COME ERAVAMO / PENNINI E FOGLI PROTOCOLLO
di Raffaele Polo ______
Sì, i pennini li ricordiamo perfettamente: i nostri preferiti erano quelli a forma di mano, con l’indice che si assottigliava per scrivere con l’inchiostro. E poi c’erano quelli che sembravano la torre Eiffel, serbo ancora, nel palmo della mano destra, una cicatrice causata dal nostro duellare con le asticciole, il pennino rivolto verso l’interno, per non ferire il compagno…
E, con i pennini, c’era il nettapenne, di forme diverse, E la boccettina d’inchiostro, nero o azzurro, non siamo mai riusciti ad avere quello rosso, ma chi l’avrebbe usato più l’inchiostro rosso, adesso il mondo era stato conquistato dalle penne Biro, conservavamo con cura la penna stilografica ‘Montegrappa’ grigia e nera, (mio padre aveva una ‘Montblanc’ ma non me la faceva usare) da usare nelle grandi occasioni, era a stantuffo, fu soppiantata dalle stilografiche con le cartucce.
Poi, anche qui, una penna biro soppiantò la schiera di pennini, stantuffi, nettapenne e soprattutto quei calamai inseriti nel banco che il bidello non faceva in tempo a riempire d’inchiostro che già erano colmati di pezzi di carta assorbente e porcherie di ogni tipo, che tiravamo su con il pennino e macchiavano le pagine bianche. Inutilmente adoperavamo la ‘gomma per inchiostro’, era peggio, si finiva per bucare la carta del quaderno e quanti rimproveri dovevamo subire per la nostra negligenza…
Piuttosto, matite, pastelli e colori erano un meraviglioso regno che ci entusiasmava soprattutto quando andavamo in una cartoleria e acquistavamo una piccola scatola di pastelli ‘FILA’ (scoprimmo che FILA era un acronimo per Fabbrica Italiana Lapis e Affini) che avevano scritto, sul corpo color legno, la specifica del colore: Bianco zinco, azzurro cobalto, giallo limone, verde marcio e via dicendo.
Nella confezioni da sei pastelli, c’era la figurina delle maschere, un segnalibro con l’effige di Colombina, Pulcinella, il Dottor Balanzone, Gianduia… Era una sorpresa graditissima scoprire maschere mai sentite nominare (Peppe Nappa e Giangurgolo, ad esempio) ma la speranza era quella di riuscire a conquistare Arlecchino, segnalibro ambitissimo ma, naturalmente, raro e praticamente introvabile.
Poi, ci fu il momento delle penne biro a più colori, stavamo ore a provare i ‘clic’ che facevano spuntare le testine rosse, nere o blu, finché il meccanismo non si inceppava.
Il giorno del compito in classe, compravamo la mattina i due fogli protocollo a righe (10 lire) e, magari, la penna biro comunissima, da 50 lire. Più avanti, fattici scaltri, acquistavamo dall’Upim le risme di fogli protocollo e la scatola di penne biro, a prezzi contenuti. Ma la cosa non ci procurava nessuna soddisfazione, erano più belli, più funzionali i fogli protocollo acquistati dalla cartoleria Miccoli, di fronte alla scuola, c’era la signora che ce li dava con un sorriso, acquistavamo anche la penna, nuova nuova, ci auguravamo di avere, grazie a lei, un ottimo voto.
Addio pennini, addio inchiostro, il progresso avanzava anche nel nostro angusto mondo di scolari…
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Il pennino con l’inchiostro nel calamaio mi ricorda gli anni xella scuola elementare, quando riempivamo sotto dettatura, intere pagine di quaderno per l’esercizio di bella scrittura… Poi arrivarono le penne stilografiche che si regalavano anche per la Prima Comunione o la Cresima, facendo una bella figura… Anch’io ne ho avuta più di qualcuna, erano davvero belle, eleganti… Poi arrivarono le penne biro, meno complicate, di massa, che costavano pocoe quelle a più colori (rosso, blu e nero) che si rompevano a furia di manovrare quel meccanismo a scatto… E che dire dei candidi fogli protocollo per il compito in classe che era sempre un’incognita, quasi un evento importante, celebrativo, che ansia…!