CASA NOSTRA
di Giuseppe Puppo______
C’era un a volta un Partito.
Quale?
Dai, non fate anche voi come la maestra del figlio di uno dei suoi principali esponenti.
Quel bambino, un giorno, di tanti anni fa, svolse un tema in classe, la cui traccia chiedeva di raccontare la domenica passata in famiglia, ed egli diligentemente annotò che era andato col papà al partito, poi allo stadio, e poi ancora al partito.
“Quale partito?”, gli chiese a questo punto, ignara, la maestra, mentre leggeva il compito.
“Il partito!” – rispose di botto, quasi irritato, quel bambino, e non aggiunse altro.
Già, i papà insegnavano che non ce n’ erano altri, c’ era solo “il Partito”. E le nonne, rimaste vedove, quando morivano, come da opportuno testamento diligentemente preparato per tempo, lasciavano “al Partito” in eredità soldi, gioielli, e case. Come gli ori alla Patria, così le case al Partito.
Adesso, da tempo, quel partito non c’è più.
Le case, ci sono sempre.
“Congelate” in una Fondazione, su cui disputano, poi soprattutto sui soldi, tanti, tantissimi, provenienti dalle donazioni, le varie anime della diaspora in cui l’ eredità politica si è nel frattempo dispersa, e annullata.
Una però, a Montecarlo, non è rimasta a congelata. E’ stata venduta, e ben arredata con la Scavolini, la più amata dagli Italiani, d’ ordinanza.
A chi?
Al cognato, il fratello della moglie, la seconda moglie, dell’ultimo segretario del partito in cui il Partito si era trasformato, prima di aderire al Pdl, e dare poi vita a Fratelli d’ Italia.
Quella casa, venduta d’occasione, era stata lasciata all’ Idea, che non era certo l’ idea di rappresentanza degli agi mondano-turistici piccoli borghesi nel Principato, per la famiglia del liquidatore delle comiche finali.
Lo so, è vecchia, questa triste storia.
Perché allora…Perché riprenderla?
Perchè oggi è ritornata attuale, con una novità. Ancora più triste della vicenda stessa. Dopo sette anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, oggi Gianfranco Fini è stato condannato a 2 anni e 8 mesi, la sua compagna Elisabetta Tulliani e il padre Sergio Tulliani a 5 anni e il fratello di Elisabetta, Giancarlo Tulliani, a 6 anni. Questa la sentenza di primo grado dei giudici del Tribunale di Roma al processo per riciclaggio nell’acquisto della casa di Montecarlo.
Lasciando perdere gli aspetti penali, interessano però assai di più, sono molto più importanti, gli aspetti politici e morali dell’intera vicenda, l’eredità politica dilapidata, il patrimonio morale dissolto, per cui la nonnina vedova buonanima pace non potrà mai pigliare.