate a lui, niente di niente: era un povero figlio del popolo che odiava le ingiustizie e si batteva in difesa del proprio territorio, scontrandosi contro nemici troppo numerosi e troppo potenti, senza che nessuno lo aiutasse.

Così, ora fa comodo a tutti, tranne ai pochi amici che lo conobbero, lo stimarono e si ostinano a ricordarlo, che su di lui si erga impenetrabile il muro di gomma dell’oblio.

Un rompicoglioni, appunto, unica vittima di mafia in Italia che non abbia una via, una statua, un dipinto, che ne so? una qualunque testimonianza del suo sacrificio, nemmeno al suo paese, che egli tanto amava, nemmeno nel Salento per cui lottò, per preservarlo dalle speculazioni e dalle devastazioni.

C’ha solo una tomba precaria, in ultima fila, al cimitero di Ugento, con le lettere sbiadite, che l’incuria del tempo e degli uomini sta cancellando, insieme a ogni altro suo ricordo.

______

( 6 – fine ) ______

QUI DI SEGUITO A ESEMPIO L’INCIPIT DEL MONOLOGO TEATRALE CHE APRE IL LIBRO COL PRIMO CAPITOLO. E A SEGUIRE UNA TESTIMONIANZA ACQUISITA SUCCESSIVAMENTE CHE NEL LIBRO NON C’E’

1.

TI POSSO OFFRIRE UN CAFFE’?______

6 ANNI PRIMA______

BUIO IN SCENA

IN ALTO 5 4 3 2 1 PARTE UN VIDEO

CI SONO LE STRADE LE PIAZZE UN SUPERMERCATO DI PAESE, SI VEDONO PER 30 SECONDI, SUONO IN PRESA DIRETTA, VOCI, RUMORI

LUCI SULLA PROTAGONISTA, SOLO IL VOLTO RIMANE IN CHIARO SCURO.

E’ SEDUTA SULLA PANCA DI UN CONFESSIONALE

LUCIA

Come cominciò?

Con un incontro, cominciò con un incontro.

Decisivo.

Che poi, sì, certo, sono sempre gli incontri che fai che ti cambiano la vita.

Alcuni possono migliorarla, oppure rovinarla; distruggerla, o aiutarla, per un periodo più o meno breve di tempo, per un tratto più o meno lungo di strada, compiuto insieme mano nella mano.

Ma ce ne sono soltanto pochi, pochissimi, rari, rarissimi, che, magari di colpo, trasformano la vita di chi si incontra, per caso, si direbbe, anche se mai nulla avviene per caso, la influenzano profondamente, la cambiano radicalmente, la esaltano, e la fissano per sempre, e comunque rimangono là, dentro, là stanno, profondi, profondissimi, indelebili, l’istante reso eternità, giorno dopo giorno, presenti e fecondi, anche quando tutto sembra cambiato, anche quando tutto sembra finito.

Ecco, sono questi gli incontri decisivi.

Quando cominciò?

Dovevano essere i primi anni Duemila, il 2003, il 2004 forse? Oppure già il 2005? Non mi ricordo con precisione.

Io stavo in Svizzera, era andata via dal Salento che avrò avuto 12 o 13 anni, una ragazzina, e non c’ero più tornata, se non che ci tornai in quel periodo, donna adulta e vissuta. Infatti in quel periodo, il 2003, il 2004 forse? Oppure già il 2005?

Mi ricordo con precisione che ero tornata a Ugento, via via per periodi sempre più lunghi, fintanto che non ci rimasi in pianta stabile per alcuni anni, fino al 2007.

A Ugento vivevano ancora i mii genitori.

La mamma si era ammalata, e toccava a me assisterla.

Ritornai in un mondo che non mi era estraneo, eppure mi risultava adesso pressoché alieno. Ero guardata come una ‘forestiera’, per giunta piacente, diciamo così, per giunta sola e ho dovuto lottare a lungo, per farmi rispettare, non ero mai lasciata in pace, tutti che stavano sempre a provarci, a ogni occasione, in maniera pesante, una tortura per me, e ce n’è voluto di tempo, ho dovuto difendermi, con accanimento per farmi rispettare, ma alla fine ce l’ho fatta.

Comunque la via vita all’inizio di quei lunghi anni che passai a Ugento muoveva tranquilla, il lento inverno del Salento, di venti, di mareggiate, di umidità, si consumava senza fretta e dopo di nuovo i fiori, gli alberi, le piante impazzivano di luce, l’aria montava di profumi e poi faceva di nuovo subito caldo, il sole spaccava le pietre e le coscienze, l’afa fiaccava gli animi, arrivavano i turisti al campeggio grande e alle marine, riaprivano alberghi e ristoranti, a Pasqua, c’erano già i turisti, e ci stavano per tutta l’estate, fino alle malinconie di settembre, che portava ottobre, e ottobre che portava già l’attesa di Natale, con un serpente che si morde la coda, e mi avvolgeva, a tratti rinforzandomi, a tratti soffocandomi.

BUIO IN SCENA

IN ALTO 5 4 3 2 1 PARTE UN VIDEO

CI SONO LE STRADE LE PIAZZE UN SUPERMERCATO DI PAESE, SI VEDONO PER 30 SECONDI, SUONO IN PRESA DIRETTA, VOCI, RUMORI

LUCI SULLA PROTAGONISTA, SOLO IL VOLTO RIMANE IN CHIARO SCURO

STA IN PIEDI, CAMMINA PER POCHI PASSI PARLANDO, ORA A SINISTRA, ORA A DESTRA, POI RITORNA SEMPRE AL CENTRO E SI RIVOLGE DIRETTAMENTE AL PUBBLICIO, QUANDO ANCHE SUL SUO VISO BATTONO I RIFLETTORI

Cosa mi disse la prima volta?

Sì, me lo ricordo, fu diverso da tutti gli altri, fu schietto, garbato e gentile.

Non era più inverno, anche se non era ancora primavera l’aria era già tiepida e timidamente profumata, io giravo a piedi per le strade del paese, a fare la spesa, il negozio, il supermercato, la farmacia, sempre uguale, pure la domenica.

Lui, che evidentemente mi aveva già adocchiato in precedenza, mi si avvicinò per strada, con garbo, aveva una giacca sulla camicia aperta sui jeans, mi sorrise, e mi disse:

“Suntu u Peppinu…U Peppinu Basile te Uscentu…Te possu offrire nu cafè? Oppuru oi do paste frische cu le porti alla mamma tua?”.

E che dovevo fare?

Quella mattina presi il caffè al bar, il giorno appresso presi le pastarelle che portai alla mamma ammalata, il terzo giorno le pastarelle alla mamma ammalata le porto lui stesso, di persona, dato che avevamo scoperto nel frattempo di essere pure mezzi parenti, per via di mia mamma e di sua sorella.

Cominciò così fra di noi una conoscenza speciale, un’amicizia affettiva particolare, particolarissima, intensa, intensissima.

Mi cambiò la vita allora, e me l’ha cambiata per sempre, perché da lui ho imparato tante cose di viva umanità che mi sono rimaste per sempre.

Questo, senza mai che io mi fossi immischiata di politica.

Certo, lui avrebbe voluto coinvolgermi, mi parlava spesso delle sue attività in Comune o in Provincia, ma non riuscì mai ad appassionarmi, anche se era rimasto folgorato sulla via di Montenero di Bisaccia, e mi parlava spesso di Antonio Di Pietro, il più famoso dei magistrati del pool milanese di “Mani pulite” e di “Tangentopoli”, come avevamo imparato tutti a dire, diventato poi leader politico di un nuovo partito, in cui confluirono in tanti da ogni dove.

La sua, era una missione. Me lo disse subito, il primo giorno che ci conoscemmo:

“Su turnatu cu fazzu pulizie, cu pulizzu Uscentu, tocca fazzu na cosa pe Uscentu…”

Anche lui era stato in Svizzera, anche lui era tornato.

Anche lui sapeva di treni di viaggi scomodi quanto interminabili, di tristezza e di dolore, come son sempre tristi gli adii, come son sempre dolorosi i distacchi.

Anche lui conosceva quel senso di oppressione, di impotenza, di grigiore, a volte di squallore, che questa terra sa metterti addosso, per una ragione o per l’altra, comunque troppe volte, quando ci sei, al punto da spingerti ad andare via, lontano, a cercare di riscuotere da un’altra parte i crediti che ti deve il mondo; salvo poi rimpiangerla ogni giorno, quando ne sei lontano, e fare di tutto per tornarci, anche per poco, e magari farti cinquecento chilometri andata e cinquecento al ritorno solo per raggiungere il mare più vicino a dove sei e far finta che sia quello di casa tua.

Cosa facevamo?

Peppino Basile mi rispettava. Gli brillavano gli occhi quando ero insieme a lui, solo a guardarmi era felice. Così cercava sempre di coinvolgermi in quel che faceva, e per me tutto questo, in quel particolare momento della mia esistenza, in quelle lunghe ore passate in casa ad assistere i miei, era una botta di vita.

Così, mi lasciavo coinvolgere, e Peppino non perdeva un colpo, ogni occasione era buona:

“Ei, Lucia, se te serve nu passaggiu pe Lecce te portu ieu, te lassu alla Provincia e vai addhunca oi, te ne vai angiru, te va catti nciunca boi, quannu spicci passi ta Provincia ca ne turnamu insieme a Uscentu”….

Una bellissima amicizia, fatta di stima, di affetto. E di complicità.

Lui era divorziato, ed era solo.

Si riempiva le giornate di politica, ma poi come tutti noi esseri umani, in quel che restava del giorno e della notte, aveva bisogno d’amore, di comprensione, di tenerezza, e di battiti al cuore.

Ogni tanto andavamo a ballare, a Lido San Giovanni, se era d’estate, nei paesi intorno a Lecce, se era d’inverno, e in sua compagnia, sempre brillante e divertente, insieme agli altri amici che ci accompagnavano, ogni serata era davvero un evento, ma un evento davvero, non per modo di dire a sproposito.

BUIO IN SCENA

IN ALTO 5 4 3 2 1 PARTE UN VIDEO

CI SONO LE SCENE DI UNA SALA DA BALLO, SI VEDONO PER 30 SECONDI, SUONO IN PRESA DIRETTA, MUSICA

LUCI SULLA PROTAGONISTA, SOLO IL VOLTO RIMANE IN CHIARO SCURO.

E’ SEDUTA AD UN TAVOLO

Una di quelle notti in cui avevo intuito si era sbilanciato con me, sempre non più di tanto, ma si era sbilanciato, lo gelai, là, in subito in quella sala da ballo: “ma tu per me sei come un fratello…”

Lui incassò elegantemente, e reagì brillantemente, tanto da riuscire a farmi ingelosire, senza ragione poi, ma mi fece ingelosire:

“Se tici ca suntu nu frate pe tie, tamme na manu cu canuscu dha cristiana, idila, quidha sittata a dhai, ca me piace nu saccu, poi sai ci fazzu? La invitu cu balla cu mie…”

BUIO IN SCENA

IN ALTO 5 4 3 2 1 PARTE UN VIDEO

CI SONO LE SCENE INTERNO / ESTERNO DELLA COMUNITA’ DI SAN FRENCESCOI A GEMINI, SI VEDONO PER 30 SECONDI, SUONO IN PRESA DIRETTA, VOCI

LUCI SULLA PROTAGONISTA, SUL SUO VISIO BATTONO I RIFLETTORI

E’ IN PIEDI E SI RIVOLGE DIRETTAMENTE AL PUBBLICO

Anche aiutare gli altri, era per lui una missione…. E forse in questo, più che nella politica, dava il meglio di sé.

Spendeva tutto quello che guadagnava per gli altri.

Che so? Andava a cena a casa di un’amica, una nuova conoscente che magari era in difficoltà economiche, e mica portava un pensiero, tipo una bottiglia di vino, o una torta, no, portava tutta la spesa per una settimana; allo stesso modo bussava discretamente alla porta di una famiglia che se la passava male, e lasciava di nascosto, senza dirlo a nessuno, tutto quello che poteva lasciare al momento.

Contagiata dalla sua straordinaria umanità, io cominciai a fare la volontaria alla vicina Comunità di San Francesco a Gemini, oltre al volontariato, chiamiamolo così, che facevo a casa con i miei genitori, e divenni ben presto più bella, spiritualmente intendo, una Bellezza che mi porto dentro ancora adesso, che gli anni son passati, e che mi porterò appresso per sempre.

Grazie a lui.

Ora ero più io a coinvolgere lui, che magari non c’aveva tempo e modo, preso sempre come era da tante faccende, eppure per me, per i ragazzi dei quali gli raccontavo, Peppino Basile c’era sempre, in un modo o nell’altro,

Come lui, in passato, mi aveva raccontato, spingeva per tutto il paese la carrozzina cui era costretto un suo vecchio compagno di scuola, facendolo ridere a crepapelle con le sue batture e le sue trovate, così io, mi ricordo, portavo in giro con la mia macchina, di qua e di là, al mare, o in campagna, una ragazza che soffriva di anoressia, ed era ridotta pelle e ossa. Peppino spesso ci raggiungeva, quando lo chiamavo, e le parlava, e a lei quel pallore che aveva dentro e fuori passava per un po’, la pelle riluceva, gli occhi sembravano, sia pur a tratti, illuminarsi.

Tanto fece con lei, e tanto non fece con mezza Italia, che alla fine la convinse ad andare a curarsi in un centro specializzato del Nord all’avanguardia per simili, delicatissime, problematiche.

…E potrei continuare a lungo.

Ho risposto alle vostre domande.

Ce n’è una però cui non so rispondere.

Perché hanno ucciso un uomo così?

Non lo so, ma in cuor mio mi struggo, e non riesco a darmi pace.

Spero solo che prima o poi sia reso onore alla Sua memoria, e possa avere Giustizia.

_______

6.

QUELLO CHE BRUCIA NELLA TESTA E NEL CUORE______

4 MESI DOPO______

E’ il 18 ottobre 2008. Un sabato.  A Ugento c’è un lungo incontro pubblico che si tiene presso l’oratorio parrocchiale della chiesa di San Giovanni Bosco, organizzato dal vescovo Vito De Grisantis, e dal parroco, Stefano Rocca, con un nutrito programma di interventi e illustri ospiti nazionali: dal sociologo Pino Arlacchi, alla sorella di Paolo Borsellino, Rita, dal presidente dell’associazione Libera, don Luigi Ciotti, al prete anticamorra Luigi Merola, oltre a rappresentanti politici e istituzionali.

Conclusione prevista, la sera, al campo sportivo del paese, con un concerto dei Sud Sound System.

Benché il titolo dell’iniziativa fosse apparentemente neutro – “Educhiamo alla legalità” – chiaramente il riferimento implicito è tutto per quanto era accaduto quattro mesi prima.

Da quattro mesi a Ugento non si parla d’altro. Il clima si sta appesantendo, in un giro vorticoso di sospetti incrociati e di accuse reciproche: da un lato soprattutto il parroco che continuava ad esortare chi sapesse qualcosa del delitto a rivolgersi alle autorità, dall’altro il sindaco che contestava le accuse di complicità e di omertà peri suoi cittadini.

Da là a breve, nei mesi successivi e per lunghi anni, diventerà velenoso.

Il Vescovo ne è già preoccupato, temendo che questa situazione prima o poi degeneri, e cerca di fare qualcosa per stemperare gli animi: un bel convegno, per riflettere sui temi universali della giustizia e della legalità, attraverso i contributi di personalità autorevoli, poteva essere l’occasione giusta.

L’incontro si svolge in un clima teso, partecipato, a tratti commosso, ma sostanzialmente tranquillo: la contrapposizione latente parroco-sindaco nemmeno emerge, e, almeno quel giorno, non crea tensioni ulteriori.

A moderare l’incontro è stato chiamato Luigi Russo, che all’epoca era già diventato presidente del Centro Servizi Volontariato del Salento, il centro provinciale di coordinamento e assistenza a tutte le associazioni di volontariato.

Terrà questo incarico per undici anni, fino al 2019, quando, nella commozione generale, fra straordinarie manifestazioni di affetto a lui rivolte, morì a 59 anni per un tumore, affrontato con grande coraggio, senza risparmiarsi e continuando per quanto possibile le sue battaglie da protagonista contro le devastazioni del territorio, l’inquinamento dell’Ilva e di Cerano, l’uso della chimica in agricoltura, la “frode Xylella”, come la chiamava, le trivelle nei mari e il gasdotto Tap.

Già, chissà che cosa avrebbe detto, se fosse stato ancora vivo, Peppino Basile, a proposito di Xylella, trivelle e Tap…Ma non lo possiamo sapere.

ENTRA IN SCENA GEMMA RUSSO

(…) …A moderare l’incontro fu chiamato mio padre, Luigi Russo, che all’epoca era già diventato presidente del Centro Servizi Volontariato del Salento, il centro provinciale di coordinamento e assistenza a tutte le associazioni di volontariato.

Terrà questo incarico per undici anni, fino al 2019, quando, nella commozione generale, fra straordinarie manifestazioni di affetto a lui rivolte, morì a 59 anni per un tumore, affrontato con grande coraggio, senza risparmiarsi e continuando per quanto possibile le sue battaglie da protagonista contro le devastazioni del territorio, l’inquinamento dell’Ilva e di Cerano, l’uso della chimica in agricoltura, la “frode Xylella”, come la chiamava, le trivelle nei mari e il gasdotto Tap.

Già, chissà che cosa avrebbe detto, se fosse stato ancora vivo, Peppino Basile, a proposito di Xylella, trivelle e Tap…Questo non lo so.

Ma so cosa pensava, cosa diceva e cosa pensava mio padre.

Mio padre mi ha lasciato una eredità bellissima, tanto bella quanto scomoda.

Penso a tutto quello che ha fatto e detto, ma soprattutto a quello che lui è stato e sarà per sempre.

Lui è sempre stato il mio eroe!

Un eroe senza macchia e senza paura.

Come pochi ha sempre avuto il coraggio della verità! Proprio come Peppino.

Sempre dalla parte della legalità, dell’onestà, della trasparenza, sempre dalla parte dei più deboli!

E ad essere buoni ci si rimette sempre in qualche modo.

Sempre presente, sempre in prima fila, con la voglia di combattere per reprimere le ingiustizie, brogli, interessi criminali e mafiosi!

Ha lottato tenacemente contro poteri forti, che non gli hanno risparmiato colpi bassi, denigrandolo, mettendolo in ridicolo anche nei momenti più tragici della sua malattia!

Ma niente di tutto ciò riusciva a toccarlo perché cercare la verità era la sua priorità, portare la luce a galla affinché la giustizia potesse trionfare.

Ha lottato per la sua terra, per la sua gente, sorretto anche da una grande fede!

Era convinto che l’uomo è solo il guardiano di questo creato, non il padrone, e che il suo compito non è quello di tiranneggiare, né di sfruttare o distruggere “il giardino terrestre”, ma quello di renderlo ancora più bello di come gli è stato affidato, per restituirlo al Creatore!

Purtroppo, l’uomo, per avidi interessi, sta distruggendo questa terra e la salute dei suoi abitanti!

Purtroppo l’uomo è egoista e per arrivare al suo fine è disposto a tutto, anche a togliere di mezzo chi, nel suo piccolo, cerca ogni giorno di rendere questo posto più trasparente e giusto.

Papà ha lottato fino alla fine, per me, mio fratello, per mia mamma e per tutti i figli di questa terra, per le nuove generazioni a cui sperava di lasciare un mondo più sano, pulito, onesto, proprio così come era lui.

Spero che ci siano tante persone come papà, disposte a lottare, a mettersi a nudo affinché sia fatta giustizia per il nostro caro Peppino.

Io a Ugento quel 18 ottobre 2008 non c’ero, ero troppo piccola.

Ma è come se ci fossi stata.

So che al termine della serata, sulle note dei Sud Sound System, al concerto, mio papà, Luigi Russo, raccolse i propri pensieri…

Ve li esprimo io adesso a voce alta… (…)

Il volontariato è libero. E sta sempre dalla parte della legalità, dei più deboli, della trasparenza.

Peppino Basile era un volontario della politica.

Una persona perbene, un amico straordinario e un grande esempio per tutti noi.

Una persona eccezionale, buona, onesta e coraggiosa, che ha fatto della ricerca della verità una missione.

Si tratta ora di restituire dignità e chiedere giustizia per un uomo che ha pagato con la vita la sua passione e il suo impegno.

E per il futuro, non per il passato. Si tratta di questioni aperte e che è facile prevedere saranno sempre di più di straordinaria attualità.

Per il futuro, non per il passato.

Ci ha insegnato a lottare per questa terra abusata e avvelenata, martoriata e vessata da maledetto interessi economici e criminali.

Questa terra può risorgere.

Bisogna continuare a denunciare la vergogna dei veleni che hanno seminato, e che a loro volta seminano dolore, malattia, morte in un paradiso terrestre che era il nostro Salento.

A denunciare anche tutto il contesto ipocrita che nega, o minimizzava ripetutamente questi rischi, contro chi con i suoi silenzi e le omissioni ha contribuito, alla pari di chi le ha determinate, alla devastazione ambientale e sociale.

Se la denuncia non basta, allora serve la lotta. Per noi, per il territorio, a tutela di tutti. Questi sono stati gli insegnamenti principali di un uomo che è sempre stato in prima fila. Senza paura.

Da lui c’è solo da imparare.

Il Salento è già diventato ormai un laboratorio di questioni direttamente connesse al futuro della democrazia in termini di equilibrio ecologico, ossia nel rapporto con la salute delle persone, il rispetto della loro dignità sociale e culturale, i diritti della natura come biodiversità di esseri viventi ed elementi vitali per la sopravvivenza umana.

Qui è in gioco il nostro presente, e il futuro delle giovani generazioni.

Category: Cultura

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