RESILIENZA DEGLI ULIVI E RIGENERAZIONE DEL TERRITORIO

| 19 Gennaio 2024 | 2 Comments

ECCO IL DOCUMENTO SOTTOSCRITTO DA QUARANTASETTE ASSOCIAZIONI SALENTINE

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Marcello D’Acquarica ci manda per conto delle Associazioni che lo hanno sottoscritto il seguente documento:

Mai come in questo periodo storico, il nostro territorio rischia la desertificazione, causata in maniera traumatica dal fenomeno del disseccamento degli ulivi, patrimonio identitario della nostra bellissima terra.

Giovanni Seclì – di Forum Ambiente e Salute
Crocifisso Aloisi -di- Associazione Cambiamenti Galatone
Marcello D’Acquarica – di – NoiAmbiente e Beni culturali di Noha e Galatina

(nella foto di copertina, Oreste Caroppo, Suggestioni paesaggistiche là dove sorge il fiume Asso tra Cutrofiano e Collepasso)

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RESILIENZA DEGLI ULIVI RIGENERAZIONE DEL TERRITORIO

documento di associazioni salentine

all’attenzione dei Rappresentanti di Istituzioni ed Enti di ricerca nazionali e regionali

A quindici anni dalla segnalazione dei primi disseccamenti degli ulivi nel Salento; a 10 dalla

individuazione del complesso CoDi.R.O e della xylella, batterio da quarantena, è doveroso un checkup dell’associazionismo salentino sullo stato attuale della fitopatia e della sua dinamica

epidemiologica, modificatasi soprattutto negli ultimi tre anni : regressione della virulenza e del ritmo

di diffusione, rivegetazione e resilienza. La finalità è focalizzare l’attenzione dei decisori politici su

tale nuovo scenario positivo, ma accompagnato anche da dinamiche negative perduranti e più

accentuate: abbattimento di ulivi, perfino monumentali e non, disseccati e non, a favore di impianti

anche superintensivi e campi fotovoltaici, ripetuti incendi, abbandono dei campi, criticità ambientali

e connesse ai nuovi impianti il tutto in assenza di una reale ed efficace pianificazione agricola e

paesaggistica. Pertanto si impone la revisione delle strategie in atto per promuovere una gestione più

articolata e virtuosa della fitopatia, finalizzata alla rigenerazione agroecologica del territorio, con una

visione lungimirante e sistemica, facendo altresì tesoro di analisi, criticità e limiti pregressi.

1- La rivegetazione perdurante negli ultimi tre anni, da molti a lungo imprevista ed esclusa, il

rallentamento della diffusione del contagio e la minore virulenza del patogeno sono acclarati dal CNR

-ISP di Bari e Crea nazionale (cfr. audizioni parlamentari 6.06.2023); l’insegnamento conseguente

(permanendo tale scenario) è che le dinamiche fitopatologiche e naturali non sono del tutto

pronosticabili e spesso comportano una regressione della virulenza nel corso degli anni (es. il cancro

corticale del castagno ha presentato l’adattamento del sistema endofitico al patogeno, con ripresa

produttiva, così l’alereocanthus spinifer degli agrumi, etc). Test recenti nell’area del primo focolaio

hanno riscontrato elevata presenza di xylella in ulivi tuttora vegeti e produttivi.

Pertanto si impongono, ancor più in tale fase, interventi non invasivi e irreversibili: quindi vanno

bloccati gli espianti di massa ( quelli generalizzati, liberi ma incentivati dal 2017 nella vasta area

infetta , oltre gli altri obbligatori dal 2013, ad epidemia da anni ormai conclamata , ora previsti nelle

aree cuscinetto e contenimento ) anche di ulivi -monumentali , compresi gli asintomatici e in stato

vegetativo. E’ insostenibile e ingiustificabile la reiterata opzione politica regionale di finanziare con

500 milioni di euro l’espianto totale degli ulivi nel Salento; è invece doveroso il sostegno alla gestione

virtuosa dei milioni di ulivi che presentano resilienza e rivegetazione.

2- I dati sulla situazione attuale degli ulivi salentini dovrebbero essere puntuali e veritieri, per

costituire un elemento utile per corrette ed efficaci scelte politico-agronomiche: 21-22 milioni sono

gli ulivi dichiarati “morti” da media e dalle superficiali affermazioni politiche della narrazione

prevalente. Al 2015 si stimavano ufficialmente 21,5 milioni di piante presenti nelle tre province

salentine. Almeno 3 milioni sono leccine tolleranti; ancora vegete e produttive sono le cultivar

tradizionali ( circa al 10% nel leccese, 60% nel brindisino 75% nel tarantino). Di conseguenza il

numero di piante considerate morte è un grossolano e forse strumentale errore non solo matematico,

utile per richiedere interventi economici maggiori, ma fuorviante. I dati del Consorzio Italia Olivicola

(incrociando nel 2019 quelli Istat, Ismea e Sian) stimavano in 4 milioni le piante morte-disseccateimproduttive; quelli delle immagini satellitari (Sentinel 2 e Modis) erano di 6,5 milioni; nei tre anni

successivi solo un incremento di pochissimi milioni. I 21-22 milioni di piante “ morte” sono quindi

smentiti anche semplicemente dall’aritmetica: la falsità su tali dati legittima le riserve anche

sull’attendibilità di altri relativi alla gestione della fitopatia. Ancora: i decreti Martina richiedevano 2

esami per ogni albero da monitorare; non risulta siano stati eseguiti 44 milioni di test; ma si è ricorso

in gran parte a superficiali esami visivi, che hanno prodotto una visione distorta, non oggettiva,

gravida di valutazioni enfatizzate e discutibili. Ad oggi sono state effettuate, nell’arco di 10 anni,

1.200.000 analisi, da cui risultano 14.000 alberi infetti, con un tasso medio dell’1,18%, con picchi al

2016 del 4,5%, ridottisi allo 0,15% nel 2023 (nel 2018 su 450 ulivi espiantati per TAP in zona infetta

solo 3 erano risultati infetti agli esami di laboratorio). Nel frattempo, oltre i probabili falsi negativi,

quanti sono stati i falsi positivi -poi derubricati solo talvolta come tali- che hanno causato espianti

massivi circostanti nelle province di Lecce Brindisi Taranto fino al territorio barese? Vi è stata finora

rigorosità nel monitoraggio e nell’elaborazione dei dati? Ne sono derivate sempre misure necessarie

o discutibili? E’ doveroso che enti e istituzioni pubbliche forniscano dati fondati, incontrovertibili e

circostanziati, per promuovere interventi opportuni, a tutela dell’ambiente e della loro stessa

credibilità .

3- Vengono dichiarati alberi morti tutti quelli disseccati nella parte aerea (rami e foglie), quindi

improduttiva; ma la rivegetazione da tre anni persiste grazie all’apparato radicale vivo che è parte

fondamentale della pianta. Solo il 15/20% dei non espiantati sono morti, non presentando alcuna

rivegetazione. Tale distinzione è fondamentale in quanto il danno derivato dal Co.Di.R.O non è solo

economico e produttivo, ma anche ecosistemico. Gli apparati radicali vivi e rivegetanti contrastano

le criticità della desertificazione , del ciclo meteo-idrogeologico, dell’erosione e dell’assenza di

sostanza organica nel suolo. Quindi non vanno incentivati gli espianti generalizzati (imposti per

accedere a misure di finanziamento) anche su ceppaie vitali e in primis sugli alberi in rivegetazione.

E’ doveroso assecondarla , accudirla e studiarla, accompagnarla con misure di sostegno a pratiche

virtuose (trattamenti opportuni che stanno ormai dando ottimi risultati riconosciuti da più parti, tutela

dei bioritmi).

4- Finora la ricerca ha messo sotto accusa solo Xylella, rimuovendo l’iniziale imputazione al

complesso Co.Di.R.O. (xylella, funghi, rodilegno). Fino al 2013 (scoperta della xylella) i

disseccamenti erano addebitati solo ai funghi patogeni già da tempo riscontrati: se tale diagnosi era

da tutti considerata veritiera perché è stata poi derubricata mirando solo a xylella? Ricercatori

dell’univ. di Foggia e del CREA, fitopatologi del disseccamento dell’inizio XX sec, recenti ricerche

denunciano la estrema contagiosità aerea delle spore funginee, la loro atavica presenza nel Salento,

la virulenza tale da provocare da sole il disseccamento degli ulivi (audit Sanco 2014). Perché

disseccavano la maggior parte degli alberi, se nel 2013 solo il 2% dei testati nel gallipolino -quasi

tutti sintomatici- era positiva a xylella? Come spiegare il disseccamento in piante negative a xylella?

Va approfondita la indiscussa patogeneicità dei funghi, all’interno di un approccio multifattoriale al

disseccamento finora carente, per evitare che, inseguendo solo xylella, se ne ignorino e non

contrastino altre cause. La priorità data dall’UE all’eradicazione ( da tutti i ricercatori considerata

impossibile) di Xylella non può rendere insignificante e subordinata l’esigenza fondamentale del

territorio di contrastare il disseccamento individuandone la complessità eziologica. Oltre a monitorare

e contrastare i fattori batterici e funginei, occorre considerare le variabili agronomiche, la

monocultura, lo stato del suolo, le condizioni di biodiversità a livello di cenosi vegetali e di microbiota

delle piante. La stessa commissione dell’Accademia dei Lincei stigmatizzò la strana “ mancanza di

semplici esperimenti agronomici, (come invece fatto in USA negli ultimi 40 anni) non condotti né

programmati, utili per favorire misure applicative per il contenimento dell’infezione e contribuire a

salvare gli ulivi monumentali” (2016) . Le fitopatie non vanno indagate solo nella sterilità del

laboratorio (pur fondamentale) ma all’interno di un contesto vitale multifattoriale e sinergico, con un

approccio epidemiologico.

5- I dati del laboratorio infatti talvolta non coincidono con quelli dei campi: la coratina per i primi era

la più resistente a xylella (anche rispetto a favolosa e leccino), negli uliveti salentini presentava invece

disseccamenti (non assenti anche nelle altre due cultivar): errori di laboratorio oppure altre cause

patogene non testate ? Inspiegabilmente tale cultivar è stata esclusa dalle varietà tolleranti e

autorizzate al reimpianto. L’Efsa, interpellata in merito, ha dato risposta evasiva. Serve un’ indagine

fitopatologica ad ampio spettro per chiarire la corrispondenza tra esperimenti scientifici ed esperienza

reale, anche in relazione ad altre stridenti anomalie nel monitoraggio e nelle decisioni politicoamministrative conseguenti, nonché per comprendere l’attuale resilienza .

6- La dinamica della diffusione della fitopatia stride rispetto alla versione reiterata. Si afferma che da

Gallipoli è avanzata fino ai confini del barese nell’arco di circa quindici anni: quindi meno dei 20

km/anno declamati. Un solo focolaio iniziale o invece di più se nel 2014-15 si presentavano uliveti

sintomatici già a Veglie, Trepuzzi e Oria , mentre stranamente vaste aree intermedie e viciniore al

gallipolino erano ancora senza sintomi? Diffusione a macchia d’olio o di leopardo? Perché poi in tanti

anni il disseccamento non ha raggiunto la costa otrantina (distante appena 30 km dal primo focolaio),

dove gli ulivi, anche delle cultivar suscettibili di contagio, sono stati molto di più vegeti e produttivi

? Sarebbe doveroso approfondire la problematicità di tali aspetti finora ignorati, per capire e gestire

meglio la fitopatia.

7- Stasi, rallentamento, regressione della diffusione e della virulenza del Co.Di.R.O. e della

sintomatologia dei disseccamenti si manifestano già da tre anni, dopo i 15 dai primi sintomi segnalati

dagli agricoltori, spesso senza i riscontri doverosi e necessari. Arco temporale analogo a quello delle

due principali e ampiamente documentate epidemie storiche di disseccamento degli uliveti salentini,

fine XVIII (cfr. Presta e Moschettini) e inizio XX secolo (cfr. L. Petri, G. Cuboni ed altri),

denominate Brusca, imputate prima al clima poi a virosi funginee. L. Petri nel 1910 chiuse il suo

Osservatorio sulla fitopatia degli ulivi nel Salento (operante da un decennio e voluto dal governo

Giolitti) in quanto dopo circa 15 anni il disseccamento si era imprevedibilmente fermato! A tale

analogia tra le tre epidemie tipiche del Salento si unisce anche quella, non meno singolare, delle

cultivar di ulivo e delle specie vegetali in esse coinvolte oppure esenti dalla fitopatia del

disseccamento.; .

8- L’endemizzazione pluridecennale e forse plurisecolare di xylella nel Salento è prospettata come

plausibile da A. Purcell (Il Foglio luglio 2015): lo studioso afferma che potremmo aver convissuto

fin dal XVII sec., con alternanza di fasi di virulenza e lunghi periodi di latenza. (Insieme alla fillossera

chi può escludere l’importazione dagli USA di Xylella fine XIX sec. con conseguente disseccamento

degli ulivi?). Perché non provare a fare carotaggi negli ulivi plurisecolari, per verificare eventuali

antiche tracce di xylella? (si interroga il prof. A. Basset docente di ecologia nell’ Unisalento). Purcell

riconosce che anche gli espianti tempestivi non sempre sono efficaci nel contrasto della diffusione

dell’epidemia (utili negli agrumi del Brasile ma non nei vigneti californiani). Il suo allarme su Xylella

in Europa risale al 1997; nel 1998 quella riscontrata su vigneti del vicino Kosovo era testata nei

laboratori USA; altre segnalazioni in Francia prima del 2013. Tali ed altre vicende pregresse , anche

relative alla gestione dell’attuale Co.Di.R.O. (con i loro insegnamenti, anomalie, inazioni e

dinamiche) non possono essere rimosse o ignorate; anzi sono utili per comprendere meglio l’attuale

disseccamento.

9- E’ acclarata la disponibilità di strategie di contenimento -vagliate, pubblicate e sperimentate ormai

da anni- per il contrasto anche della fitopatia di Xylella, sia a livello sintomatico che per la carica

batterica, riducendola a quella delle cultivar tolleranti e favorendo la ripresa vegetativa e la

produzione. Essi si uniscono alla resilienza autonomamente manifestata dalle piante (soprattutto

cellina) determinando la convivenza con la fitopatia batterica , impossibile da eradicare, come accade

anche con altre funginee. Eppure latita la sperimentazione di prodotti , alcuni anche presenti sul

mercato: batteriofagi Xyfi.Pd di C. Gonzales, quelli adoperati con successo sui vitigni da D.L.

Hopkins , Acetilcisteina , Cellule mutanti di S.E. Lindow, l’Octonus vulgatus dell’Univ. di

Montpellier antagonista della sputacchina, i microbioti antagonisti come Parabrkolderia

phytofirmans, il recente studio Argirium SUNc, applicato su xylella con successo dall’università di

Pescara. Vengono snobbati o ignorati protocolli efficaci (alcuni validati da pubblicazioni scientifiche

) e anche pratiche empiriche che stanno consentendo il recupero o la resistenza al disseccamento di

oliveti autoctoni. Soprattutto dai decisori e da diverse associazioni di categoria si declama solo il de

profundis degli ulivi, negando l’evidenza dell’attuale resilienza, tacendo su strategie di contrastoconvivenza, ma continuando a prospettare solo ingiustificati espianti di massa.

10- Va pianificato un nuovo e più strutturato meeting (dopo quello del 2018 nell’Università del

Salento) per focalizzare e censire la pluralità di strategie -messe in campo o studiate nei laboratoridi contrasto e convivenza con il batterio e gli altri patogeni. Vanno approntati ulteriori progetti pilota

sul territorio per monitorare non solo la resistenza-tolleranza di cultivar a xylella-Co.Di.R.O. ma

anche la resilienza, attraverso buone pratiche, trattamenti, o per semplice naturale evoluzione della

fitopatia, grazie all’adattamento delle piante ai patogeni. L’indagine scientifica in merito deve essere

improntata al massimo pluralismo e coinvolgimento dei diversi esperti e delle diverse esperienze

finora maturate, sia a livello locale che internazionale;

11- La rigenerazione agroecologica del Salento non può essere sinonimo di espianti e reimpianti,

senza pianificazione, visione d’insieme e di lungo periodo, senza controlli. Dei nuovi impianti è

incerto il futuro mentre è già precario il presente con il 30% circa disseccati o abbandonati, in

particolare quelli in intensivo e superintensivo . Si vanificano così investimenti e obiettivi (denuncia

L. Catalano, nel convegno Ordine agronomi Lecce 2023) per non parlare poi del potenziale sperpero

di risorse pubbliche. Tali nuovi impianti richiedono apporti idrici insostenibili, per lo stato critico

della falda, depauperata, salinificata (3g/l) a causa dell’emungimento incontrollato e la ridotta

piovosita.

Negli ultimi due anni la crisi idrica in Spagna ha inferto un durissimo colpo al superintensivo, finora

sbandierato come prospettiva ottimale. Ulteriore criticità di tali impianti è l’uso notevole di

fitofarmaci indispensabili per tale gestione ulivicola: veleni per la salute, il terreno, la falda e la fauna,

in un territorio che ne riscontra l’uso tra i più alti in Italia. Il Ministero della transizione ecologica ha

inoltre classificato come SAD (sussidio ambientalmente dannoso) quello a favore del reimpianto di

leccina e favolosa (cui si unirà la S. Agostino?), per il rischio di favorire la riduzione di biodiverità e

quindi anche eventuali future epidemie vegetali. In tema di reimpianti la Regione Puglia dovrebbe

riconsiderare la scelta unidirezionale a favore dell’espianto-reimpianto (in primis ma non solo delle

cultivar resistenti/tolleranti), anche alla luce della generale e spontanea ripresa vegetativa delle

cultivar autoctone, e finanziare non oltre il semintensivo ( secondo indagine dai costi di gestione e

dalla resa migliori) proposto come il più adeguato per il contesto agronomico del Salento da eminenti

ricercatori e il reimpianto all’interno degli uliveti tradizionali non disseccat da preservare i, senza

incentivarne l’espianto, per ridurre le predette criticità e tutelare l’ecosistema e il paesaggio.

12- La rigenerazione del territorio salentino può avvenire solo con un approccio ecosistemico. Per

questo tutti i proprietari di uliveti devono essere resi protagonisti, all’interno di una pianificazione

generale e locale. Vanno promosse, e sostenute adeguatamente con incentivi pubblici, pratiche di

bioeconomia alternativa, sostenibile e multifunzionale, di rigenerazione del suolo, di tutela idrica,

coinvolgendo università, istituti scolastici, comuni, attivando cooperative giovanili. Il DM

70574/2021 dichiara gli “uliveti ad alto valore ambientale e a rischio abbandono “ allarme lanciato

per la prima volta in relazione all’olivicoltura (considerata dal Piano ulivicolo nazionale del 2016 “in

condizione di precarietà”) soprattutto per motivi orografici e la parcellizzazione fondiaria. Opportuna

risulta la delibera della regione Toscana del 29 nov, 2023 per promuovere interventi a favore di tutti

i proprietari che si impegnano a mantenere la gestione degli uliveti in aree a forte pendenza collinare

e rocciosi, per la loro valenza ambientale e paesaggistica.

Una strategia da attuare in Puglia , con incentivi generalizzati per accudire gli uliveti in rivegetazione,

a partire da quelli secolari e in aree collinari o rocciose, e poi anche agli altri a rischio abbandono:

con conseguente ricaduta sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio, nonché degli aspetti tipici del

territorio!

Prioritario è anche il censimento di tutti gli areali olivetati delle cultivar tradizionali ancora vegeti,

per tutelarli , studiarli, sostenerli con interventi pubblici; come pure delle aree incendiate (previsto

dalle norme ma inattuato da quasi tutti i comuni); infine dei campi abbandonati da affidare in

comodato d’uso a cooperative giovanili da incentivare anche questi con opportuni interventi pubblici.

Primaria attenzione va riservata alla pianificazione pubblica di imboschimenti in biodiversità (da

sostenere nel tempo per il mancato reddito conseguente)o, anche produttivi, nonché l’aridocoltura di

specie arboree, soprattutto nelle aree marginali e in quelle demaniali , superando il gap che vede il

Salento ultimo per la presenza di boschi.

Tali interventi presuppongono un assiduo e strutturato monitoraggio del territorio, innanzitutto in

termini di prevenzione e controllo. Il proliferare degli incendi spesso dolosi, la speculazione sui prezzi

dei terreni , la loro devastazione chimica o meccanica con la macinazione e lo spianamento di aree

rocciose, la distruzione della architettura rurale spontanea, richiedono una strategia pianificata.

Occorre promuovere la rigenerazione della sostanza organica dei terreni, che ne sono gravemente

privi, anche attraverso l’uso del compost derivato dalla Forsu e delle acque reflue, ricche di sali

minerali, ancora quasi totalmente sversate a mare.

13-Tutela dei monumentali su tutto il territorio: la Regione ha stabilito nel luglio 2022 la opportuna

deroga all’espianto dei monumentali contagiati nella Piana del brindisino-barese (anche in base

all’art.33 dell’atto di governo 209-2016, che prevede deroghe per l’abbattimento delle piante

monumentali), ricorrendo alle potature e alla discutibile pratica dell’incappucciamento degli olivi e

degli innesti anche se gli abbattimenti selvaggi continuano nel raggio di 50 mt.

Deroga dunque di fatto violata da diktat incontrollati di espianti e quindi azzerata . Ma perché imporre

nella zona infetta, invece, senza alcuna ratio agronomica, l’espianto anche dei monumentali

(disseccati o talvolta anche in rivegetazione ), per poter beneficiare dei ristori per i reimpianti? La

legge regionale del 2007 di tutela dei monumentali è ancora in vigore e non può essere vanificata e

di fatto violata da irrazionali disposizioni regionali di rango inferiore. Paradossalmente non si è

proceduto con analoga determinazione a esigere l’espianto di decine di altre specie vegetali

suscettibili e quindi fonte di contagio sempre nelle stesse zone dove invece si procedeva all’espianto

soltanto degli oliveti.

Vanno azzerati questi come altri perduranti diktat assurdi, violenti , ingiustificabili sul piano

fitosanitario, che offendono la sensibilità dell’opinione pubblica verso i “patriarchi” : essi causano

discredito delle istituzioni e vulnus alla cultura del territorio.

14-il paesaggio salentino è figlio di diverse pratiche agroecologiche correlate alle matrici del

territorio; è frutto di un “popolo di formiche” , di relazioni di comunità, di legami affettivi e

generazionali diffusi; anche questa è cultura da tutelare. Per questo la rigenerazione deve coinvolgere

tutti i soggetti presenti sul territorio, partendo dai singoli comuni, dalle istituzioni culturali, attivando

cooperative giovanili. Il Progetto integrato di Paesaggio nelle aree compromesse da Xylella e

nell’area interna Sud Salento, elaborato in collaborazione con le università pugliesi, va discusso e

socializzato per essere attuato con il coinvolgimento delle comunità. Esso deve intrecciarsi con il

PPTR, emarginando le nefaste e miopi richieste del suo azzeramento a favore di una libera,

indiscriminata e spesso miope iniziativa privata.

I tempi e le dinamiche della natura sono differenti da quelle burocratiche e talvolta imposte dall’alto

in modo affrettato e con risvolti assai gravi e irreversibili.

Pertanto si impone e si chiede una strategia nuova, conseguenziale a quanto evidenziato, che superi

l’unica finora perseguita, discutibile e devastante dell’espianto generalizzato, incentivato e finalizzato

al reimpianto: urgono azioni di sostegno pubblico a favore di tutti i gestori di uliveti resilienti , per

accompagnarli e accudirli in questa fase di tolleranza e rivegetazione, foriera di prospettive positive

sul piano ambientale, economico, paesaggistico e culturale del territorio; tale fase “fa intravvedere la

possibilità di mantenere in vita gli ulivi di affezione o valore paesaggistico” (CNR XIII commiss.

Parlamentare). Va quindi pianificato un censimento generalizzato degli uliveti vegeti e resilienti,

utilizzando anche la collaudata fotogrammetria aerea.

Urge una visione d’insieme , multifattoriale, prospettica verso il passato e il futuro, lungimirante;

occorre rivedere strategie e opzioni, in base all’esperienza maturata nei laboratori e soprattutto sui

campi e non riproporre rigidamente protocolli e schemi non condivisibili né incontestabili, nocivi

soprattutto se dagli effetti irreversibili. La partecipazione plurima del territorio, senza esclusioni e

pregiudizi e ostracismi ingiustificati, può favorire scelte efficaci e condivise, non parziali, superate e laceranti.

Questo è il documento presentato pubblicamente a Galatone il 13.11.2023 e sottoscritto dalle seguenti

Associazioni:

ACQUA BENE COMUNE, Alezio, Marta Innocente

ADOC Lecce Alessandro Presicce

AIAB ass. regionale agricoltura biologica, Bari , Patrizia Masiello

AMANTI DELLA NATURA APS, Acquarica Presicce, Silvia Cino

ARCI PROVINCIALE, Lecce, Cosimo Botrugno

ARCO CULTURA TERRITORIO AMBIENTE, Cavallino, Francesco Quarta

ADIPA Lecce M. Luisa Quintabà

AMBIENTE SANO Veglie Dario Ciccarese

AUSAPIETI , San Cesario, Antonio Bascià

CAMBIAMENTI Galatone Crocefisso Aloisi

CASA DELLE AGRICOLTURE , Castiglione – Andrano, Luigi Coppola

CENTRO STUDI GUIDETTI SERRA, Bologna – Tiggiano, Donato Cardigiano

CLARISSE , suore, Lecce suor Celeste

COORDINAMENTO ALBERI E VERDE PUBBLICO Lecce, Maria Cucurachi

COORDINAMENTO CIVICO AMBIENTE E SALUTE prov. Lecce, Galatina, Alessandra

Caragiuli

COPPULA TISA, Tricase, Geni De Giuseppe

CULTURA DEL LEGNO D’ULIVO, Salento, Giovanni Seclì

DIRITTI A SUD , Nardo Rosa Vaglio

ECOSCIENZE Lecce Fabio Palma

FATTIZZE Bosco didattico Nardò Cosimo Rolli

FORUM AMBIENTE E SALUTE Lecce, Innocenzo Graziuso

FRIDAY FOR FUTURE Lecce Marco Elia

GALATONE BENE COMUNE, Sebastiano Zenobini

ISDE Medici per l’ambiente, Salento, Sergio Mangia

KRIFO progetto ambientalista Galatone, Tommaso Filieri

La FINESTRA Galatone, Francesco Mandoi

LAUDATO SII, Lecce, Cristina De Pascalis

LECCE CITTADINANZA E’-VIVA, Alberto Siculella

LIDA Lega diritti animali Nardò Massimo Vaglio

MARINA SERRA ETS Tricase, Angelo Chiuri

MANU MANU RIFORESTA, Miggiano Vito Lisi

MEDICINA DEMOCRATICA Brindisi, Maurizio Portaluri

MISSIONARI COMBONIANI Lecce, padre Piercarlo

NOI AMBIENTE, Noha e Galatina, Marcello D’Acquarica

NUOVA MESSAPIA, Soleto, Francesco Manni

OLTRE MERCATO SALENTO, Virginia Meo

RITORNO ALLA TERRA, Zollino, Giovanni Pellegrino

SALENTO KM ZERO , Zollino, Francesca Casaluci

SALENTO SOSTENIBILE, Acquarica-Presicce, Roberto Polo

SALVIAMO GLI ULIVI DEL SALENTO, Sannicola Chiara Idrusa Scrimieri

SISPED Puglia, Lecce, Giovanni De Filippis

SPAZI POPOLARI, Sannicola, Ivano Gioffreda

TANDEM Leverano, Walter Tramacere

TURISMO VERDE , Roma -Tricase, Giulio Sparascio

UDICON LECCE, Biagio Malorgio

VERDSALIS Nardò, Ivano Manca

WWF Salento Vittorio De Vitis

Category: Cronaca, Politica

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Comments (2)

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  1. Pietro Perrino ha detto:

    Non è la resilienza che ci fa vedere una ripresa della vegetazione come voglono farci credere per nascondere il fatto che non è stata la Xylella la causa del CoDiRO.
    Le vere cause del CoDiRO sono state le criticità ambientali, che purtroppo ancora ci sono, ma che in parte, grazie alla consapevolezza degli abitanti, principalmente degli agricoltori, sono meno acute. La Xylella è stato un paravento per chi voleva cogliere l’occasione per ricevere finanziamenti europei e per cambiare sia le colture e sia il paesaggio sempre per motivi economici e finanziari. Peccato però che si sbagliavano e continuano a sbagliarsi. Nel Salento pensare di fare agricoltura industriale è una vera follia.

  2. Domenico Giglio ha detto:

    Chi è il fondatore!? Se un associazione o movimento vuole aderire a chi si può rivolgere?

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