L’INTERVENTO / DUE O TRE COSE CHE VOLEVO DIRE A NETANYAHU
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Pierluigi Quarta, laureando in Scienze del Servizio Sociale all’ UniSalento, ci scrive _____
In seguito allo scoppio del Conflitto Hamas-Israele, l’opinione pubblica internazionale si è indignata di fronte alle scene di violenza che tra il 7 e il 9 ottobre 2023 hanno visto i terroristi di Hamas e della Jihad islamica, tra le altre cose, decapitare dei bambini ebrei; ma, si è indignata maggiormente vedendo la reazione militare dello Stato d’Israele, la quale, proseguendo fino ad oggi, ha causato la morte di più di 28.000 persone, di cui il 70% sono donne e bambini e soltanto una percentuale irrisoria sono terroristi.
All’inizio delle violenze, il dibattito su tutti i media è stato dicotomico e dai toni accesi, tra chi ha sostenuto che Israele si sia difeso legittimamente da un attentato senza precedenti –1.194 morti– e chi ha sostenuto che la risposta israeliana non sia stata affatto proporzionale alla rappresaglia subita.
L’osservazione scientifico-sociale della realtà, consente di dire, che Netanyahu non solo conduce una guerra contro i fondamentalisti islamici, ma anche, e soprattutto, un genocidio ai danni dei civili palestinesi di Gaza. Per genocidio, la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di Genocidio, approvata dall’Onu nel 1948, intende l’annientamento ad opera di uno stato sia di un intero gruppo etnico ma anche di una sola porzione di esso mediante l’eliminazione fisica e sistematica degli individui che vi appartengono.
La guerra, intesa militarmente, non consiste nel bombardare costantemente ed in modo indiscriminato le case, gli ospedali, i convogli umanitari; nel tagliare la luce e l’acqua ovunque, nel negare i rifornimenti alimentari, nel mitragliare i campi profughi e via dicendo come sta facendo lo Stato d’Israele; bensì in uno scontro armato sul campo tra due fazioni nemiche: se i soldati di una o entrambe le parti minacciano deliberatamente la vita dei civili le loro azioni sono classificate come crimini di guerra perché infrangono le leggi belliche.
Il primo ministro e comandante in capo israeliano Benjamin Netanyahu, in carica dal 2009, ha affermato che le Forze di difesa non riescono a limitare il numero delle vittime civili, perché gli accessi alla gran parte dei tunnel sotterranei, in cui Hamas si nasconde e opera, si trovano all’interno di edifici civili. I civili non vengono fatti evacuare per cogliere di sorpresa i miliziani mentre ci fanno ingresso.
Se lo scopo lecito è quello di debellare una spietata organizzazione terroristica, la quantità dei morti civili passa necessariamente in secondo piano.
La verità, invece, è che Netanyahu non fa sgomberare chi è innocente perché l’intento del suo governo razzista ed estremista è di terrorizzare l’intera popolazione palestinese. Bombardando Gaza, Israele intimidisce indirettamente i cisgiordani di essere le seconde vittime se continuano a protestare contro l’occupazione militare. L’inumano obiettivo alla base che Israele sta perseguendo attraverso questo massacro è di indebolire la resistenza dei palestinesi perché soggiacciano passivamente alla volontà dei loro occupanti.
Il quotidiano statunitense Washington Post, ha asserito, che l’esercito israeliano si sta impegnando in tutti i modi possibili per liquidare i miliziani di Hamas e filo-Hamas; esalta, infatti, la strategia dei soldati ebrei, di allagare la rete ipogea di tunnel.
Da ciò, si evince, che Netanyahu non può essere considerato un criminale di guerra, in quanto agisce così radicalmente, non per colpire i civili, anzi, per concretizzare la possibilità che Israele non sia più oggetto di attacchi terroristici in futuro.
Per dimostrare l’infondatezza della tesi del quotidiano statunitense, che è mera propaganda israeliana, è importante sapere che è quasi impossibile allagare un reticolo di gallerie, e Netanyahu lo sa, che è stato continuamente ingrandito fino a raggiungere oggi la lunghezza di circa cinquecento chilometri, e profondità massime che vanno dai meno trenta ai meno ottanta metri. Ad ogni modo, anche se Netanyahu ci riuscisse, non riuscirebbe ad affogare nemmeno un miliziano, che arriverebbe sano e salvo in Egitto attraverso gli stessi collegamenti sotterranei prima del compimento dell’opera; ma, in ogni caso, non sradicherebbe il terrorismo, e Netanyahu sa anche questo, giacché, se la sua causa è insita nell’odio brutale di un popolo (in questo caso di una considerevole fetta della società ebraica nei confronti dei palestinesi) verso un altro che è stato una schiacciato e non riesce più risollevarsi, esso si presenta come un fenomeno che si autoalimenta per mezzo di persone comuni, che entrano volontariamente, piene di rabbia, in gruppi paramilitari che organizzano attentati attraverso i quali manifestano tutto il loro malcontento. Agiscono con la violenza perché sono stati privati dal nemico di tutti i mezzi necessari mediante cui contrapporsi.
Nei fatti, i cisgiordani, subiscono da quasi sessant’anni abusi di ogni tipo da parte dei coloni israeliani, che li sfrattano dalle loro case e terre mentre i soldati sparano impuniti su chi si ribella ‒200 omicidi di palestinesi ingiustificati da gennaio ad agosto 2023‒. La popolazione della Striscia di Gaza, ha vissuto nella stessa tragica situazione fino alla fine dell’occupazione israeliana nel 2005. Eppure, dal 2007, a causa della formazione del governo Hamas de facto indipendente dall’Autorità Nazionale Palestinese, Israele vi attua un blocco totale ‒terrestre, aereo e marittimo‒ che ha peggiorato di nuovo e ulteriormente il quadro per i civili. Da allora il tasso di povertà è aumentato vertiginosamente a causa del divieto di import ed export, che ha costretto l’economia di Gaza a non potersi sorreggere senza donazioni umanitarie; inoltre, fino alla recente apertura del valico di Rafah gli abitanti non hanno potuto sperare di migliorare la loro vita altrove perché i soldati di frontiera li impedivano di uscire.
Dal confronto tra le vittime civili causate dalla Guerra Hamas-Israele e dall’Invasione russa dell’Ucraina, emerge, che il presidente e comandante in capo russo Vladimir Putin, ha cercato, e cerca tutt’ora di risparmiare il più possibile le strutture civili e, con ciò, di ridurre drasticamente le vittime di guerra collaterali. Tanto è vero, circa 11.000 civili sono stati uccisi in ormai due anni di ostilità dalle Forze armate russe; la cifra, che le Forze di difesa israeliane hanno prodotto in un mese di conflitto.
Sempre questo paragone, ci spiega quindi, che Netanyahu è un criminale di guerra perché viola tutti i giorni il diritto internazionale umanitario con la stessa efferatezza e per la stessa ragione, l’odio etnico, che spinsero il dittatore austriaco Adolf Hitler a compiere lo sterminio degli ebrei e di altre etnie durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Più o meno quello che in televisione da settimane dichiarano certi esponenti dell’estrema sinistra. Ma qui si va oltre e persino il compagno Putin viene santificato.