IL MIO TEATRO DI POESIA / E POI HO INCONTRATO UNA DEA. TRANS
di Giuseppe Puppo ______
Poi, è arrivato il “successo”. Dirompente.
Uso questo vocabolo in modo timido e riservato, nel senso di consapevolezza. Per quello che facevo. Mi spiego: tutti noi, quando facciamo qualcosa, abbiamo bisogno di apprezzamenti per quello che facciamo, che quello che facciamo sia considerato dagli altri in maniera più o meno positiva. Tutti e io di più, visto che ho la presunzione di saper valutare da chi arrivino, dando il giusto rilievo a ognuno di essi.
Giornalista di antica – nel senso di nobile – scuola, saggista e narratore di fatti e misfatti, avevo già avuto buoni esiti per i miei articoli e i miei libri.
Per le mie opere teatrali, ancora no.
E’ arrivato per caso, il ‘successo’, in questo senso: anche qui di coincidenze significative, anche qui senza che l’avessi cercato, anche qui all’improvviso.
Le cose belle, se succedono, succedono così
Era una mattinata afosa di fine estate, il 30 agosto 2017 per la precisione, quando una telefonata di un amico mi informò che Carlotta era stata trovata senza vita in casa sua, di morte naturale.
Avevo appena acceso il pc, sul sistema di editing del giornale e scrissi di getto, di botto, a caldo ed è proprio il caso di dirlo. “LA TRAGICA MORTE A LECCE, NELLA PIU’ DISPERATA SOLITUDINE, DI CARLOTTA PAIANO, LA DEA TRANS”, intitolai.
Senza saperlo, avevo già pure il titolo del mio nuovo lavoro teatrale, “La dea trans”.
Ne avevo pure la ragione principale, la prima tematica: la solitudine.
Subito e soprattutto nei giorni seguenti il ‘pezzo’ ebbe una straordinaria diffusione, non solo a Lecce città, dove ovviamente in tanti la conoscevano, non solo a Firenze, dove era stata a lungo, ma più o meno in tutta Italia, ripreso da alcuni quotidiani e ampiamente commentato e condiviso.
Questo mi fece riflettere, e mi fece decidere che non sarebbe finita lì.
Mi affascinava inoltre della vicenda di eros e tanatos di Carlotta una seconda tematica: l’enorme gap fra chi era stata prima tanto desiderata, e invece era stata successivamente dimenticata e abbandonata da tutti, a tal punto da finire i suoi giorni da emarginata.
Un po’ come certe dive di Hollywood, sul viale del tramonto. Un po’ come una dea dell’Olimpo, caduta in disgrazia.
Avevo dunque la sostanza.
Il resto, l’avrei cercato.
Nelle settimane, nei mesi seguenti, mi misi infatti a cercare la documentazione necessaria. Fu un periodo di preparazione alla scrittura vera e propria, come faccio sempre per quello che scrivo, di ricerca, di approfondimento, di documentazione, di comparazione e di verifica delle fonti.
Alcune ore al giorno, feci tante telefonate, parlando di Carlotta, superando l’iniziale diffidenza, o ritrosia, con chi l’aveva conosciuta, sia Lecce, sia a Firenze, ivi comprese le sue amiche intime di gioventù, rintracciate nei posti più disparati dove si erano nel frattempo trasferite: tanti ricordi, tante fotografie cui il tempo aveva rubato i contorni, tante emozioni.
A questo proposito, devo dire due cose di sostanza.
Quel lavoro preparatorio mi aveva regalato tanti spunti teatrali e sulla base di essi scrissi il copione, però, ecco, tante altre storie a margine, tante altre vicende relative a lei, sono arrivate poi, in seguito alla rappresentazione teatrale, negli anni seguenti e nel copione, che ho deciso di lasciare così come era venuto, senza aggiungere altro, non ci stanno, le ho tenute per me.
Seconda cosa: io Carlotta non l’ho mai conosciuta di persona, o almeno così pensavo, avendo rimosso tanta parte di quegli anni del Liceo, negli aspetti meno importanti.
Poi, parlando con un mio compagno di scuola del Palmieri, ho avuto un flash, e l’ho rivista. Dietro sua precisa indicazione – “Certo che l’hai conosciuta, di sicuro l’hai vista al Grunt” – ho avuto il flash che mi mancava, di un’immagine, sfuocata, nel buio del locale, eppure nitidissima
Era vero, era proprio così. Il Grunt era uno scantinato adibito a discoteca, che, almeno per quel che ci riguardava, funzionava di mattina per i ragazzi che avevano ‘nargiato, come si dice a Lecce, cioè non erano andati a scuola e qualche volta l’avevamo frequentato anche noi della mia classe, confesso.
Non avevo ancora scritto nulla, però. Mi mancavano giusto le cose principali: l’interprete del personaggio, che nella fattispecie era una questione complicata per diverse ragioni, e il regista. Nei mesi successivi li trovai tutti e due, nella stessa persona.
Devo in pratica a Ivan Raganato il successo che ha avuto “La dea trans”, la rappresentazione teatrale che senza di lui non ci sarebbe mai stata proprio.
Grazie Ivan!
Io non lo conoscevo, ci conoscemmo di persona quando ad un preciso appuntamento gli parlai della mia idea. Lui si disse interessato. Quando, nei giorni appresso, gli mandai la prima scena, non in ordine cronologico, un monologo che gli cucii su misura, gli piacque e sciolse le riserve.
All’estate successiva, finii di scrivere e gli attori della sua compagnia “Scena muta” iniziarono le prove.
Nel frattempo, era scattata l’organizzazione, della serata del debutto, autofinanziata e autoprodotta.
Si era creata una aspettativa notevole, un’attesa incredibile.
Quella sera, che, per un’altra coincidenza significativa, coincideva con il compleanno di Carlotta, il cinquantanovesimo, se fosse stata ancora viva, fu per tanti versi memorabile, col teatro Apollo gremito in ogni ordine di posti da oltre settecento spettatori.
“La dea trans” è stata replicata quattro volte.
Tre a Copertino, nella sede di Scena Muta, il 2 e 3 febbraio e il 29 aprile 2019, e una a Lecce, ai Teatini, il 9 settembre 2020.
Allo studio, attualmente, fra Londra e New York, un adattamento internazionale in lingua inglese del regista, omonimo, non parente, anch’egli salentino di origine, Alessandro Paiano.
Qui di seguito, il copione originale, rimasto invariato, come detto, nonostante il materiale raccolto negli ultimi anni successivamente alle prime cinque rappresentazioni.
E’ come l’ho scritto io in prima battuta e non comprende quindi le modifiche dell’adattamento teatrale brillantemente realizzato dal regista Ivan Raganato.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e a persone esistenti è da intendersi puramente vero.
Per la precisione, comunque:
quanto raccontato nella scena del bar Poker fra i due fidanzati, esso è vero, ma l’episodio accadde in realtà alla discoteca Mirage di Novoli, dove lei, vedendo Carlotta di persona per la prima volta, capì che lui le aveva raccontato al riguardo un sacco di bugie, e lo punì ferocemente; semplicemente ho spostato l’ambientazione al bar Poker, per ricostruire l’atmosfera di quegli anni in cui Carlotta passava tanto tempo là insieme agli amici ‘del bar Poker’ appunto, rappresentati dai personaggi che animano questa scena;
la relazione importante cui Carlotta accenna nel monologo è vera, al momento quando scrivevo il testo non ne avevo compiuta cognizione, ma in seguito, come detto, mi è stata raccontata in dettaglio con tutti i riferimenti, anche se, come detto anche questo, ho deciso di tenere per me tutte le rivelazioni ottenute dopo la stesura del copione;
la scena del poliziotto di Firenze, non è vera, ma verosimile, dal momento che ho verificato quante personae altolocate ronzassero intorno a lei, come sono veri tutti i riferimenti alla coda di macchine che ogni sera si formava alle Cascine in attesa di vederla e di parlarle;
l’avvocato è vero, esiste realmente;
le amiche di Carlotta individuate e sentite telefonicamente per l’occasione, pure;
anche le poesie scritte da Carlotta e ricopiate a mano su un quaderno, esistono, o almeno esistevano, però ne ho ritrovato solo brevissimi frammenti citati da chi aveva potuto leggerle, mentre io, quel quaderno, probabilmente andato perso fra un trasloco e l’altro, non l’ho potuto ritrovare.
( 3 – continua )
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PROLOGO
PRIMA CHE SI APRA IL SIPARIO. DAVANTI CI SONO STEFANO DONNO E CHIARA EVANGELISTA
SD E allora, le hai trovate queste poesie?
CE No, come facevo?
SD Come facciamo noi ‘mo? Lo spettacolo sta per cominciare, e dovevamo trovare le poesie scritte da Carlotta, per recitarle in pubblico… E io che già pensavo di fare un altro colpo editoriale?!? Perché poi le avrei pubblicate nella mia collana di poesia…
CE Mannaggia, Stefano, credimi, ho chiesto, ho cercato, in giro, ma niente, tutto quello che sono riuscita a recuperare è un frammento citato da internet, che fa così…
“Lasciami guardare oltre gli sguardi / Oltre quel sorriso senza doppi fondi.…”
SD Pochissimo. Certo, si intravede un animo nobile, ma ci servivano i versi scritti da lei…
CE Eh, non li abbiamo…
SD Dobbiamo inventarci qualcosa…Pensaci tu, che di poesia ne sai una più del diavolo …
CE Dai!?!
SD Ma sì, qualcosa dobbiamo fare…Io, voglio dire dell’ importanza, del valore, della poesia, della ricerca dell’ equilibrio, e dell’ approdo a nuovi modi e mondi che essa consente…Poi potresti leggerne direttamente tu qualcuna delle tue, a tema…
CE Ma no… dai … proprio non se ne parla ….
SD Ma sì…Ehi, in medias res….Qua stanno per cominciare…
CE Andiamo dai, vediamo che fare
SD Andiamo, abbiamo poco tempo… forza … forza … Un’ ora/ due…Pochissimo tempo…che figura…
CE Ce lo faremo bastare, vedrai…Contribuiremo anche noi, alla memoria di Carlotta, a ridarle la sua dignità…
SCENA 1
Lecce, bar Poker, interno sera invernale, dicembre 1983
Tre ragazzi seduti.
Parlando fanno i gesti di una partita come ad un tavolo da gioco
RA …E dammi notizie di pace!
RB …Sine…Il banco la dà…Dando cista…Dando cistune…Dire, ché il banco tira…
RC …Ammenu menu nu cistune puru a tie!
RIDONO
MAURO – ENTRANDO IN CENA CON UNA RAGAZZA, LAURA –
M …State facendo il riscaldamento pre partita, prima di entrare in campo?
BARISTA LI GUARDA SENZA DIRE NULLA, TRA L’ ANNOIATO, IL DISGUSTATO E L’ ARRABBIATO, MENTRE STA FACENDO LE PULIZIE DEL LOCALE, POI SBATTE UNA BOTTIGLIETTA DI VETRO DI CAMPARI VUOTA NEL BIDONE DELLE IMMONDIZIE
SORRIDONO
RA Riscaldamento
RB Scaldiamo i motori
RC Ni la scardamu tra te nui
SORRIDONO
LAURA Beh Mauro, ti lascio qui…Io riprendo il mio accelerino e me ne vado a casa
B BORBOTTA Ehi, a casa, caso mai…
SBATTE UN’ ALTRA BOTTIGLIA PIU’ FORTE
MAURO Ciao amore, ci vediamo domani. Ti vengo a prendere io, mangiamo qualcosa a pranzo insieme, vero? Sempre insieme, noi…
L Sempre che per l’ ora di pranzo ti svegli…
M Lampu!
L Alle quattro di pomeriggio, ti sei presentato oggi!
RA Eh, aveva da recuperare…
RB E’ stata una notte intensa…
RC …Molto intensa, e densa…Direi…Molto densa…
RA Densa, di che?
RB Densa di fatiche…
RC Molto densa
RIDONO
M RIVOLTO A LORO Non fa ridere…
M RIVOLTO A LEI Lasciali stare, amore…Lo sai, come sono…Devono coglionare sempre tutto e tutti! Anche se non ce n’è nessun motivo…Se non trovano un pretesto, muoiono…Ma loro sono così…Ce a fare? Si divertono così…Sono ragazzi…
IL BARISTA SBATTE VIOLENTEMENTE UN’ ALTRA BOTTIGLIA NEL SACCO
RA Furmini…
RB Troni…
RA Chianu, Ucciu!
RB Eh, ni sta sfracassi le ricchie
B C’è una signora e non posso dirvi che cosa mi avete già sfracassato voi a me…
RIDONO TUTTI
RA E dove sta questa signora?
RB SI PORTA LA MANO PIEGATA SUGLI OCCHI Non ne sto vedendo, signore…
RC Signorina…Bambolina…Signorina santarellina…
M E spicciatila….
RA Bello però il completino di ‘stasera della signorina…L’ avete visto Drive in?
RC Drive che?
RA Alla tv. Su Italia 1 lo danno, il martedì, è cominciato da qualche settimana…
RB Face ridere, osce le comiche…E poi ci stannu certe bonazze, Le ragazze fast food…
RA Prendi e consuma! Laura, ma comu ta cunbenata? Potresti andare a Drive In a fare la ragazza Fast Food
RIDONO
L Non mi hanno presa! C’ era già tua sorella!
RIDONO
RC Ma come? Una bambolina come te? Il mondo è pieno di ingiustizie…
L La vostra presunta ironia scivola sui binari della mia più completa indifferenza
M Ecco, prendete, incartate e portate a casa!
B Ah sì a casa, ndeteniti casa? Quandu bun de sciati? Quandu, sta dicu?
RC La scolarizzazione di massa ha prodotto effetti stupefacenti, l’ università aperta a tutti ha esteso una acculturazione sensazionale…Ha allargato i confini del sapere…
RA DISEGNA IN ARIA A GESTI TETTE E CULO Allargato, sì…Esteso, sì…
RIDONO
L L’unica cosa al mondo che non si potrà mai estendere è la poca intelligenza tua!
RIDONO
RA Dai, inganniamo l’ attesa sentendo un po’ di musica?!’
RB Duma la radiu, dai!
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PARTE MUSICA IN SOTTOFONDO MOLTO LEGGERO
(BRANO DA INDIVIDUARE PRIMI ANNI OTTANTA)
B Ecco, la musica ci mancava….Ogni sira sempre la stessa storia….Devo chiudereee!
RA E aspetta, Uccio, dai…
L Che poi, Uccio, quantulia sacciu ce fannu quisti poi tutta la notte…
B Eh cendsacciu ieu?!? Non conosco!
RA Giochiamo a carte, ce amu fare?
RB Tutto il giorno al bar Poker, ma la notte no…
RC La notte si gioca a bacarà, a Natale si gioca a bacarà, e voilà, il banco non la dà!
RA ‘Stesera dove stiamo?
RB A casa a Ronzino. I suoi non ci sono, sono andati a fare la settimana bianca
RC Che cazzu te friddu…Va bene che de gustubus disputandum non est, però…E’ tantu beddhu lu mare…
RA Eh, a Natale lu mare…T’estate, lu mare…
RC Mhh… Cu stu friddu, puru a quai..Mammamia, cu penzu alla nie, alli sci, alli giacconi…Me ene subito la pelle d’oca…
RA Ucciu, nin de sta sciuamu…Sta spettamu la Carlotta, mo carria nin de sciamu
B Atturnata?
RA Sì, sutta a Natale torna sempre, la sai…Natale e Ferragosto…
B Ma Lecce città d’arte se ne fotte te ci ria e te ci parte!
L (A M) E chi sarebbe mo ‘sta Carlotta? Non mi avevi detto che eravate tutti maschi?!?
M (A L) Eh, tutti maschi siamo…
RA Sine, Laura, statte tranquilla, è vero, tutti maschi siamo…
RC Tutti uomini senza donne, come nei racconti di Hemingway! E tutti uomini senza l’ amore, dicu, lu Mauru a parte, grazie a tie
RB Ma sì, quando torna, la Carlotta, se ne viene sempre con noi, i suoi vecchi amici degli anni Settanta
RC La gioventù bruciatasi con un decennio di ritardo qui, al bar Poker, vero spartiacque generazionale di Lecce città e primo crocevia di culture, provenienze e dimensioni economiche e sociali…
M (A L) Te l’ho detto?!? E’ maschio! E’ sempre stato gay…Lo conosciamo da quando eravamo ragazzi…E’ stato adottato dal gruppo, ecco…Gli vogliamo bene, lui lo sa…Si chiama Carletto, sai come sono questi qua che sono sempre a coglionare tutto e tutti…E’ una specie di inclusione, una condivisione, di accettazione pratica…Ma è maschio! Pure brutto, dico…Solo che è un poco gay, ecco, diciamo così, nu picchi ricchione, tutto qui…
RC Che poi a Lecce città il termine ricchione viene indistintamente indirizzato a tutti quanti, senza implicazioni sessuali, una specie di affettuosa presa in giro…
RA Ni piace cu stae cu nui…Come ai vecchi tempi, anche se sono passati solo pochi anni, sono già vecchi…
RB Le cose cangianu, e per fortuna…
RC Ma non al bar Poker, e per fortuna…Dove ogni giorno ci sediamo al tavoli di questa cinica, interminabile partita a poker che si ostinano a chiamare vita, e a ogni mano guardiamo trepidi le carte, alla ricerca, forse vana, di un senso, ma certo possibile, di dignità e di grandezza per ognuno di noi
RB Mancu scioca, Ucciu…Sì, ogni tantu face na puNtata, si quota, su questo o su quello, ma la verità, che ci sta per stare in compagnia dei suoi vecchi amici…
B Iati a bui, bundesciati, o no?
L E dove sta adesso, chè non vi vedete più, solo a Natale?
RB Se n’è andata a Firenze, da qualche anno…
RC Dalla Firenze del Sud, alla Firenze del Nord…
M Sì, si è trasferita per lavoro…
SI GUARDANO, RIPETONO UNA O DUE VOLTE PER LAVORO, RIDONO, RIDONO FORTE
L Che c’è da ridere, se uno se ne va da Lecce per lavoro, se se ne va a lavorare al Nord?!?
M Ma niente, dai! Lasciali stare, ‘sti scemi! Ma non ti stavano aspettando i tuoi per andare a cena a casa alla nonna? Guarda che è tardi…
(GLI ALTRI CONTINUANO A RIPETERE “per lavoro” E CONTINUANO A RIDERE FORTE)
L Sì, mo me ne vado…
B Paraisu! Almenu una, sen dae…
L Allora, ragazzi? Sto tranquilla?!? Posso stare tranquilla che l’ amore mio non va con le altre, quando mi dice che passa la notte a giocare a carte con voi?
RA Tranquilla! Ci puoi mettere la mano sul fuoco!
RB Puoi dormire fra due guanciali
RC Pure tre, volendo, pure tre…
L Avevo pensato di venire pure io, una sera di queste…Ma non mi sentirei a mio agio. Giocare a carte mi annoia…Ma poi ecco non mi sentirei all’ altezza delle vostre elevatissime conoscenze culturali…
RIDONO TUTTI
M (GUARDA L’ OROLOGIO) Beh allora ciao, Laura…Passo io da casa tua domani a pranzo…
RA Bacio!
RB Bacio!
RC Bacio!
RA RB RC Ba cio Ba cio Ba cio
L Bene, allora vado!
M Vai pure amore, vai, buonanotte!
B SBATTE FRAGOROSAMENTE IL SACCO DELLE IMMONDIZIE CON LE BOTTIGLIE VUOTE PER TERRA
RA Segnale forte!
RB Segnale perentorio!
RC Segnale ultimativo…da ultimo avviso…
M GUARDA NERVOSAMENTE L’ OROLOGIO E GUARDA NERVOSAMENTE LAURA CHE E’ ANCORA DENTRO, MENTRE SI AGGIUSTA GLI ABITI
Beh andiamocene allora, si vede che ‘stasera Carletto non viene…E Uccio deve proprio chiudere, ha ragione…
(A L) Ciao amore, ti accompagno al motorino?
L Ma no, non ce n’è bisogno, qua nanti stae…Un momento che mi sistemo bene il giubbotto…
RA Sih, Ucciu, nattimu, daveru… Il tempo che finisce sta canzune, ca me piace…
ALZA IL VOLUME DELLA RADIO
Jungle RADIORAMA
“Questa è Radiorama. La numero uno! Buonasera da Max Persano! Ora una delle più belle di questi giorni! Una di quelle che ci fa sognare…Ci fa venire in mente il vento del nostro Salento…I nostri meravigliosi paesaggi…Oppure un volto…Un viso a noi caro…Splendida per voi…Eyes without a face…Signori, questo è Billy Idol…”
(IL PEZZO SARA’ POI REALIZZATO TECNICAMENTE DALLO STESSO MAX PERSIANO, PER L’ AUDIO DA METTERE NELLO SPETTACOLO)
CARLOTTA ENTRA IN SCENA, BACIA TUTTI SALUTANDO GLI AMICI
Signori, alla presenza, buonasera!
Mi stavate aspettando, vero?
Beh, mi avreste aspettato a lungo…
Sono passata un attimo solo per dirvi che ho trovato un passaggio per più tardi, mi porta poi un mio amico che nel frattempo mi deve dire una cosa, mi sta aspettando qua fuori in macchina, sì, vi raggiungo io più tardi, sì, ma fra poco, direttamente a casa di Ronzino, lo so che mi stavate aspettando, cari, che cari che siete, beh tanto ci vediamo fra poco, ehi, ma che bella musica, lu Max Persano su Radiorama, no? e mo mi fermo un attimo, vi faccio un balletto, no? Sì tanto lui mi aspetta, ma no che non è importante, dai, l’ho conosciuto da poco, è solo uno che mi piace, come mi piacciono tanti, dai, che ve ne frega? Mo ballo per voi, su questa musica poi…Eh, se non ci fossi io, che vi alza il morale, eh sì e non solo il morale…
BALLA, ALLA FINE LASCIA IL TALLONE DEL PIEDE APPOGGIATO BEN DRITTO SUL BANCONE DEL BAR
POI SI RICOMPONE RIDE SALUTA E SE NE VA
RA SPEGNE LA RADIO
SILENZIO
RA Ecco, è proprio è arrivato il momento di andarcene, adesso è l’ ora…
RB Cu nindesciamu e te pressa puru
RC E io vi seguo a mia volta a ruota libera con gran velocità velocissimo…Comun missilo, comun proiettilo…
RA RB RC SI DEFILANO
LAURA CHE NON DICE NIENTE PARLA CON LE FACCE CHE FA, CON GLI SGUARDI
MAURO CHE FARFUGLIA SPIEGAZIONI TIPO
– GUARDA NON E’ COME PENSI
– POSSO SPIEGARTI TUTTO
CERCA DI GUADAGNARE L’ USCITA INDIETREGGIANDO E TENENDO A DEBITA DISTANZA LAURA CHE AVANZA E PRIMA CHE RIESCA A GUADAGNARE L’ USCITA GLI INFILZA LE UNGHIA IN UN BRACCIO E SPINGE FORTE, LUI GRIDA FORTISSIMO DAL DOLORE E LEI SPINGE LE UNGHIA ANCORA DI PIU’
TENENDOGLIELE CONFICCATE MENTRE ESCONO
B SCUOTE LA TESTA LENTAMENTE, E CHIUDE LA PORTA, E DICE AD ALTA VOCE
– Gulp! E l’ ultimo chiuda la parta!
E POI IN SILENZIO SCUOTENDO LA TESTA PIU’ FORTE
– Qua, se non sono pazzi, non li vogliamo…
SIPARIO
SCENA 2
DAVANTI AL SIPARIO CHIUSO, IN UN COSI’ DETTO ‘CONFESSIONALE’ TIPO QUELLO DEL GRANDE FRATELLO O ALTRO REALITY SHOW, CHE SERVIRA’ ANCHE PER ALTRE SCENE SIMILI CON ALTRI CONFESSANDI
(E’ ANCORA DA SCEGLIERE QUALE BRANO)
che introduce
CARLOTTA IN MONOLOGO
Dove vai quando poi resti sola? Sola, sempre sola.
L’amletico interrogativo mi si ripropone in tutta la sua drammatica attualità.
Ci pensi. Anche se non hai più voglia di farti domande, perché le risposte le sai già.
C’è sempre un’autostrada a dividerti, una lunga linea grigia indefinita che mette di fretta, senza possibilità di rimedio alcuno, novecento chilometri di distanza geografica… Gli autogrill, le barriere del pedaggio, in galleria è obbligatorio accendere i fari, le auto che ti sorpassano, che sorpassi tu più avanti e che ti risorpassano ancora, tratto dopo tratto, le città sono scritte bianche in campo azzurro, dopo le frecce d’uscita, le regioni sul fondo verde, in alto, al confine.
C’è sempre un treno che parte, posti prenotati, è pericoloso spargersi dal finestrino, i ritardi inspiegabili, le parole crociate, i dialetti che si mischiano, stazione dopo stazione, le dà fastidio se fumo?
Ecco, un altro addio, senza speranza, come sono sempre tristi le partenze, come sono sempre disperati gli addii.
Cercherai di sopravvivere. Si sopravvive, si sopravvive sempre. Passerà, te ne farai una ragione. Passa, passa sempre tutto.
Ti ributterai nelle azioni quotidiane, troverai altri stimoli, altri interessi. Passa, passa: passa sempre.
Intanto, credo di poter rispondere a quella domanda.
Quando quel tu generico si personalizza, o prima, o poi, nella dimensione
individuale, allora tocca a te.
Avresti voglia di spaccare tutto quello che ti capita attorno, che ne so, di sfogarti in qualche modo, oppure, all’opposto, non hai nemmeno la forza per pensare a una ragione, che, tanto, del resto, non c’è, e vorresti soltanto sparire e sprofondare. Oppure piangere, soltanto piangere.
Se hai provato la straziante situazione di essere formica solitaria in un formicaio devastato, naufrago sbattuto dagli eventi passati come un uragano, pastore errante in un deserto senza fine, esule aggrappato a una muraglia con in cima cocci aguzzi di bottiglia, reduce sopraffatto dal tormento dell’inquietudine e del vano desiderio, allora, oh, sì, anche tu piangi.
Magari sopra a un maledetto treno che ti stava portando via, lontano lontano…In una notte senza requie, sdraiato su lettere strappate perché di parole oramai senza più senso…Al telefono, quando hai detto con un filo di voce, quasi supplicando, che non volevi, no, non potevi restare sola…
Quando gli hai chiesto, umiliandoti, supplicandolo, che venisse con te, che condividesse almeno in prova, un periodo, qualche giorno pure appena poteva bastare, una vita insieme…
Piangere libera, purifica, eleva.
Alla nostalgia, beh, sì, alla nostalgia ti sarà concesso indulgere, ogni tanto, quando ti prende. Quando, magari in un attimo, del tutto all’improvviso, ti sorprendi a pensare che è triste che certe cose belle debbano finire; che certe cose non tornano più; quando, ancora per esempio, ti accorgi che non solo non verrà con te, ma che forse non lo rivedrai mai più, è stato come tutti gli altri, e tu che avevi fatto una scommessa con te stessa, e non chiedevi altro che di perdere, e vedrai, ti eri detta, anche lui farà come tutti gli altri, ti userà per qualche serata divertente, e poi ti lascerà al tuo destino, che chissà se è vero che il destino ha più fantasia di noi, invece spesso è banale e banalmente troppo ingiusto, e ti lascia, sola, sempre sola, e a te ti sembra un lutto, una perdita secca e irreparabile, quello che c’era e che adesso non c’è più; quando ti ritornano sempre in mente le sue parole, i suoi respiri, gli sguardi, e pure le smorfie del viso…
Tra poco preparerò ancora una volta, all’ultimo momento, come al solito, il mio borsone, ci metterò dentro, alla rinfusa, le mie quattro cose e andrò di nuovo errando verso la meta, l’ amore, che mai io potrò raggiungere.
Ancora una volta, tra poco, mi batterà forte il cuore, ogni volta uguale esattamente a tutte le altre e anzi incredibilmente peggio.
Ingoierò pure il rimpianto per una Lecce cambiata dai tempi che già non c’è più e che mai più potrà ritornare, la città degli anni Settanta, dove tutto grondava di nuove emozioni ed entusiasmo di arrivare ad altre esperienze.
Quella magica atmosfera, anche se in un altro modo, come a Firenze di questi anni Ottanta, dove tutto pulsa e si trasfigurava come dentro a un film, ma senza che ci sia più non dico quella magica atmosfera, ma pure un briciolo d’entusiasmo, la voglia di credere in qualcosa. Così come non c’è più quello che ognuno di noi si porta dentro e non si accorge che ormai altro non è che amarissimo rimpianto.
Lo so, tra poco mi ritornerà in mente mia madre…Solo quando mi diceva che non aveva mai capito quel mio vestire così…Ah sì, e poi quando mi diceva vieni qui, e non farlo mai più, no non farlo mai più…
In viaggio, straziante, lo so, ritorneranno nella mia mente le mie zie che mi davano di nascosto i vestiti di femmina…
Come sempre, come un incubo, poi, lo so, lo so già, rivedrò le Maestre sorelle che mi cacciarono dalla scuola di danza, perché le mamme della Lecce bene si erano lamentate di me, che c’ ero io con le loro bambine, che potevo turbarle, una ferita che non si è mai rimarginata, e brucia, oh come brucia, ancora e sempre, nell’ intimo mio più profondo, da dove mi hanno portato via le cose che amavo di più.
E no, non sarà un viaggio, sarà un’ altra via crucis.
Tra poco mi sveglierò di colpo, infastidita da sogni confusi e convulsi, mi laverò il viso di malavoglia, prenderò il borsone e scenderò piano piano per non far rumore.
Tra poco cercherò invano un po’ di sollievo in un particolare insignificante, in un gesto meccanico, in un pensiero rimosso, in un disperso frammento.
Tra poco, lascerò di nuovo Lecce che amavo, ma che non ha mai amato me, lascerò il bar Poker che mi dava sicurezza, l’ unica cosa che mi dava sicurezza, e invece, come ripete sempre l’ amico mio, mi siederò di nuovo al tavolo di quella cinica, ininterrotta partita a poker che si ostinano a chiamare vita, e guarderò di nuovo le carte in mano, spasmodica, ma senza darlo a vedere, ansiosa, ma di nascosto.
SCENA 3
Il cigno, BALLETTO DI MICHEL FOKINE SU UN PEZZO DI CAMILLE SAINT SAENS
UNA MAESTRA DI DANZA E UNA RAGAZZINA
SULLO SFONDO DELLA SCENA, L’ INSEGNA DELLA SCUOLA
Sei pronta, cara? Dai, ci siamo…Emozionata? Dai…Ti avevo detto che sarebbe stata una bella sorpresa…Tranquilla, ti sei allenata tanto…Andrà tutto bene tranquilla, comunque vada sarà un successo….
‘Stasera farai rivivere un sogno, anzi, lo realizzerai tu…
Il sogno infranto, che aveva una ragazzina come te, quarant’anni fa…
E le ridarai vita, ora che non c’è più.
Questo era il brano che preferiva, e che non potè mai ballare in pubblico, perché quarantanni fa la Lecce bene, le mammine delle altre ragazze non poterono sopportare che fra le loro bellissime figlie ci fosse un brutto anatroccolo…E la fecero cacciare dalla scuola.
Ma i brutto anatroccolo diventerà presto un bellissimo cigno…
Alla ricerca forse vana di un senso, ma certo possibile, per ognuno di noi, di dignità e grandezza.
Attraverso l’ amicizia, i sentimenti, la solitudine che si fa comunità, condivisione, e che annulla qualunque diversità…
ESCE. BRANO MUSICALE E LA BALLERINA DANZA
SCENA 4
AL CONFESSIONALE UN UOMO DI UNA CERTA ETA’ VESTITO …DA POLIZIOTTO, COME QUEI POLIZIOTTI CHE RICONOSCERESTI LONTANO UN MIGLIO, DA COME SON VESTITI, CHE SON POLIZIOTTI. ALLE SPALLE IL RITRATTO DI SANDRO PERTINI, DAVANTI UN TELEFONO, QUELLO VECCHIO TIPO, FISSO, GRIGIO
SUONA – RISPONDE-
Buongiorno, signor Questore! (FA COME PER ALZARSI IN PIEDI)
Comandi
Dica certo dica
Capisco
Eh lo so
Lo so lo so
Addirittura? Davvero mannaggia dai addirittura
Non immaginavo una cosa così
Addirittura?
Tutte le notti, eh?
Sua Eminenza?
E che..ehm scusi signor questore…ma certo, lo tranquillizzo io, vediamo osa possiamo fare, sì sì mi faccia chiamare, me ne occupo io, gli dico qualcosa…
e certo, poi vediamo subito come fare
Il signor Prefetto?
Mannaggia eh va bene dai Ma certo, che ci penso io! Certo certo certo Sarà fatto
Stia tranquillo signor Questore risolviamo in un modo o nell’ altro pure con lui, risolviamo tutto
qualcosa faccio, certo
subito sì subito
agli ordini signor questore
comandi signor questore (FA COME PER ALZARSI IN PIEDI)
CHIUDE
SI ASCIUGA IL SUDORE, CONSULTA ALCUNE CARTE, VA A CERCARE ALCUNI FASCICOLI CHE TENEVA ACCATASTATI
GUARDA LA RUBRICA, FA UN NUMERO
Buongiorno, sono il commissario…Volevo parlare con Sua Eminenza…Aspettava una mia chiamata…Sì, grazie…
Buon giorno Eminenza! Sì sì sì
sì sì sì sì sì
sono d’accordo sono perfettamente d’ accordo
un’ indecenza, sì
capisco capisco perfettamente
conosciamo la situazione
un’indecenza sì
vede, abbiamo un po’ come dire? le mani legate…
Certo sappiamo ogni notte certo
Ma certo
Adesso mi studio la situazione correrò ai ripari
vediamo di stroncare subito quest’indecenza sì
Ossequi Eminenza Le farò sapere Eminenza Ossequi Eminenza (FA COME PER ALZARSI IN PIEDI)
CHIUDE
SI ASCIUGA IL SUDORE, IMPRECA SOTTOVOCE
GUARDA LA RUBRICA, FA UN NUMERO
Buongiorno, sono il commissario…Volevo parlare con il signor Prefetto…Aspettava una mia chiamata…Sì, grazie…
Buon giorno signor Prefetto! Sì sì sì
sì sì sì sì sì
sono d’accordo sono perfettamente d’ accordo
un’ indecenza, sì
capisco capisco perfettamente
conosciamo la situazione
un’indecenza sì
vede, abbiamo un po’ come dire? le mani legate…
Certo sappiamo ogni notte certo
Ma certo
Adesso mi studio la situazione correrò ai ripari
vediamo di stroncare subito quest’indecenza sì
Ossequi signor Prefetto! Le farò sapere signor Prefetto! Ossequi signor Prefetto
(FA COME PER ALZARSI IN PIEDI)
SI ASCIUGA IL SUDORE, IMPRECA SOTTOVOCE
FA UN NUMERO A MEMORIA
Ciao! Eh male malissimo…te che ne sai? Sono nei guai! Ma sì, la storia della trans che dà spettacolo tutte le notti… ‘stamattina uno dopo l’altro si sono lamentati Questore, Cardinale e Prefetto! Addirittura mezzo chilometro di coda alle ‘ascine tutti in fila, sapevo di qualche coda notturna
Una moda, è diventata..’osa si fa ‘stasera? Stasera si va a fare il puttantour alle ‘ascine..Stasera si va a vedere la ‘arlotta che balla per strada!
Siamo arrivati a mezzo chilometri di coda, tutti in fila per ore, e se non c’è aspettano che ritorni…e fanno ingorgo…manco una Dea…pur di vederla, di scambiare qualche parola con lei…ai più fortunati, il privilegio di vederla ballare su i’ cofano della loro macchina…e se un vincano il premio, ritentano la notte dopo … E che ci posso fare, io? La prostituzione un’è reato!
E un’ha protettori, magnaccia, niente, fa tutto da sola… E che faccio, blocco il traffico, faccio i posti di blocco? Tanto si sposta da un altro lato e tutto ricomincia subito…
Ah e poi tanti arrivano da Pisa, da Livorno, che faccio? Chiudo la superstrada? Da Viareggio, da tutta la Versilia, arrivano, che faccio? Chiudo l’Aurelia? E alcuni pure da Bologna, gli universitari sì un sacco di volte partono da Bologna, che faccio? Chiudo l’ autostrada? Eh al Comune son contenti sotto sotto m’immagino dai Il puttan tour alla ‘ascine per vedere la ‘arlotta è diventato la nuova attrazione cittadina… Ma sai chi ci va? Ci van tutti! E sai chi sono i primi? Te lo dico io, chi ci va, chi se la contende a suon di centomila.. E abbiamo visto le targhe, come no?!’ Guarda, un mi fa’ dire…La buona nobiltà..I politici.. Le combriccole, le associazioni…
I calciatori, che poi ‘apisci perché la Fiorentina la domenica gioca da cani…professionisti…e non mi far dire, dai…
E che faccio!?! Che devo fare?!? ? ‘Stanotte mando qualche pattuglia, a fare un po’ di scena co’ le sirene e i lampeggianti…Domani ne mando una in meno…Dopodomani ne mando una sola…E poi fra qualche giorno ritorna la coda di mezzo chilometro…Non ho uomini, non ho mezzi, invece c’ho i’ mostro che ammazza le coppiette eh i’ mostro c’ho…e poi c’ho mafiosi, terroristi, rapinatori, spacciatori…e io dovrei perder tempo con il puttantour delle ‘ascine? Va vadano a pigliarselo tutti dentro a i ‘ulo… Eh e se mi rompono di nuovo i coglioni, ne sbatto qualcuno dentro…Ah sì…ma sai da chi comincio?…Ne sbatto dentro qualcuno dei politici, così vediamo che faccia fa il Prefetto…Ne sbatto dentro qualcuno dei professionisti, stimatissimi, buoni padri di famiglia, così vediamo che faccia fa i’ Questore…Ah e ne ho pure pe’ i’ Cardinale, di sorprese..Oh Madonna sai che sorprese!!! Glielo volevo dire oggi a tutti e tre, menomale che mi so’ trattenuto, ma se mi rompon ancora i coglioni, glielo dico sapete amici cari? Ora risolvo! Ne sbatto dentro qualcuno! Eh ma sapete da chi comincio? E gli fo tutti i nomi… E che diamine, Madonna bonina! Tutti i nomi gli fo…Uno per uno glieli dico, chi ci va, co questa ‘arlotta, tutte le notti, al puttantour alle ‘ascine…
SCENA 5
(QUI UN ALTRO BRANO MUSICALE DA INDIVIDUARE)
IN SCENA SD
La poesia è una delle ultime cose rimaste ancora capace di prendere la mente e far fremere il cuore.
Noi tutti oggi abbiamo poco tempo per pensare, per emozionarci.
Qui ora tutti corrono come schegge impazzite.
Dobbiamo ritrovare il tempo di fermarci, il tempo di poter guardare dentro di noi, e non sulle bacheche degli altri
il tempo di alzare la testa per guardare il cielo.
Vivere significa guardare le stelle delle quali siamo figli
Vivere significa stare in accordo con la natura, dalla quale siamo stati generati, della quale facciamo parte e alla quale ci ricongiungeremo.
ENTRA CE
Il mito dell’ eterno ritorno, sì…
Dobbiamo riuscire a recuperare il nostro equilibrio…
Yin e yang, dentro fuori, respiro dentro, respiro fuori, caldo e freddo, maschio e femmina, notte e giorno, luce e tenebre…Il ritmo naturale delle cose, dentro l’ ordine naturale del mondo, ci darà la quiete interiore, la libertà della mente, la consapevolezza del raggiungimento dell’ unità di tutto l’ universo…
Solo così potremo sorridere imperturbabili dentro e fuori di noi…
SD
La poesia è un momento prezioso di questo percorso virtuoso, le parole creano universi altri
La poesia è un miracolo che si rinnova.
Una rivelazione preziosa.
Una rivoluzione continua.
Ho la fortuna di aver scoperto e pubblicato un’ esordiente di talento.
In medias res…Chiara Evangelista…
Non sono riuscito, finora, a trovare le poesie che Carlotta Paiano scrisse da giovane, rimaste inedite, forse dimenticate e che chissà adesso dove si trovano.
Ho chiesto a Chiara, giovane e e leccese, di scegliere una sua ‘vecchia’ poesia, dalla sua prima raccolta, del suo splendido esordio, quelle che più potessero essere dedicate alla memoria di Carlotta Paiano… Chiara, dai…
CE APRE IL SUO LIBRO IN MANI E RECITA UNA POESIA
(L’evidenziatore giallo)
POI, RIVOLGENDOSI A STEFANO
Ah, ne ho scritta pure una nuova…
SD E sentiamola allora…
CE
AVRAI UNA DONNA CON LE OCCHIAIE
Avrai una donna con le occhiaie,
autobiografie di battaglie
vissute tra le rime delle palpebre
e profondissime tenebre.
Avrai una donna con le occhiaie,
cronologie delle sue giornate
passate a riemergere da macerie.
Avrai una donna con le occhiaie,
abbazie di forza e bellezza,
brezza in vecchie nebbie. ______
SD
Sarebbe piaciuta a Carlotta…
CE
Alla sua memoria la dedichiamo…
SCENA 6
L’ AVVOCATO
(NEL CONFESSIONALE. MONOLOGO LENTO, MOLTO LENTO, QUASI RETICENTE, CON PAUSE E ASSAI SOFFERTO)
Ma non so, non so, perché…E poi, a parte, chi sono io, per giudicare?
Ho provato a difenderla, quando, tornata a Lecce, ebbe non pochi problemi, prima personali, poi legali.
L’ ho difesa, anzi, e non è stato facile…Aveva un caratterino…E doveva sempre dirmi sempre lei, lei a me, come dovevo difenderla…
Mi ricordo il suo piglio, i suoi atteggiamenti ribelli, la sua voce, e quel corpo che cercava di nascondere i segni del tempo, l’ inevitabile decadenza.
Battagliera e polemica fuori, fragile e provata dentro.
E pallida, pallida oramai senza rimedio, dentro e fuori.
Tornò a Lecce, questa città dove quando ci sei, sogni e speri di andartene presto, per inseguire i tuoi sogni che qui non puoi realizzare, e poi quando sei via, altrove, non smetti un solo giorno di rimpiangerla, e di sperare di ritornarci, prima o poi, e poi ancora, quando, prima o poi, ci sei ritornato, non ti ci ritrovi più, ci vivi come se non fossero passati gli anni, i decenni, rimpiangendo una Lecce che non c’è più, e piangi, piangi per quello che è finito e non ricomincia, quando la luce del futuro non cessa un solo istante di ferirti.
Così, si sentiva Carlotta.
In più, era provata dalle vicissitudini economiche.
Era stata sempre generosissima con tutti, e tutti erano stati sempre irriconoscenti, scorretti, sleali con lei.
Più volte, l’ avevano fregata, l’ ultima con un investimento commerciale.
L’ ultima fregatura, fu il colpo di grazia.
Io faccio l’avvocato, non sono un medico, uno psicologo, uno psichiatra.
Ma non bisogna essere medici, psicologi o psichiatri per capire che quell’ ultima fregatura fu l’inizio della fine.
Però, ecco…Non erano i soldi persi che la facevano star male….
L’ ha finita la solitudine.
L’ ha finita questa città perbenista e bigotta, che esalta a vanvera le presunte pubbliche virtù, e nasconde a fatica gli indicibili vizi privati.
Quando ci tornava, pochi giorni, d’ estate, negli anni che furono, bloccava il traffico, anche qui play boy da strapazzo e rispettabili padri di famiglia facevano a gara per cercarla e stare con lei.
Invece adesso, quando ci tornò definitivamente, a Lecce non la cercava più nessuno.
Questo l’ha finita, esattamente questo.
Soprattutto dopo i problemi che ebbe con la giustizia.
Intendiamoci, niente di grave.
Non dovrei dirlo da avvocato, ma lo dico: cazzate.
Non era più lei, in preda all’ alcol, o a chissà che, depressa ed esaurita.
Una volta, due, qualche parola di troppo con chi non avrebbe dovuto, qualche banale litigio, che nei rapporti giudiziari si trasformavano in una sfilza di reati penali. Qualche leggerezza ancora, e finì addirittura in carcere.
L’ andai a trovare, certo, per difenderla, riuscii a farla uscir. Ma insomma: sempre meno battagliera e polemica, sempre più fragile e provata.
Sola, notte e giorno: troppo passato, poco presente, e niente futuro.
SCENA 7
( BRANI MUSICALE DI SOTTOFONDO )
MONOLOGO
Che tristezza. Che desolazione. E’ venuta la morte, e ha avuto gli occhi della solitudine.
“Lasciami guardare oltre gli sguardi / Oltre quel sorriso senza doppi fondi….”, aveva scritto in una delle poesie giovanili, piene di sensibilità tipicamente femminile, da signorina d’ altri tempi.
Di quelle che non si fermavano alle apparenze, ma volevano e sapevano guardare nel profondo. E come lei voleva che gli altri facessero con lei. Invano.
La morte ha guardato lei senza pietà, l’ ha trovata triste e sola.
Lei, che per averla, per un’ ora d’ amore, gli uomini facevano follie, ed era un lusso che non tutti potevano permettersi, è morta in una desolazione disperata e disperante.
Carlotta Paiano era deceduta da giorni, senza che nessuno ne sapesse niente, o si preoccupasse per lei. I vicini di casa hanno chiamato i vigili urbani soltanto perché ormai, con il caldo, c’ era puzza tutto intorno. La macabra scoperta fatta ieri, da un parente, nel suo alloggio al quartiere Stadio.
Aveva 57 anni: Too Old to Rock ‘n’ Roll, Too Young to Die!
Il medico legale intanto ha accertato che il decesso è avvenuto per cause naturali.
E’ finita nello squallore, una vita alle ricerca della Bellezza fisica, e dell’ Armonia interiore. Un’ emozione non da poco.
Da ragazza, nella Lecce trepida e sapida degli anni Settanta, ancora in un corpo maschile, frequentava gli ambienti del Fronte della Gioventù, e i luoghi della città ritrovo dei giovani di destra, come il bar Alvino, o di quelli nipotini dei vitelloni di provincia, del bar Poker.
Senza nascondere la sua natura. Anzi, in maniera simpatica, faceva discretamente la corte ai più aitanti, fra l’ altro promettendo loro, ogni volta, di far conoscere le sue amiche ballerine, femmine, della scuola del Politeama.
Il suo intervento, al volo, a bordo del mitico ‘Ciao’ dell’ epoca, fu provvidenziale il 3 giugno del 1977, la sera in cui gli extraparlamentari di sinistra spararono in piazza Sant’ Oronzo, al comizio di Pino Rauti, per salvare, caricandoselo a bordo, prima che lo raggiungessero, un ragazzo di 16 anni rimasto isolato, inseguito dai facinorosi del Movimento Studentesco e di Lotta Continua armati di pistole, chiavi inglesi e bottiglie molotov.
A parte, il ballo, la danza, le discoteche, il Grunt nei sotterranei di Lecce città, il Mirage a Novoli, diventando ‘grande’.
Poi, dopo gli anni di piombo, arrivarono gli anni dorati. Carlotta andò a Firenze, e, dando liberamente sfogo alla sua natura, diventò uno splendore. La sua vocazione naturale di essere donna trovò un specie di consacrazione.
Divenne una stella, apparteneva ormai al jet-set, invitata in case ricche e importanti., ricercata protagonista sulle spiagge della Versilia.
Una diva.
Quando, d’ estate, scendeva qualche giorno a Lecce, e andava a Otranto, a Gallipoli, a Porto Cesareo, era una celebrità, un’ icona dell’ avvenenza femminile, condita con un po’ di ambiguità e un tocco di perversione. Una miscela esplosiva, che ha fatto impazzire gli uomini.
Una dea.
A lungo, per tutti i dorati anni Ottanta, e i seguiti degli anni Novanta, volati via con il ritmo frenetico delle sue discoteche, con gli strani amori, e le follie, dei suoi giorni, e delle sue notti.
Ma poi, il lento, ma inarrestabile declino fisico.
I primi problemi di relazione, i problemi con la Polizia e i magistrati.
La solitudine. La tristezza. E non c’è niente di più triste che vedersi sfiorire fisicamente e annebbiare mentalmente. E i fantasmi del passato che bucano la mente. Già, proprio come dicevano i versi di una delle sue canzoni degli anni Settanta, dove vai quando poi resti sola? Il ricordo come sai non consola. Anzi, ti consuma senza rimedio, e la solitudine ti uccide, nel caldo d’ agosto afoso, insopportabile fra le mura di un appartamento di uno stabile di periferia, come una periferia di una metropoli globalizzata, problematica, anonima, ipocrita, indifferente, ed emarginata.
SCENA 8
(MONOLOGO, NEL CONFESSIONALE)
(LENTA, MOLTO LENTA, TANTE PAUSE)
Nel villaggio globale, noi ci perdemmo.
Inevitabile.
Ognuna per la sua strada, distinta e distante, senza più sogni in comune.
Perse con gli occhi, ma non col cuore…
Una fitta dentro, acuta, che fa male, ho provato oggi, quando il tam tam è arrivato fino a me, solo oggi, un po’ in ritardo, sì, attraverso i social, fino a questo albergo, fino a questo lido lontano, di un mare così diverso da quello che allora fu anche il mio.
Con Carlotta, ci volevamo bene, e il pensiero, l’ affetto, son rimasti, intatti, in tutti questi anni, da quando ci disperdemmo, ma pure solo geograficamente lontane, e però sena più frequentazione alcuna, per quel ricordo dei nostri anni verdi di sogni e di speranze.
Li ho rivisti oggi, dolorosamente, fra questi hotel vuoti, spiagge deserte e il vento freddo che viene da lontano.
E’ diventato un uragano, oggi, dopo che la fitta dal cuore se n’è andata fino in testa.
Come un deja vu, tutto ho rivissuto, per un attimo lungo quanto anni e anzi decenni.
Adesso ve lo racconto, cosa ho (ri) visto.
E’ strano come a volte ritornino in mente cose che sembravano dimenticate: come dispersi frammenti ritornano, e si compongono in un quadro unitario, un docu-film.
Oggi ho rivisto le mie amiche del cuore, tutte. Eravamo un sodalizio compiuto, un cenacolo, un’ elite spirituale.
Bergerac, si chiamava, la sede, pardon, la location, come si dice ora, nell’ attico sopra l’ abitazione di ognuna di noi, all’ ultimo piano del palazzo del centro moderno di quella Lecce antica.
Bergerac, si chiamava, noi lo chiamavamo così e perché lo chiamavamo così, quel nostro rifugio, beh mo non me lo sto ricordando, eh, non lo so, l’ho dimenticato, ma Bergerac, si chiamava…
Carlotta era sempre con noi, veniva tutti i giorni.
…Quanti dolci pensier, quanto disio…
Sì, quel tempo dei dolci pensier…
Tu, pensavi già allora di andare via da Lecce, quando ti cacciarono dalla scuola di ballo, quel ballo per cui avevi un talento innato quanto smisurato, e noi a consolarti, vedrai, vedrai, ti dicevamo, vedrai…
E quando ti abbiamo rivisto, in seguito, anni dopo… Oh che splendore!
Da donna a donna: bellissima!…E quella voce, ancora, profonda, sensuale…
Ma purtroppo il problema è stato quando non ti abbiamo più rivisto, quando la trasformazione stava facendo il percorso inverso, e tu non l’ hai retto.
Ma che credevi? E’ stato così per tutte noi, per ogni donna arriva quel momento, che bisogna accettare, che bisogna capire, che bisogna riempire di affetti, non più di sogni, ma di solide realtà.
Tu, non le avevi.
E proprio per questo avresti avuto bisogno di tutte noi.
Scusa i mancati giorni; Carlotta, scusaci se ti abbiamo lasciata sola, specie in questi ultimi anni, quando più ne avresti avuto bisogno, della nostra presenza, della nostra compagnia, scusa se non siamo più state insieme a te come allora.
E’ che a mano a mano abbiamo saputo sempre meno di te, poi quasi più niente, e ce lo siamo fatto bastare, colpevolmente, ce lo siamo fatto bastare.
Ma a te quello che avevi, poi quello che hai perso e tutto quello che non hai mai trovato, non poteva bastare.
Cercavi l’ amore, quello che esalta e che consola, quello che strappa i capelli e che sprofonda…
Tutte cazzate.
Tu ci hai insegnato che l’ amore è stare accanto a una persona da far star bene, con cui condividere quel che resta del giorno, questo, esattamente questo.
E deve essere terribile accorgersi di non averla, proprio quando la bellezza svanita, l’ amore perduto, fanno disperare sul fatto che la si possa ancora trovare.
Tu, cercavi solo un po’ di tenerezza che non avevi mai avuto, un po’ di comprensione che non avevi saputo trovare in questo mondo stupido…
Forse chiamiamo amore solamente quello di cui abbiamo bisogno in un determinato momento, quando, in un determinato momento, lo troviamo.
L’ amore che poi dai comunque questo è: è il rimpianto di quello che non hai avuto, e la nostalgia che te ne rimane.
SCENA 9
CARLOTTA CHE APPARE DALL’ OLTRETOMBA COME UNA DEA
Smettila di opprimerci con le tue lacrime…
La nera porta non s’ apre ad alcuna preghiera, una volta che le anime son passate.
E’ sorda ad ogni lamento.
Quante volte vi siete chiesti se oltre di essa esista ancora qualcosa…Se dal paese inesplorato da cui confini nessun viaggiatore ritorna ci giunga ancora qualcosa, o se davvero la morte non sia niente per noi…
O tanatos uden epì emas
Niente
Ma tanto, di qua, dal di fuori c’è la vita! Non importa quale vita.
Ma tanto, di qua, là dal di fuori, c’è la luce. dal di fuori c’è la vita! Per sempre. Se ci sarà luce, sarà bellissimo.
Lo so, fuori è magnifico, fuori è magnifico, pure per i miei sogni sbagliati, ma io mi appartengo, mi appartengo. Ancora. Per sempre.
E non è tempo di giudicare, adesso. Di giudicare ancora come e dove e quando quella vita si dispieghi. Perché, quella vita, là fuori, continua e si sovrappone.
Continua nel ricordo, di chi rimane, là può trovare dignità e grandezza.
Scambievolmente affranta, sì, e misera nella consapevolezza di non trovare più un solo giorno di sole pieno e luce intensa, pur fra di noi, prigionieri di noi stessi, però continua.
Io, non so più cosa detestare, se la Notte o il Tempo, se la Rabbia o la Paura. Io non so perché vago ancora. E chi, chi devo maledire?
E’ tanto ormai che tento di raggiungere la più sincera e più plausibile libertà. Non ci riesco ovvio. Non ci riesco, ad essere concreta.
Libertà, pensiero nostalgico. Se non si definisce, è davvero ovunque? Sta davvero lì, nell’ovunque? Perché cercarla se sta sotto il nostro naso, tra i nostri passi, nascosta sotto i nostri gesti, dentro le pupille, sulla punta della lingua. La vestiamo, la viviamo. Eppure, non riusciamo a toccarla.
La mente, l’anima e il corpo non sono fiammelle di poco conto che si accendono per caso e si spengono per destino, no…
Sono spiriti per sempre giovanissimi, sono radici profonde, per sempre.
Non lamentatevi sui crocifissi, non dispiegate avide mani cacciatrici, non inseguite prede amare, per voi di vergogna, ché se pure le ingoierete, poi male vi faranno e anziché saziarvi, dopo il primo momentaneo appagamento, disonore vi daranno, danno vi arrecheranno.
Ricordate di astenervi dalle passioni, ricordate di portare sempre con voi la lucida consapevolezza di ogni vostra scelta, o rifiuto, arrivate quanto prima e per tutto a capire la vera natura delle cose che vi circondano, di ogni elemento del mondo in cui vivete.
ENTRA IN SCENA ATTRICE
(FA UNA DI QUESTE COSE, SCELGA QUALE O, MEGLIO, NE OPERI UNA SINTESI/COMMISTIONE FRA TUTTI A SUO PIACIMENTO
VESTITA DA PREFICA CHIANGIMUERTI)
SI ALTERNA SULLA SCENA CON CARLOTTA, CHE RIPRENDE E RIPETE
Smettila di opprimerci con le tue lacrime…
La nera porta non s’ apre ad alcuna preghiera, una volta che le anime son passate.
E’ sorda ad ogni lamento.
Quante volte vi siete chiesti se oltre di essa esista ancora qualcosa…Se dal paese inesplorato da cui confini nessun viaggiatore ritorna ci giunga ancora qualcosa, o se davvero la morte non sia niente per noi…
O tanatos uden epì emas
Niente
DI NUOVO UN PEZZO A PIACERE PER L’ATTRICE
CARLOTTA RIPETE
Ma tanto, di qua, là dal di fuori, c’è la luce. dal di fuori c’è la vita! Per sempre. Se ci sarà luce, sarà bellissimo.
Lo so, fuori è magnifico, fuori è magnifico, pure per i miei sogni sbagliati, ma io mi appartengo, mi appartengo. Ancora. Per sempre.
E non è tempo di giudicare, adesso. Di giudicare ancora come e dove e quando quella vita si dispieghi. Perché, quella vita, lì fuori, continua e si sovrappone.
Fuori è bellissimo, fuori è bellissimo.
DI NUOVO UN PEZZO A PIACERE DECLAMATO DALL’ATTRICE
RIPRENDE E CONCLUDE CARLOTTA
…Ma non capite che siamo solo figli di stelle che ci osservano sorridendo, a cui non possiamo arrivare se non più più morendo?
Da lì veniamo, da laddove tutti un giorno ritorneremo.
Io so di non essere mai stata assente, so di non essere mai stata infedele nella forma in cui mi è stato detto di essere.
No, anche quando sono assente non lo sono mai. Semplicemente mi fermo. Che piaccia o no, io so amare, anche quando non lo dico.
Ma a tutti voi, per l’ ultima volta, estremo omaggio al mondo, io, ho voluto gridarlo.
SIPARIO
(FINE)
Category: Cultura