COME ERAVAMO / BUSSANDO ALLE PORTE DEL PARADISO
di Raffaele Polo ______
Sul sesso, in tutta sincerità, non ne sapevamo nulla. Cercavamo di informarci in tutti i modi, ma le fonti cui attingere risposte valide alle nostre domande, non c’erano o erano abilmente celate. Né era immaginabile chiedere ai genitori (che erano ancor più impreparati di noi…) o ai compagni, sempre pronti a irridere e prendere in giro. Bisognava, anzi, mantenere una costante aria di superiorità, fingendo di sapere tutto e, anzi, di essere annoiati per la pressante richiesta di informazioni e testimonianze…
Così, finiva che ci creavamo un’aura di rispetto, che corroboravamo con la nostra ricerca ‘sul terreno’, ovvero nei quartieri più centrali della città, dove tradizione e lontane testimonianze certificavano che agissero le ‘signore’ dai facili costumi che, con una modica spesa, ti aprivano le porte del Paradiso.
I luoghi, sempre quelli: la chiesa greca, le giravolte. E noi, appena possibile, ci aggiravamo nei vicoli delle ‘Scalze’ o di ‘Sant’Antonio de intru’, senza tralasciare via Quinto Ennio dove iniziavano le ‘Giravolte’ e dove si notavano andirivieni sospetti, molto interessanti per noi ragazzi…
Io avevo un chiaro punto di riferimento: era una porticina a vetri all’inizio di via Carlo Russi, una lunga via del centro storico che partiva da via Cairoli e raggiungeva Porta Napoli, passando davanti al deposito di ‘Sparafucile’, con i suoi vistosi muri rossi.
Passavo veloce davanti alla porta che aveva i vetri e le imposte socchiuse, si intravedeva, all’interno, una piccola stanza, una poltroncina di plastica e la luce della TV accesa. Sulla poltrona si poteva intravedere una figura femminile, chiaramente in attesa. Passavo e ripassavo davanti a quell’idea del piacere proibito, ma non sono mai riuscito ad avvicinarmi, né a scoprire le fattezze della donna seduta sulla poltrona, che immaginavo di procace bellezza…
Erano così, le nostre avventure. L’indomani, a scuola, ci vantavamo di incredibili successi, non fosse altro che per rintuzzare le vanterie dei compagni sempre più agguerriti: di uno ricordo che conservava nella cartella un paio di mutandine femminili e mostrava con orgoglio il numero telefonico di ‘una di quelle’, che diceva di frequentare abitualmente…
La verità era che le nostre coetanee non ci calcolavano neanche un po’, del resto che cosa potevano offrire quei ragazzoni con i peli sulle gambe, un’acne ben diffusa e molti ancora in pantaloni corti?
Ci innamoravamo soprattutto delle professoresse, sono state loro i nostri lunghi sogni erotici. Ma poi tornavamo ad esibire con nonchalance la nostra faccia di giovani già maturi, ricchi di esperienze, sprezzanti delle ragazze e delle donne in genere, che affermavamo con sicumera: ‘fanno solo perdere tempo’.
Poi, mi ritrovavo a passare da via Carlo Russi, nella speranza che l’imposta fosse aperta, per poter buttare uno sguardo verso quel misterioso sogno proibito…
Category: Costume e società, Cultura