IL PRANZO DELLA DOMENICA / CON PINO DE LUCA, E LA RIVINCITA DI FEUERBACH

| 21 Luglio 2024 | 0 Comments

di Raffaele Polo  ______  Stavolta, andavamo sul sicuro.

Perchè il pranzo era allestito da Pino De Luca che, oltre ad essere un goloso raffinato, è anche enogastronomo di spessore, autore di tanti scritti sull’argomento (ultimo, il suo prezioso ‘Cognac, Armagnac e dintorni’ ) e perfetto commensale.

Siamo a  San Donaci, in via Bellini e Pino ci sorprende da subito, bando ai convenevoli, e ci rivela:  

“Ho preparato pasta e fagioli, diaframma di asina arrosto e pezzetti di cavallo ma con tante cose attorno…”, ci sediamo subito e gli chiediamo, a freddo:

“Pino, ma come mai solo adesso, ogni volta che si accende il televisore, sbucano frotte di veri o presunti intenditori di cibo che ti ammanniscono ricette di tutti i tipi?”

Pino si terge la bocca e non si fa pregare:

“Come è noto (o dovrebbe esserlo in un paese a dominante vocazione cattolica) la superbia, l’avarizia, l’ira, l’invidia, la lussuria, la gola e l’accidia sono i Sette Vizi Capitali. Secondo la summa teologica conducono direttamente a qualche girone dell’eterna sofferenza.

Fatta salva l’accidia, della quale pochi conoscono il significato, ma in molti la praticano e, pertanto, l’inerzia impedisce loro di cercarne anche il significato; del resto dei vizi capitali troverete poche persone pronte a sostenerne la dote.

Per quanto la superbia popoli soprattutto i ceti alti nessuno si pronuncerà mai “Superbo”. Eppure in tempo di pagani, Roma ebbe un Re, il settimo, Tarquinio che così ebbe ad autodefinirsi.

Gli avari diranno semplicemente che sono prudenti, gli iracondi che “è colpa sua che ha messo il piede sotto il mio”, e dell’invidia meglio tacersi. Che, nel silenzio, rode il cuore anche al più accidioso tra gli accidiosi. Ne restano due: lussuria e gola.

Nei periodi di crisi di identità restano gli unici peccati dei quali si può parlare. Chi ha qualche anno alle spalle non avrà dimenticato gli anni dei cinema Hardcore, delle edicole piene di riviste porno o simil-porno. Dei titoli parodistici dei film di Alex Braun & C. è piena Hollywood (Da Batman XXX a Metrombolis).

Poi il porno, per ragioni che non sarò qui ad elencare, perde la sua forza propulsiva e allora non resta che l’unico peccato di cui si possa discettare per riempire pagine, databases, clouds, e introdurre temi di colloquio e di discussione che soddisfano grafomani e lettori compulsivi in ogni parte del pianeta.

Ed è così. Ne ho vissuto l’evoluzione ciclonica. Da uno spazio di 800 battute il venerdì, su un giornale locale, siamo passati ad inserti di quattro pagine e, con l’avvento dei social, la buriana si è infilata in ogni anfratto.

Oggi non c’è ristorante, pizzeria, massaia, appassionato o coglione che si taccia quando si parla di enogastronomia e dintorni.

Tutti hanno la bocca. Per parlare e per mangiare. E dunque tutti pensano di poterlo fare. Dimenticando che mangiare e parlare hanno bisogno della collaborazione di moltissimi altri organi per svolgere la loro funzione. Perfino del cervello.

Canali interi della TV si occupano di cucina. Monaci, Nobili, Coppie e scoppiati sono lì ad ammannirci con manicaretti d’ogni specie, ad accapigliarsi sulla originalità e sulla primazìa, spesso reiterando leggende, anche quelle senza alcun senso storico e scientifico. La rivincita di Feuerbach è totale. Non siamo solo quello che mangiamo, manche quello che aneliamo mangiare o rifiutiamo di mangiare.

E anche Gesù fu clemente sull’argomento”.

“Non ti sembra di essere molto severo, nella tua analisi?” gli chiediamo, ingozzandoci con gli ottimi ‘pezzetti di cavallo”.

“Certo la gola è un piacere, al di là del dubbio teologico di Monna Berciniglia. E dunque di quel piacer godiamo, che la buona compagnia non si nutre più di disquisizioni calcistiche, politiche, estetiche o matematiche. L’impero della Superbia, dell’Invidia e dell’Ira impedisce quelle sere che il Maestro Battiato ci ricorda:

E quando si trattava di parlare

Aspettavamo sempre con piacere”

Adesso non ci piace aspettare, non ci piace ascoltare. Ci piace solo parlare, i sensi primordiali dell’Es conditi dalle narrazioni del Superego per servire un piatto che soddisfi l’Ego.

E ci perdiamo quel condensato di storia, di natura e di umana sapienza che risiedono in una fetta di pane e olio, in un piatto di fave e cicorie, in una pitta di patate.

Un piatto si gusta in silenzio, come quando si legge un libro. Solo che, oltre agli occhi, il polisenso investe il naso, il tatto, financo l’udito a volte e, infine, il gusto.

E le foto, per quanto belle, restano la parte voyeristica e, sostanzialmente, onanistica. Un po’ come era guardare i fumetti di Guido Crepax.

E non chiedetemi che c’entra Gesù, soprattutto chi si dice Cristiano.

«Non quello che entra nella bocca rende impuro l’uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l’uomo!» [MT 15, 11].

E, dunque, ci si ingozzi pure, almeno per un po’ si evita di dire idiozie”.

Un fior di intellettuale, non c’è che dire, bravissimo in cucina e fine intenditore di ogni ben di Dio…

Ma quello che ci ha detto merita sicuramente una profonda riflessione.

______ 

( 9 ‐ continua )

Category: Costume e società, Cultura

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