NOVITA’ DISCOGRAFICHE / “Ed è subito autunno” DEGLI AIRPORTMAN SFINISCE DI UN LEGGERO PIACERE

| 8 Settembre 2024 | 0 Comments

di Roberto Molle ______

Gli Airportman hanno pubblicato “Ed è subito autunno” loro ventesimo album, riuscendo a restare se stessi senza cedere a nessuna tentazione mainstream. Restano indie in un’accezione classica e questo me li fa apprezzare e rispettare al di là del fatto che facciano della buona musica.

Ho raccontato del mio incontro con Giovanni Risso e Marco Lamberti (nella formazione attuale degli Airpotman) in un articolo del 20 dicembre del 2021 qui su leccecronaca.it in occasione dell’uscita di “Across the flatlands”, loro splendido disco uscito tre anni fa.

La musica degli Airportman si muove per immagini. Ogni loro album sblocca nuovi scenari come dentro un videogame, e offre partiture sonore da riempire a ognuno, con le proprie parole, con i propri protagonisti: angeli, demoni, ectoplasmi. Non ci sono versi parlati, mai; ma la poesia riempie ogni spazio che la musica disegna.

L’universo degli Airportman è un effluvio di musica evocativo-dimensionale che si presta di volta in volta a soundtrack di film mentali: ambient-music, emotional-music, possono sembrare termini eccentrici, ma si provi ad ascoltare un disco degli Airportman e tutto sarà più chiaro.

“Ed è subito autunno” è un album che dà mille spunti. Registrato in presa diretta senza filtri, giocato su sentimenti contrastanti tra gioia e nostalgia. Due musicisti, Giovanni e Marco, che si conoscono come le loro tasche.

Uno di supporto all’altro, non sapremo mai chi sia a dare il la, chi si presta a crinale dell’ispirazione dell’altro, ma in definitiva forse questo conta poco, di più conta il fatto che loro due costituiscano un’entità capace di creare situazioni e texture di suoni che si prestano a plastiche colonne sonore delle nostre emozioni.

Il mio ascolto virtualmente proiettato in una delle lande boscose del cuneese (loro territorio di appartenenza) dove il caldo asfissiante di un Salento infuocato è tenuto a bada anche da un delicato e profondo testo poetico che accompagna il disco.

All’improvviso: È l’incipit di un album che si presenta come rito propiziatore a danze notturne per la venuta della pioggia. Lo sfondo è quello pre-autunnale di un bosco scrutato da occhi grandi di cerbiatti alla ricerca di quiete. Appena due minuti di decontaminazione da ogni caldo infernale e preludio a suoni pacificatori.

Ed è subito autunno part.1 e part.2: Le chitarre, impietose cominciano a tessere trame come scie luminose che conducono attraverso i labirinti che la natura ha creato per depistare le sue bellezze. È come un vortice, una trance leggera che trasporta sospesi a volo d’uccello, a tratti inquietante prima di un’impennata veloce, e mozzafiato nella planata finale prima dell’atterraggio.

Il molo silenzioso: Respiro, fumo che sale dall’umida terra coperta di selci. Da qualche parte John Cage nascosto a carpire suoni inesistenti, acque silenti solcate nella nebbia da Caronte attirato da rantoli soffocati, poi l’aquila che si leva beffarda e gocce di salvifica acqua cadono.

Ed il freddo: Disarmonie, contrappunti cadenzati che annunciano passi. Orizzonti arpeggiati che colorano crepuscoli sul crescendo di un blues liberato e liberante. Le sinapsi si allentano, i polmoni si gonfiano d’aria, un vento fresco si alza a spazzare ogni idiosincrasia.

Dispiegare le ali: Anche una ballata può cambiare il corso del tempo. Quanta energia può liberarsi da due chitarre incrociate, accordate dallo sguardo complice di musici che conoscono il ritmo, capaci di far danzare all’unisono afflato e ispirazione?

Ed il vuoto: È notte, orme si imprimono e scricchiolii si amplificano. Faine dagli occhi di fuoco restano ipnotizzate da squilli vibrati a intermittenza. Una coltre si stende, fitta e claustrofobica. John Cage si muove con circospezione e una gerla di rumori imprigionati dentro un nastro magnetico.

Veleggiare: Se il rock si potesse insinuare in queste melodie forse la pioggia arriverebbe prima, ma quale magia resterebbe nel palmo delle mani? Quasi un’elegia questo brano, un richiamo mistico a un looser che non lascerà mai i nostri cuori (Jason Molina e i suoi eterni interludi: divagazioni dello scrivente).

Non solo mi manchi: Tutto si muove, accelera. Folk e blues si confondono dentro un’atmosfera umida, qualcuno parte verso terre misteriose. Un senso di libertà che stordisce ed emancipa, un padre che resta una figlia che si fa esploratrice del mondo. Vuoti che non si riempiranno mai definitivamente, ma solo per cicli, per stagioni. La pioggia comincia a scendere, copiosa.

Grande albero: Il punto in cui si tirano le somme. L’afa ha ceduto il passo, il bosco respira, l’autunno può determinarsi. Gli arpeggi s’illuminano al fuoco di un falò, con la luna alta e le stelle a confondersi alle punte degli alberi. Bellezza e pace si compendiano.

Sfinisce di un leggero piacere “Ed è subito autunno” degli Airportman, sposandosi alla brezza leggera di una tramontana che insiste in un settembre con un piede nell’estate e l’altro, dentro un incipiente desiderio d’autunno che purificherà l’aria. Tra non molto sarà tempo d’ascolti ancor più rarefatti: Nick Drake in attesa vicino al palo del telefono… e i suoi tre album, immensi, rivelatori, identitari.

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LA RICERCA nel nostro articolo del 20 dicembre 2021

Category: Cultura

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