WhatsApp – 18.8.2023. 19.20 – ALGORITMI
(g.p.) ______ Succede che Facebook dia un‘altra speranza al pensiero unico totalitario ormai dominante in Italia e un‘altra occasione ai catoni radical chic in servizio permanente effettivo sui mass media.
Il radicalismo perbenista ormai trionfante negli Usa colpisce duramente anche in Italia, dove già basta dire qualcosa, qualunque cosa, non conforme al politically correct per finire immediatamente sulla graticola della persecuzione mediatica, con effetti devastanti per reputazione, professione e pure relazioni sociali. Così se sei vicequestore di Polizia ti licenziano, se sei docente univeritario ti sospendono, se sei generale ti sollevano dall‘incarico, e potrei continuare a lungo con le condanne decretate senza processo in nome di accuse presunte di sessismo, omofobia, razzismo e quant‘ altro del genere.
Orami comandano gli algoritmi e tra di loro si distinguono per zelo censorio quelli di Facebook.
Segno dei tempi.
L‘ ultima vittima, il popolare attore comico Lino Banfi, che, già attenzionato in passato, si è visto adesso censurare il gruppo di fans a lui dedicato con la motivazione che userebbe un linguaggio violento e volgare.
Va beh…
Ora, porca puttena, lui si è pure giustamente incazzato con il proprietario del social più diffuso al mondo, Mark Zuckterberg. Ma vai a ragionare con gli algoritmi… Programmati come sono per la loro inquisizione senza soluzione di continuità volta a bannare senza pietà, essi o chi per essi non ammettono giustificazioni, contesti, spiegazioni di sorta: ti mandano subito una notifica con i capi di imputazione sia pur sommariamente indicati, ti chiedono di abiurare per poter ottenere la lenta riabilitazioe, e solo in tal caso, di confessione con ammissione di colpevolezza, magari dopo un po‘ ti riammettono, se pure e in libertà vigilata.
Ne sa qualcosa un mio amico, stimatissimo professionista, con laurea e master vari a corredo, voglio dire, mica uno scemo qualunque, che in un momento di spensieratezza e di divertimento, memore della sua passata gioventù, giorni fa aveva postato sul proprio profilo di Facebook il video di una scena di un film di Lino Banfi, che gli è costato sospensione rieducativa, processo sommario e relativa condanna algoritmica inappellabile.
Specifico qui di seguito l‘argomento in dettaglio.
Nel film Fracchia la belva umana di Neri Parenti del 1981 Paolo Villaggio riesce a uscire finalmente con la signorina Silvani e la porta a cena in un ristorante di Tastevere a Roma famoso per le parolacce con cui i camerieri e il personale tutto si rivolgono per accendere l‘allegria agli avventori.
Purtroppo per lui, sulle sue tracce c‘è il commissario di Polizia interpretato da Lino Banfi che lo crede un pericoloso criminale evaso di prigione e lo insegue fino al ristorante con i suoi uomini per arrestarlo.
Quando arriva davanti al locale, viene accolto da uno stornellatore che scambiandolo per un normale cliente gli improvvisa una mitica canzoncina con qualche insulto, in una scena dagli effetti comici dirompenti, anche perché lui, il commissario Lo Gatto, gli risponde, è proprio il caso di dirlo, per le rime.
Tutto qui. Ma tanto è bastato, e ne tenga conto Lino Banfi nel suo contenzioso aperto con Facebook.
Una parola è troppa e due sono poche.
Ora, oh madonna dell’incoroneta, caro Zuckterberg, stia attento, con Lino Banfi. Lui è buono e caro, ma se gli vengono i cinque minuti le spezza la noce del capocollo.
Category: Costume e società
FORTISSIMO!!!