PER TRE FOGLIE DI TABACCO: MOSTRA DI ALFREDO CHIRONI A CAPRARICA DI LECCE DAL 25 APRILE
Riceviamo e volentieri pubblichiamo _____
“Ricucire lo strappo con la madre terra, ritrovare la connessione tra polvere e acqua, riscoprire il fango della vita e della luce, schiarire il buio, comprendere il riflesso della terra in noi; gli omaggi alle geografie del proprio vissuto, le storie depositate e stratificate in noi, la polvere sui mobili e le crepe degli intonaci, il ritmo delle stagioni della vita e dei giochi come metafora di sacra relazione delle vicende umane, di amori, di partenze e di ritorni e di fughe. Su questi temi è pensata la mia mostra considerata nelle forme molteplici dello spirito creativo che si impone sull’immaginario contenitore, custode sensoriale di infinite variabilità per contenuti immateriali dell’esistenza umana che il tempo fuggevole stratifica nelle esperienze emozionali di ognuno di noi”.
Con queste parole Alfredo Chironi condensa le emozioni della sua mostra “Per tre foglie di tabacco”. La presentazione avverrà il 19 aprile alle 19.30 presso il Caffè Greco di Caprarica di Lecce, mentre l’inaugurazione sarà il 25 aprile alle 10 presso le Scuderie della Fam. Greco, via Matteotti, Caprarica di Lecce. La mostra sarà aperta fino al 5 maggio, orari 18.30-21.00. Leggendo questo flusso emozionale il lettore e poi il visitatore delle sue opere può sentire lo svolgersi delle pieghe del tempo in cui l’individuo pone la sua nascita e crescita: madre terra, il debutto alla vita, la necessità di separarsi e poi di comprendere la differenza, cosa è accaduto prima di partire e perché il ritorno. Ogni artista usa l’arte per trovare risposte a domande che premono in maniera inconscia nelle diverse forme della creatività, comunicando a tutti gli Altri l’essenza comune dell’esistenza. L’esigenza creativa è desiderio, eros sublimato: di soluzione e risolto, di nessi e reazioni. Il presente e il passato si collocano su una spirale in cui ruotano le relazioni affettive che danno forma all’essere. La creatività è in Chironi esperienza di molteplici sensi, di intelletto e materia.
La mostra nasce – nelle parole dell’artista – nel “mettere giù idee, bozzetti, schizzi, sperimentare con forme, materiali, colori, tecniche. Man mano che andava a formarsi in me il puzzle delle motivazioni, mettevo giù pensieri, schizzi, annotazioni tecniche, bozze di composizioni formali e cromatiche”. Già nella fase di gestazione emerge il legame con il territorio e i suoi più fecondi protagonisti intellettuali: “Ho un rapporto affettivo con Caprarica per motivi personali e famigliari, nel 1989 ho esposto qui i miei primi lavori dopo il rientro da Novara nel 1988 e in quella occasione ho conosciuto Antonio Verri”.
La mente subito riconosce il felice sodalizio tra espressioni culturali: le parole, la pittura o la scultura, ognuna delle sette muse, sono rappresentazioni dell’anima umana, della sua Odissea, del suo mito personale e collettivo, della sua narrazione. È per questo che l’arte ci colpisce, ci infiamma, ci commuove, perché parla di noi e a ciascuno di noi.
Il pittore narra, in questa personale, del legame con il suo territorio, di un mondo che vuole restituire alla modernità, alla memoria storica, per un senso di giustizia e riconoscimento: la bellezza delle tradizioni, dei mestieri faticosi, duri del passato, come quello delle tabacchine salentine, testimoni di un’epoca di cui si è figli: “La tematica trae spunto dal desiderio di far emergere uno speciale rapporto affettivo con la comunità di Caprarica che per vicende personali rimane fortemente agganciata al mio vissuto”.
Un’altra questione che affiora è la continua, ansiosa e inquieta sperimentazione che assolve dal rischio di rimanere legato al passato per seguire l’impulso vitale del nuovo se stesso, privo di reti e di lacci, di una vita fuori dalla righe grigie della routine, come una fuga: “La ricerca di soluzioni tecniche, stilistiche e formali, stilemi, pescando sopratutto nell’inconscio dove si sedimentano le emozioni e le esperienze visive. E se aggiungo a questa necessità interiore di restare ammirato dalla bellezza dell’arte l’impellenza di rincorrerla in maniera quasi ansiosa, ecco che fa chiarezza il bisogno di evadere, di sconfinare dal quotidiano, di conoscere più fondo le dinamiche sensoriali visive. Ed ecco per cui la “Fuga” inizia a diventare organismo biologico con cui convivo da quando ho iniziato ad essere consapevole di cosa cercassi. Il periodo delle “Fughe” e dei “Progetti per fuga” (dal 1988) in realtà vede il suo embrione nel periodo novarese dove “l’orizzontalità” dei lavori di quel periodo era il desiderio, e anche il tentativo, di coinvolgere il tutto per trascinarlo oltre i confini della tela o della carta”.
Sull’idea di fuga l’autore sente il bisogno di approfondire il concetto: “Le “Fughe” sono un importante periodo creativo per me perché i lavori sono ricchi di energia pura data dalla necessità di dominare lo spazio con i colori e con l’azione pittorica. Nascono sotto questo impulso alcuni dei lavori più importanti per me, le “Grandi Fughe”, 5 “Progetti per fuga” e una serie di piccoli lavori intrisi di azione impulsiva su carta dove l’alternarsi tra controllo e azione istintiva diventa seriale come a voler ingigantire in un unico lavoro di ampio respiro i molteplici piccoli riquadri”.
Nelle opere di Alfredo Chironi si ritrova l’evoluzione che condividiamo con i nostri antenati preistorici: l’istinto di attacco o fuga, il salto qualitativo dell’intelligenza nella specie Homo Sapiens. Circa sette milioni di anni fa i nostri progenitori assunsero la posizione eretta e con le mani libere poterono manipolare il mondo, fino alla riorganizzazione degli strati del cervello e alla comparsa del linguaggio. Il primo atto di parola è stato preceduto dalle pitture rupestri che tanto hanno appassionato Chironi: “Prima delle “Fughe” sono stato assorbito dall’idea dei graffi, dei segni primordiali, ancestrali, tracce rupestri della memoria e del tempo incisi sulla materia. Questi lavori saranno predominanti proprio nella mostra del 1989 a Caprarica e di cui si innamorò anche Antonio Verri conosciuto in quella occasione. Di tanto in tanto ritorna negli anni successivi sia nella forma gestaltica/intuitiva che nell’azione gestuale nel processo creativo che caratterizza i lavori futuri. Ho anche realizzato un piccolo scritto”.
Con Alfredo Chironi ci immergiamo in un mondo originario, negli slanci di cui è fatta la vita e la materia di ciascuno di noi. Qualcuno disse che è la stessa materia di cui sono fatti i sogni.
Articolo e comunicazione giornalistica di Michela Maffei
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Alfredo Chironi nasce a Martignano (Lecce) nel 1960, è sposato e ha due figli. Frequenta l’Istituto Statale d’Arte G. Pellegrino di Lecce e inizia la carriera militare, diventando Maresciallo dell’Aeronautica Militare. Dal 1981 al 1988 è a Novara, inserendosi negli ambienti artistico- culturali, esponendo in diverse collettive e allestendo la prima personale presso il Centro Artistico Culturale “La Canonica” di Novara. Nel 1988 rientra nel paese natio, proseguendo la ricerca artistica, esponendo in diverse collettive nella provincia di Lecce. Segue esigenze formali e tecniche come l’uso di oggetti di varia natura disposti in composizioni astratte e continuamente variate verniciandone le sagome con vernice spray e gocciolature, come a testimoniare impronte del tempo sul piano spaziale; lavori con tempere e colla di compenetrazioni cromatiche astratte o con figure piane, prive di profondità in una specie d mimesi cromatica (circa 30 lavori); lavori su tematiche sociali e ambientali come il rischio di difformazione genetica del corpo umano a causa della sconsiderata assunzione di elementi chimici artificiali (una serie di disegni con inchiostri colorati a cui si affiancano altri lavori sul tema della metamorfosi); il tema “concettuale” con riferimenti alle tematiche dei grandi artisti dell’Arte Povera e in particolare a Joseph Beuys; centinaia di lavori su tela, su carte, su carte da parati, stoffe con tecniche ad acquerello, acrilici, olio, tecniche miste, collage.