L’INTERVENTO / LA CISL HA RIPORTATO NELL’ AGENDA POLITICA LA PARTECIPAZIONE
DEI LAVORATORI AGLI UTILI DELLE AZIENDE. SARA’ LA VOLTA BUONA? leccecronaca.it LO HA CHIESTO AD UNO STORICO STUDIOSO DELLA MATERIA
di Mario Bozzi Sentieri ______
Sono lunghi e complessi i percorsi della “partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende”, tema tornato alla ribalta dopo il lancio della proposta d’iniziativa popolare della Cisl, finalizzata ad attuare l’art. 46 della Costituzione, intestato proprio alla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, rimasto inapplicato per mancanza di norme d’applicazione.
Una “mancanza” non casuale viste le ascendenze storico-culturali di questo articolo, che affonda le proprie radici nella migliore tradizione sociale italiana, in aperta opposizione alle storiche visioni classiste, care alla vulgata marxista.
Di partecipazione parlava l’Enciclica “Rerum Novarum” (1891), emanata da Leone XIII e divenuta fondamento della moderna Dottrina Sociale, frutto di un complesso lavorio intellettuale, che aveva coinvolto la cultura cattolica dell’epoca, alternativa al giacobinismo, alla rivoluzione liberal-borghese e all’emergente ondata marxista. Centrale in quel “progetto” il ricostruito ordine corporativo, inteso – per dirla con Giuseppe Toniolo, il maggiore esponente del pensiero cattolico sociale di fine Ottocento – non certo con finalità di mera restaurazione, ma quale strumento rappresentativo della società reale, dalla famiglia al Comune alle professioni.
Dell’Idea partecipativa c’è larga traccia nella “Carta del Carnaro” del 1920, la costituzione fiumana, ispirata da Gabriele D’Annunzio. E poi negli Anni Trenta delle elaborazioni della cosiddetta “sinistra fascista”.
Nel dopoguerra del tema si fecero carico il Msi ed il Sindacalismo Nazionale (Cisnal – Ugl), con scarsa fortuna però.
Altri tempi ed altre “dinamiche” sociali e culturali, rispetto alle attuali aperture del Sindacalismo Cattolico, nelle quali si sono riconosciuti sia l’Ugl, capitanata da Francesco Capone, che il sindacato autonomo della Cisal.
Recentemente Tommaso Foti, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, in un’intervista a “Il Tempo”, ha riconosciuto due meriti all’iniziativa della Cisl, finalizzata a favorire l’entrata dei lavoratori nella “vita” delle imprese: “il primo di dare finalmente attuazione all’articolo 46 della Costituzione che da 75 anni non è mai stato attuato. In secondo luogo perché questa proposta di legge avvicina quel tipo di mondo del lavoro alla nostra concezione politica del lavoro, ma che ha anche radici in una concezione cristiana e solidale, vicina anche alla dottrina sociale della Chiesa”. In sintesi, ha specificato Foti: “La proposta ha il merito di offrire un modello in cui tra sindacato e tra lavoratore datore di lavoro s’instauri una forma di collaborazione, cooperazione lontana dalla visione arcaica e poco realistica dello scontro tra ‘padrone’ e lavoratore”.
Niente di nuovo – sia chiaro – rispetto al patrimonio culturale della “destra all’italiana”, da sempre impegnata a superare la lotta di classe, ad affermare l’inclusione sociale e nazionale, a valorizzare il ruolo dei corpi intermedi. Ciò che appare rilevante, e va ben sottolineato, è la trasversalità dell’interesse sul tema, uscito finalmente fuori dalle vecchie logiche “di bandiera” per farsi proposta condivisa, forte degli esempi che vengono da altri Paesi e dai mutati contesti socio economici.
Venuta meno la prospettiva rivoluzionaria “di classe”, l’ingresso di rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di amministrazione delle imprese non solo non suscita più timori, ma diventa necessario nella prospettiva della “Rivoluzione 4.0”, che richiede un maggiore coinvolgimento dei dipendenti divenuti collaboratori nella produzione.
In Germania la Mitbestimmung (co-decisione) è applicata peraltro dagli Anni Cinquanta del ‘900 in tutte le imprese con più di duemila dipendenti, ove i consigli di amministrazione (o di vigilanza) comprendono le rappresentanze paritetiche degli azionisti e dei dipendenti.
In Francia , nelle aziende con più di cinquanta dipendenti, sono stati istituiti i comitati d’impresa, che contrattano l’organizzazione del lavoro e negoziano le retribuzioni aziendali (il cosiddetto “secondo livello”). Giappone, Canada e Messico incoraggiano la “redistribuzione dei profitti”.
Gli esempi insomma non mancano. Importante – a questo punto – appare costruire intorno alla proposta partecipativa una strategia inclusiva, capace di aggregare ambienti diversi (politici, sindacali, imprenditoriali, culturali) superando vecchie divisioni ed antistoriche incomprensioni, nella consapevolezza di giocare una battaglia fondamentale in una fase socio-economica “di passaggio”, qual è quella attuale.
Rispetto a questo contesto non è rilevante sapere se le vie d’uscita sono “di destra” o “di sinistra”, quanto se risulteranno essere efficaci e all’altezza dei problemi da risolvere.
L’opzione “partecipativa” in questo ambito può giocare un ruolo fondamentale, partendo certamente da una ricca tradizione culturale e sociale, coniugata però all’interno dei mutati “contesti” socio produttivi. Con la consapevolezza che il futuro è aperto e tutto da giocare, senza antistorici preconcetti.
Category: Costume e società, Cultura, Politica
Ringrazio Mario Bozzi Semtieri per il suo prezioso contributo, che non mancherà di suscitare curiosità e interesse fra i lettori di leccecronaca.it
Personalmente sono rimasto impressionato soprattutto da un particolare, dall’ accenno storico a Gabriele D’Annunzio, il che rafforza la mia vecchia convinzione, che cioè per questo e per tanti altri motivi l’impresa di Fiume fu il Sessantotto con mezzo secolo di anticipo.