“Noi non siamo terra di conquista sì al bosco no alla pista” IL MANTRA DEL CORTEO CHE HA PORTATO LA PROTESTA CONTRO L’AMPLIAMENTO DELLA PISTA PORSCHE DI NARDO’ NEL CENTRO DI LECCE CITTA’ CON UNA MANIFESTAZIONE COREOGRAFICA
COLORATA, FESTOSA, GIOIOSAMENTE RUMOROSA
di Giuseppe Puppo ______
Beh, c’è da imparare. E sì che di cortei ne ho frequentato in tanti anni, ma bello come questo non ne avevo visto mai. Dico ciò, al di là delle ragioni, che si possono condividere o meno, al di là delle motivazioni, di volta in volta più o meno condivisibili.
‘Stasera la passione pur motivata, sentita, partecipata, forte, insomma, la protesta, non è sconfinata mai nell’intemperanza, nella sopraffazione, men che meno nella violenza, né fisica, né verbale. A contrario, si respirava un’aria dolce come il venticello marino che arrivava sotto i raggi del sole. La sfilata, uno spettacolo, di parole, musica, danze, profumi, suoni e rumori.
Non una sola parola d‘odio. Solo amore.
Servizio puntuale della Polizia Locale, che ha ridotto al minimo i disagi alla circolazione stradale. Discreta ed efficiente presenza della Polizia di Stato lungo il percorso concordato con gli organizzatori, del Comitato per la salvaguardia del bosco dell’Arneo.
La testa parte poco dopo oltre il raduno, alle 16.30 a Porta Rudiae. Si muovono, in tutto, in circa trecento persone.
Leccecronaca.it li ha seguiti dall’inizio alla fine.
Dei candidati a sindaco c’è solo Alberto Siculella:”Sono qui perché tutta la terra, tutta la Natura appartiene a tutti noi, in primis ai Leccesi e ai Salentini, specie nel momento così delicato che stiamo vivendo”.
Dei candidati consiglieri, ci sono solo alcuni delle due liste Aria e Mind a lui collegate, come Monica Starace: “Sono qui per protestare contro la Porsche, il suo è l’ennesimo progetto che mette al centro di tutto il profitto individuale a discapito del ragioni della natura di tutti noi”.
Di politici, c’è solo l’assessore comunale Silvia Miglietta: ”Sono qui a titolo personale, perché condivido le ragioni della protesta e ho voluto manifestarlo”.
E c’è poi Gianluca Maggiore, del Movimento No Tap: “Sono qui perché il progetto che contestiamo è l’ennesima dimostrazione che questa terra è sotto attacco da parte di una strategia capitalista ed estrattivista”.
Si sfila lungo il Corso.
Aprono gli striscioni dispiegati. Seguono i tamburi che scandiscono il ritmo ai passi e alle parole. Gli slogan. Un primo corpo di ballo di otto ragazzi e ragazze che si muovono in maniera composta, armoniosa e contagiosa. I cartelli. Altre quattro ballerine. Poi un carretto, che ha sopra piante e fiori, a rappresentazione simbolica del bosco, animato da alcuni bambini, a bordo, dentro, a testimonianza di tutto un patrimonio che abbiamo il dovere di conservare e consegnare, quello che ancora rimane, alle giovani generazioni.
Via via gli altri, alcuni dei quali indossano variopinti costumi, maschere e ornamenti.
In piazza Sant’Oronzo, una sosta, qualche intervento. fra gli astanti disposti a cerchio nell’ovale.
Fra gli altri “Volevamo portare in città le ragioni del bosco” – dice Rosa Vaglio, del Comitato Custodi, e aggiunge: “Nel progetto che vuole distruggere duecento ettari di Natura non c’è niente di pubblicamente utile”, e Marcello Seclì, di Italia Nostra, che sia pur in sintesi estrema ripercorre le tappe politiche e burocratiche della questione.
Si riparte, destinazione la sede leccese della Nardò Technical Center, della Porsche insomma, che, imponente, grigia e austera, sta dopo il Tribunale, su viale De Pietro, chiusa e sbarrata all’arrivo del corteo.
Assalti? Lanci di bottiglie Molotov? Minacce? Lacrimogeni?
Macché.
Una rappresentazione teatrale, silente per giunta, ma dalla fortissima connotazione simbolica: transenne di un cantiere di lavori in corso, posti davanti l’ entrata principale della sede Porsche, e rami, rami spezzati, foglie recise, accatastati oltre.
Poi, al ritmo trascinante dei tamburi, il corpo di ballo fa partire la potenza e il rituale di una lunga, sofferta, ma vivida di energia creatrice, dispensatrice di carica vitalistica, danza maestosa, che va avanti per molti minuti, tanti che mi sono perso pure a contarli, ogni volta a ripresa sempre più incalzante.
Si chiama Marga, ho appreso, una danza sudamericana che ci vorrebbe Ernesto De Martino a spiegarne il parossismo e la magia.
Una cosa stupefacente. Questo, esattamente questo.
Si chiude con la lettura di messaggi di adesione e solidarietà provenienti proprio da quella Germania della Porsche, mentre su Lecce città globalizzata suo malgrado scendono soavi le prime ombre della sera. ______
LA RICERCA nel nostro articolo del 3 aprile scorso