SULLA TOMBA DI ROCCO SCOTELLARO
di Raffaele Polo _____
A volte la ‘casualità (quella che, in inglese, è denominata ‘serendipity’) ci porta a scoprire meraviglie importanti che, altrimenti, sarebbero state nascoste per sempre. Ad esempio, in una frammentaria visita a Tricarico (avevo sbagliato strada e mi ero perso in quelle lande desolate) ho scoperto la tomba di Rocco Scotellaro, una costruzione avveniristica ma ricca di significato, che custodisce i suoi versi forse più significativi:
Ma nei sentieri non si torna indietro
altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l’alba è nuova, è nuova.
Ci viene incontro, allora, la figura di questo giovane Poeta (morto all’età di 30 anni, proprio 70 anni fa. E nato, perciò, esattamente un secolo addietro… Anche i numeri si incastrano perfettamente nella storia di Rocco.) che rappresenta, meglio di chiunque altro, quel Sud sempre martoriato e colpito da destini tragici di miseria e sopraffazione.
Scotellaro interpreta, con la sua vita e con le sue opere, quasi tutte incompiute e, comunque, testimoni del suo impegno politico, delle sue delusioni, della sua ferrea determinazione al riscatto, proprio quel periodo cruciale che vede il Meridione alla ricerca di sé stesso, in un mondo che si evolve e che afferra il Progresso ma pare faccia apposta a trascurare i ‘cafoni’ della Basilicata, della Puglia, della Calabria, di coloro, insomma, che hanno da spartirsi solo la miseria…
Rocco Scotellaro è, in primis, un politico idealista, un socialista che vuole un mondo migliore. E viene riconosciuto il suo impegno, diventa sindaco di Tricarico ma la sua avventura termina in carcere dove, accusato ingiustamente, languisce per qualche tempo. Poi, arriva il riconoscimento della sua innocenza; ma è tardi, molto tardi. Scompare l’uomo convinto che bisogna lottare con la politica per conquistare maggioranza e potere, E nasce l’intellettuale, che sceglie la via della cultura e dell’impegno sociale per scalfire la durissima pietra costituita da indifferenza e qualunquismo, da affarismo e interesse spicciolo. Nasce e si fa conoscere l’autore dell’ autobiografia incompiuta per la prematura scomparsa, dei ‘Contadini del Sud’, meglio nota come ‘L’uva puttanella’.
In realtà, questo tipo di uva si riconosce per i suoi acini “maturi ma piccoli”, costretti, per sopravvivere, a lottare con quelli più grossi. Una metafora della condizione di chi lavora la terra in meridione; lo impariamo proprio nell’omonimo libro di Rocco Scotellaro, che interpreta in un’autobiografia, sentimenti e lotte dei contadini, denominati con spregio ‘cafoni’.
Rocco riesce benissimo nella sua descrizione della Società e dei problemi del Sud dimenticato e privo di speranza. Ma, non per questo, trascura la poesia che non abbandona i toni sociali ma si stempera spesso nel ricordo degli affetti familiari, dei genitori, con un misto di pudore e commozione che contraddistinguono un versificare asciutto e senza alcuna concessione alla contemplazione e all’autocompiacimento.
Poi, come è destino di tanti Grandi, a soli trent’anni, la morte lo coglie. Ma quello che è il suo lascito intellettuale, grazie al sostegno e alla caparbia riscoperta degli intellettuali più vicini al Meridione, finisce per diventare una vera e propria bandiera che, incredibilmente, è valida ancora oggi, con la sua drammaticità senza speranza che non ha avuto, nonostante il mutare dei tempi, un sostanziale sviluppo positivo.
Ecco allora che, guardando il paesaggio racchiuso in quel triangolo formato dal suo monumento funebre, comprendiamo tutto il dramma che Rocco ha voluto rappresentarci. E la distesa incolta e anonima di quel pezzo di terra sta a simoleggiare proprio la condizione di tanti nostri progenitori, costretti a combattere e a soffrire senza speranza, oppressi dai più forti, dai più ricchi. Proprio come l’Uva puttanella, documento insostituibile, eredità spirituale consegnataci da un Poeta che non si è mai rassegnato. Mai.
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