“Le sottane di Dio“, DI FRANCESCO BUJA
di Raffaele Polo ______ Si presenta lunedì 8 luglio, alle 19.30, a Lecce, nella Sala del Teatrino dell’ex Convitto Palmieri, in piazzetta Carducci, il libro di Francesco Buja (nella foto) “Le sottane di Dio“, edito da Il Raggio Verde (180 pagine, 15 euro).
Riconosciamo un ‘dannunziano’ subito, a occhi chiusi. E ritroviamo la sua prosa affettata, la sua ricerca di termini obsoleti, la costruzione che avviene attorno a quell’uomo protagonista che è sempre circondato da donne di ogni genere che però suscitano solo l’ amara ricerca di sé stesso, sempre con lo sguardo accigliato e l’eterna sigaretta tra le labbra…
Va bene, niente sigaretta. Ma allora c’è il liquore o la complicata sequela di piatti particolari e ricercati, che mettono ancor più in risalto l’insoddisfatta magrezza dello scontento e artificioso personaggio. Che, se non è nobile, ha comunque a che fare con l’Arte e la letteratura, riuscendo a sbarcare il lunario pur non avendo un lavoro ben definito e sempre pronto a disprezzare il denaro.
Riconosciamo un ‘dannunziano’ da quel suo sciorinare vicende che lo vedono agire in prima persona, sempre col volto meditabondo e accigliato, pronto a discettare, in ogni occasione, su amore e filosofia, riuscendo ad impressionare l’uditorio esclusivamente femminile che lo porta in palmo di mano.
Così, in questo romanzo di Buja, ritroviamo il procedere senza tempo che è stato dei protagonisti degli scritti di Guido Da Verona, Zuccoli, D’Ambra e dei tanti fedeli ammiratori dell’opera del Vate, vicini soprattutto al suo modo di pensare e interagire che, non sembri un’assurdità, proprio in tempi come la nostra contemporaneità, tornano protagonisti a tutto tondo.
Se, perciò, si supera la prima sorpresa e si entra in condivisione col mondo prospettato da Buja, superando anche la non sempre facile scelta del colto e sovente ricercato fraseggiare, si ha la sorpresa di incrociare personaggi e vicende senza tempo, che sembrano venire dritti dritti dal decadentismo ma sono, invece, perfettamente assemblati nella realtà corrente.
Come in uno scenario onirico, l’autore fa muovere i suoi personaggi tra un fusciare di merletti e la moda classica dei giorni nostri, percorrendo con auto fuoriserie itinerari che ci aspetteremmo percorsi da carrozze con le tendine abbassate. E anche il mondo del giornalismo è ancora della carta stampata e i telefonini non ci sono, e neppure i computer… Ma i rapporti con le donne, giovani e meno giovani, sono i necessari stereotipi che avvicendano Marchese e cameriere nell’eterna passione che, anche per il Vate, erano gli amori ancillari.
Buja si diverte a ricreare un mondo, così come, evidentemente, gli piacerebbe di frequentare. E si nota lo sforzo di far progredire la storia di Franco, insoddisfatto dongiovanni protagonista di questo ‘Le sottane di Dio’ con ritmi e accenti sempre ben calibrati attorno all’idea di quel ‘superominismo’ che fu protagonista della letteratura e dello spettacolo (Cinema e teatro) più popolari negli anni Trenta.