“…Nella ricorrenza del 29 settembre…”
(g.p.) ______ Sono passati cinquantasette anni, una vita, praticamente. Quel fatidico 1967 fremeva di trepide attese, si scaldava di novità che si avvertivano nitide, per quanto nessuno capisse bene quali sarebbero state, ma tanto bastava, per guardare al futuro con inedito slancio vitale.
Iniziava poi per la musica italiana una stagione irripetibile, di creatività assoluta, che cominciava dai ragazzini, e finiva ai, loro malgrado, già ‘matusa’, finendo con il coinvolgere indistintamente tutti quanti.
Nella fattispecie, avanti ai Beatles, c’ era già il pop psichedelico, e prestissimo, avanti ai Pink Floyd, ci sarebbe stato il rock sinfonico, tutto rigorosamente made in Italy.
‘Bandiera gialla’ era l’ inno generazionale, così si chiamava pure la storica trasmissione radiofonica di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni che per prima mandò in onda quel brano sorprendete, di devastante impatto immediato.
Colpivano la nitidezza del suono; le variazioni sul tema della chitarra acustica di Maurizio Vandelli, che, come Mogol, come Renzo Arbore, è vivo e lotta insieme a noi; l’ atmosfera di dolce speranza e di piacevole realtà evocate dal testo, la storia di un breve incontro, ma decisivo, perché poi sono gli incontri, quei pochissimi che si riveleranno decisivi, a fare la storia delle nostre altrimenti povere esistenze; le incursioni dello speaker radiofonico, a negare il confine fra pubblico e privato, di lì a poco si sarebbe detto fra personale e politico, facendolo diventare magicamente un tutt’uno, come solamente la magia della musica sa fare.
Qualcuno dei bambini di allora conosceva gli esecutori, l’ Equipe 84, ma nessuno Battisti e Mogol sapeva chi fossero.
Qualche altro, poteva disporre di un mitico mangiadischi, con cui ascoltare i ‘pezzi’ rubati a parenti e amici più grandi.
Io, fu il primo disco che mi comprai, e il primo disco è come il primo amore: non si dimentica.
Il ‘Caffè’ per sognare era il bar sotto i portici di Santa Rosa; le sedie, le panchine dei giardinetti alle spalle della chiesa.
Cinquantasette anni, sono passati.
Io, riguardo il mondo che girava intorno a me, ma adesso non vedo più nessuna che mi sorrida.
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