COME ERAVAMO / ‘GOLFI’ E ‘COSTUMI’
di Raffaele Polo ______
C’era, poi, l’appuntamento con il sarto e quello con la magliaia. La nostra aspirazione sarebbe stata quella di acquistare personalmente i vestiti da un negozio di abbigliamento, da Aresta, da Marasco, dove si respirava l’aria e la soddisfatta vanità di modernità e indipendenza… macché, fino ai 18 anni almeno, per la stragrande maggioranza di noi giovani non particolarmente abbienti, confusi in quella larghissima maggioranza di ‘ceto medio’ ma con retaggio alla ‘economia’ e al ‘risparmio’ che ha sempre caratterizzato il popolo salentino, la costumanza era di convocare il sarto a casa ‘per le misure’ e di utilizzare l’abbigliamento smesso di fratelli maggiori o del capo famiglia.
Anche per le calzature, erano ambitissime le scarpe di papà, magari con lo ‘scrocchio’ che non andava via nonostante centrassimo tutte le pozzanghere…
Prima del sarto, c’era la battaglia del tessuto. Ovvero, accompagnati dalla mamma, che avrebbe gestito la bisogna, andavamo ‘Alla Bomba Atomica’ ad acquistare la stoffa per il vestito (con due pantaloni, naturalmente) per conciliare qualità, prezzo ed estetica… Dopo lunghe discussioni tra la mamma e l’anziano commesso, succedeva lo stesso per la contrattazione del prezzo con la titolare del negozio e, infine, col pesante pacco del futuro ‘costume’, tornavamo a casa. Passavamo davanti ai negozi di abbigliamento del centro, che esibivano i manichini con vestiti perfetti e, soprattutto, i cappotti all’ultima moda, corti e col colletto ‘alla Napoleone’. La mamma fingeva indifferenza, ma mi concedeva, per il futuro vestito da far confezionare al sarto, gli spacchi dietro la giacca e i pantaloni senza ‘piences’ che non sapevo neppure cosa fossero.
Dalla magliaia, poi, perdevamo completamente la nostra speranza di essere ‘a la page’ con i compagni di classe e ‘alla moda’ con le ragazze che ci piacevano. I golfi (si chiamavano così, apprendemmo poi con sorpresa che la denominazione esatta era ‘golf’ oppure farsetto, o anche cardigan, insomma tutto, fuorché ‘golfo’) che ci confezionava la magliaia erano ‘con le trecce’ e sempre di colori smorti: senape, grigio, azzurro sbiadito. E quelli alla ‘dolce vita’ a righe orizzontali. L’unica variante poteva essere la ‘pistagna alta’, altra locuzione che non capivo cosa fosse…
Il sarto veniva a prendere le misure e la raccomandazione era che il vestito fosse ‘a crescenza’, ovvero più largo e lungo, dovendo io ancora crescere (secondo gli intendimenti dei familiari più anziani) e comunque in aperto contrasto con ‘la moda’ che voleva invece aderenze e misure perfette. No, un vestito aderente non lo abbiamo mai indossato…
Quando, dopo un lasso notevole di tempo (i sarti erano sempre oberati di lavoro…) arrivava il momento di inaugurare il vestito appena consegnato, c’era anche il golfo appena arrivato, lo avevamo voluto a righe bianche e blu, alla dolce vita, la giacca e i pantaloni ‘a crescenza’ ci facevano goffi e sicuramente ‘fuori moda’.
‘Stai benissimo’ diceva soddisfatta mia madre. E noi sudavamo con quel tessuto pesante, il golfo e l’idea che avremmo subito le maliziose prese in giro dei coetanei, per quel nostro ‘costume’ nuovo….
Category: Costume e società, Cultura
L’abito sartoriale era di gran lunga preferito e ricercato perché quello del sarto/a era un mestiere diffuso e redditizio in quanto vantava una clientela numerosa per la quale si realizzavano capi di qualità e su misura. Ricordo in quegli anni la Bomba Atomica dove si potevano trovare scampoli o tessuti a prezzi vantaggiosi, ma Scagliarini e Carofiglio erano quelli prediletti dalla mamma che acquistava tessuti di buona fattura per la confezione di abiti semplici o eleganti, a seconda delle occasioni.Poi si andava dalla sarta, fornita di riviste per la moda dove si sceglievano i modelli consigliati per la propria figura dall’esperta artigiana che prendeva le misure necessarie per realizzare il capo desiderato e finalmente indossato, a volte, dopo lunghi tempi di attesa così che spesso si optava per l’abito già pronto in negozio che se indossava bene e piaceva, era la soluzione migliore.E quei negozi, ormai rimasti nella memoria di chi ha vissuto quegli anni, erano l’immagine dell’eleganza indiscussa nella Lecce di allora! La magliaia era un’altra mestierante con i suoi gomitoli di lana dai vari colori che si sceglievano per la lavorazione di golfini caldi e confortevoli per l’inverno. Una moda espressione di un momento storico in cambiamento ma pur sempre con una sua identità…