IMMIGRATO MORTO SOTTO IL SOLE COCENTE / SENTENZA

| 24 Novembre 2022 | 1 Comment

(e.l.) ______ E’ arrivato a sentenza in primo grado il processo a carico di Giuseppe Mariano, 82 anni, di Porto Cesareo, imprenditore agricolo e di Mohamed Elsalih, 42 anni, originario del Sudan, ritenuto mediatore di braccianti stagionali nel lavoro nei campi.

Le accuse nei loro confronti sono di riduzione in schiavitù e omicidio colposo.

La Corte di Assise di Lecce, presieduta da Pietro Baffa, li ha riconoscoiuti colpevoli e li ha condannati a quattordici anni e sei mesi, per la morte di Mohammed Abdullah, il bracciante sudanese di 47 anni avvenuta per un malore nel primo pomeriggio del 20 luglio 2015 nelle campagne tra Nardò e Avetrana con la temperatura a 40 gradi. 

Il pm aveva chiesto per i due undici anni e sei mesi.

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LA RICERCA nel nostro articolo del 20 luglio 2015

COSTRETTO A LAVORARE SOTTO IL SOLE COCENTE DEL PRIMO POMERIGGIO, CON QUARANTA GRADI, UN IMMIGRATO EXTRACOMUNITARIO SI SENTE MALE, E QUANDO ARRIVA L’ AMBULANZA E’ GIA’ MORTO. CI SONO MOLTE CIRCOSTANZE DA CHIARIRE SU QUANTO AVVENUTO OGGI NELLE CAMPAGNE DI SANT’ ISIDORO. E’ NECESSARIO FARLO, PER UN MINIMO DI DIGNITA’, SE ANCORA NE ABBIAMO

Category: Cronaca

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  1. Cgil Lecce - tramite mail ha detto:

    La Cgil Lecce e la Flai Cgil Lecce si costituirono all’epoca parti civili nel processo, affidando la propria tutela legale all’avvocato Viola Messa.

    “La sentenza della Corte d’Assise, riconoscendo le responsabilità di impresa e intermediario, fa giustizia fotografa il contesto di sfruttamento e di condizioni di lavoro insicure nel quale il tragico evento si è consumata una morte sul lavoro”,
    commentano le segretarie generali Valentina Fragassi (Cgil Lecce) e Monica Accogli (Flai Cgil Lecce).

    “Di certo non possiamo dirci soddisfatte o felici: niente e nessuno riporterà in vita Mohamed Abdullah e i segni di quella tragedia resteranno comunque incisi nella storia del lavoro bracciantile di questo territorio. La nostra battaglia per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori non si ferma davanti a questa sentenza, ma continua quotidianamente nei campi, nelle aziende, nelle Camere del Lavoro e nelle sedi istituzionali.

    Dal 2015 ad oggi molto è stato fatto sul piano dell’accoglienza e sono intervenute anche alcune ordinanze regionali e comunali per evitare il lavoro nelle ore più calde. Ma ciò non basta a risolvere la piaga delle morti sul lavoro.
    La svolta arriverà solo quando si raggiungerà la piena consapevolezza che lo sfruttamento nei campi, le condizioni disumane di lavoro e l’assenza di misure di sicurezza e prevenzione sono le principali cause di morte dei braccianti agricoli.
    Richiediamo da anni una vera integrazione dei lavoratori stagionali, a partire dalla dignità del lavoro, dal rispetto del contratto collettivo nazionale e da una reale accoglienza di questi lavoratori che, pur lavorando per alcuni mesi all’anno in questo territorio, sono relegati ai margini dei centri urbani”.

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