A NOME TUO. IL NATALE DI GAZA
di Teresa Ciulli ______
Già da ieri, vedo la mangiatoia, la culla di Gesù.
Ci sono vicina, ormai. Tu, pure. Dopodomani.
Siamo gente fortunata, non ci cadono le bombe addosso, non siamo considerati da nessuno non ancora, imbarazzanti scarti umani, cinque milioni, di Geopolitica Internazionale.
Numeri, banali numeri contabilizzati dalle statistiche che registrano l’avanzare dei carrarmati la distruzione delle bombe le immagini rapinate dai droni muniti di infrarossi.
Conti che non tornano nella spartizione della Terra secondo le ragioni di Benjamin e dei suoi ministri ultraortodossi di destra, Smotrich, alle finanze, Gallant, alla difesa. Due che non sono previsti dalla Torah, strumentale è il loro credere, manipolatorio.
Entrambi coloni con casa, abusiva, in Cisgiordania. Gente che dovrebbe, se il Diritto Internazionale potesse contare in un monolocale sulla Terra, essere in galera, non al comando della nazione ricchissima e insaziabile.
In questi oltre due mesi di guerra i palestinesi hanno cambiato di status, sono diventati improvvisamente, tutti arabi. Un utile colpo di scena lessicale che mira a spogliarli della loro creaturalità: delle storie del destino delle violenze e degli abusi, delle umiliazioni, che subiscono dal 1948. Non più creature ma numeri, da traslocare.
Appena ci saranno le condizioni in Libano, se vivi a Nord della Striscia; in Giordania se il tetto ce l’hai in Cisgiordania, a Hebron; oppure da esiliare in Egitto se ancora, ma che duro di comprendonio! Occupi la tua stessa casa a sud della Striscia.
Per gli israeliani dopo il 7 dicembre non esistono più i palestinesi, sono diventati arabi e come tali sono trattati. Sono gli Infedeli; i Musulmani. Che dunque vadano via dalle terre e che abbandonino gli animali le pecore le capre, e non stiano a pensare, per carità, a raccogliere le olive: questa gente l’olio qui non lo deve fare. E la smettessero di pretendere il diritto a conservarsi casa, quella e la terra intorno, interessa ai coloni israeliani: gente che dopo il 7 ottobre si è comprata una divisa militare, si è armata di mitra di fucili e va in giro a seminare terrore. A uccidere due ragazzi che chiacchierano fuori casa, Anas, Mohamed, non hanno vent’anni, a Sysya, otto chilometri da Hebron.
Un mese fa. Due fiori due giovanotti due cugini, due amati figli. Non hai sentito il cuore delle loro madri, venire giù. Infrangersi per terra. E’ straziato il grido che ha fatto a fette la luce del giorno in Cisgiordania. L’eco ancora viaggia sulla faccia della terra.
Ieri è entrato in cucina, a Lecce.
Ho naufragato sul reportage di Francesca Mannocchi ospite di Propaganda Live, sul La7, il 18 di dicembre. A distanza di ore quello strazio ancora rimbalza dappertutto. La cucina è un tavolo da biliardo e quelle urla di dolore quella quantità di lacrime quei bambini bambine terrorizzate, gente anziana, pastori contadini, quelle vite hanno una energia cinetica propria; fanno avanti e indietro fra le sponde del tavolo, del cassetto, della cappa, della pentola che ieri sera ho lasciato sul piano di cottura. E invece di perdere velocità quelle lacrime quella sofferenza a cui i governi del Mondo negano una elementare equanime giustizia, al contrario, accelera.
Fra due giorni è Natale. Per chi?
La mangiatoia è in Palestina a Betlemme. Vedi come fu accorto Dio a nascere infante da vagina di donna, proprio lì. Venne al Mondo in una città il cui profeta, Maometto, sarebbe nato sei secoli dopo di lui. In quella enclave araba Dio rifulge.
Ci sono stata a Betlemme, è circondata da posti di blocco isolata da muri alti una dozzina di metri arabescati alla sommità con bobine di filo spinato. Ma non ti senti venir meno il respiro, io sì. Nella Chiesa che fu costruita due secoli dopo all’anno zero della nostra Civiltà, tutta intorno alla mangiatoia, scendo una dozzina di gradini, sono stretti, sotto il livello di calpestio per entrare in quell’utero di pietra dalle pareti scavate nella roccia dove fiammeggiano centinaia di candele accese. Alte sottili come grissini di cera fanno una luce viva che intercetta ogni più piccolo respiro sospiro, gemito. Le candele accese sono i sismografi dell’anima, di quella che l’ha intesa accendere a capo chino ruminando la sua preghiera sempre la stessa in ogni idioma della Terra.
Che io stia bene e bene le persone che amo e bene la terra e l’acqua e il mare, le uniche verità che mi consentono di restare al mondo. Sono quelle stesse accese dalle donne, fra le macerie dove non è previsto un altare, un luogo di commiato: mamme mogli zie sorelle degli uomini uccisi in questi due mesi di mattanza a Gaza e in Cisgiordania: ventinovemila bombe in due mesi. Quelle accese dai mariti padri promessi sposi figli fratelli zii nonni delle donne di ogni età mutilate e uccise con affascinante disprezzo della altrui inermità, impotenza, da un esercito di stato che pare un moderno ospedale ortopedico da campo che non cura, piuttosto ferisce e uccide.
Questa gente che accende le candele chiede, a nome di Dio, cieco e sordo e muto dalla nascita, giustizia. Lui, Dio non lo può fare, loro, noi tutti invece, a suo nome, sì. Nel Presepio che abbiamo preparato manca una candela, per Gaza per la Palestina, libera. Facciamo in tempo a procurarcela.
Category: Costume e società, Cultura, Politica
Bellissimo testo, bello quanto la follia del “democratico” stato di Israele, che costruisce, giorno dopo giorno, il genocidio del popolo palestinese..
sempre bravissima e profonda, Teresa.
siamo senza parole, meno male che le parole giuste le metti tu.
Bellissimo testo, la guerra è una follia in qualsiasi parte del mondo.L’uomo non impara nulla dall’esperienza del passato.È molto triste tutto questo.
Parole in stato di grazia.
Palestina libera
grazie
Grazie Teresa, le tue parole mi fanno sentire ancora più fortunato ad essere nato da questa parte del mondo. Una parte ricca e senza guerre e genocidi all’ordine del giorno. Bellissime parole. Grazie ancora!
Con la guerra non ci sono vincitori e vinti , perdiamo sempre, sempre tutti .
Quanta verità….
Grazie Teresa, il mio cuore si raggrinzisce sempre di più, giorno dopo giorno, notizia dopo notizia e tu sei in grado di farti corifea del dolore di Gaza e del nostro sgomento…Anche il mio cuore batte per Gaza ❤️
Teresa,hai colpito al cuore anche questa volta. Parole che fanno sentire tutto il dolore di una guerra assurda e ingiusta. E non c’è altro da dire nè da capire. Solo sentire.
Teresa, ancora una volta le tue parole entrano dentro nel profondo e vanno al cuore, facendo sentire tutto il dolore, la violenza e l’assurdità di guerre scaturite da politiche criminali che nessun uomo dovrebbe mai vivere!
Teresa,grazie.
Mi duole il cuore quanto te. Vedere quello che accade e sapere che nessuna nazione possa muovere un dito per cambiare le cose è doloroso.
Noi ci siamo stati in quelle terre e abbiamo visto da vicino i coloni e i palestinesi.
Quello che sta accadendo in quelle terre è frutto dei cattivi semi messi in passatono dalla comunità politica internazionale: quella attuale è bloccata dallo strapotere statunitense.
Noi abbiamo a cuore le persone. Loro i loro interessi politici ed economici.
Facciamolo sentire il nostro dolore, non restiamo in silenzio impotenti.
Nessuno di noi è separato dagli altri. Il loro futuro coinvolge anche il nostro.
Grazie per riportarci alla realtà di questo Natale, togliendoci di dosso – almeno per pochi attimi – la smemoratezza che questa orgia di luci e rumori e merci e finta allegria ci induce.
Mi vergogno dele mie comodità, delle tante luci, dei tanti inutili presepi, dei tanti canti natalizi, dovremmo tacere, dovremmo in silenzio sospendere ogni nostro moto, ogni nostro agire, quale urlo silenzioso, x chiedere indietro ogni vita sprecata in qst guerra dissennata,in tutte le guerre.
Almeno qst …impotente di poter fare altro, con le immagini impresse negli occhi che lasciano impronte pesanti e che chiamano alla responsabilità ognuno di noi