BREVE STORIA DELL’AREA VERDE “Lupomonaco” DI VEGLIE
SOPRAVVISSUTA A BUROCRAZIA E INCENDI
di Fabio Coppola ______
Era il 4 settembre 1998 quando l’avvocato Stefania Ronzino, presidente del Circolo Legambiente “Arneo” di Nardò proponeva al Comune di Veglie la conservazione della macchia mediterranea in contrada “Lupomonaco”.
Invece il Piano regolatore generale del 1980 prevedeva nell’area insediamenti produttivi, una destinazione urbanistica oramai inattuale rispetto alle nuove esigenze di tutela ambientale.
Nel 2002 Legambiente proponeva inoltre l’acquisizione di nove ettari di macchia mediterranea di proprietà privata, per costituire insieme ai sedici ettari di proprietà comunale un unico parco naturale di 25 ettari.
L’Università del Salento per ben quattro volte si pronunciava sul pregio naturalistico dell’area, degno di riconoscimento come sito di importanza comunitaria (precisamente nel 1999, gennaio 2004, marzo 2004, 2010).
Nel 2015 la Regione Puglia adottava il Piano paesaggistico, classificando Lupomonaco come bosco e macchia.
Sempre nel 2015 il Comune di Veglie emanava il regolamento di fruizione dell’area, con divieti e sanzioni per i trasgressori. Sarebbe opportuno affiggere il regolamento agli ingressi principali del parco.
Nel luglio 2018 il consigliere regionale Cristian Casili di Nardò, firmava una mozione approvata dal Consiglio regionale della Puglia per il riconoscimento di Lupomonaco come area SIC.
Nel dicembre 2018, la Giunta comunale di Veglie con deliberazione “prendeva atto della mozione del Consiglio regionale per l’inserimento della macchia di Lupomonaco nella PSIC”, e attualmente la cittadinanza non è a conoscenza della conclusione dell’iter burocratico.
La sezione Sud Salento di Italia Nostra nel 2019 proponeva la riclassificazione di prati e pascoli per la pseudo-steppa presente tra l’area a macchia e la circonvallazione.
Il Comune di Veglie nel 2022 dotava l’area di videosorveglianza, installando l’impianto nella zona centrale.
Nel luglio 2023 un incendio distruggeva il centro visite del parco. La struttura in legno fu realizzata nel 2008 con un cofinanziamento (circa diciassettemila euro la parte del Comune di Veglie, l’importo restante il Gal “Terra d’Arneo”), per un totale di circa settantamila euro.
L’intervento comprendeva anche le panchine, i cestini portarifiuti, la ghiaia per il sentiero e i pannelli illustrativi ai due ingressi.
Anche se una struttura superflua e costosa, il centro visite era ormai parte del patrimonio comunale e meritava di essere conservato. Quindi è opportuna la prevenzione degli incendi con la realizzazione nei terreni confinanti con il parco di fasce protettive o “precese” larghe almeno quindici metri, entro il 31 maggio di ogni anno.
Il tratto di circonvallazione che lambisce la macchia mediterranea è di fatto una strada a valenza paesaggistica, pertanto andrebbe evitata la presenza tutti gli elementi che ostacolano la visuale, compresa l’installazione di nuovi cartelli pubblicitari.
La macchia di Lupomonaco correttamente conservata sarebbe una risorsa per il territorio, dal punto di vista ambientale, come polmone verde e area di riproduzione per gli animali, e dal punto di vista culturale, storico, didattico e turistico.
Lupomonaco fa pensare un po’ al Parco Güell di Barcellona: su un’area in cui inizialmente era prevista la realizzazione di un quartiere residenziale, nasceva poi un’area verde di grande attrazione turistica.
Category: Costume e società