COME ERAVAMO / GRAFFITI DI BOLLICINE

| 31 Ottobre 2022 | 1 Comment

di Raffaele Polo ______ 

Specifichiamo subito che noi amavamo e compravamo la ‘gazzosa’. Ci ripugnava il termine ‘gassosa’, lo consideravamo un modo di raddrizzare il termine vero, locale, genuino del prodotto. Un po’ come la birra che ci ostinavamo a chiamare ‘peroncino’ oppure ‘drecher’ che era la dizione con cui veniva richiesta nelle ‘putee’.  Perchè, tanto tempo fa, i bar erano trascurati, a vantaggio delle ‘putee’ ovvero della mescite di vino popolari e fornite, fornitissime di gazzose, peroncini, aranciate e, naturalmente, ghiaccio.

Mi mandavano a comprare 10 lire di ghiaccio, tornavo con il prezioso refrigerante che veniva subito inserito nella ‘ghiacciaia’, mobile in legno foderato di zinco, che sarebbe stato presto sostituito dai primi, monumentali frigoriferi. La gazzosa costava 20 lire, e ci impegnavamo a riportare la bottiglia oppure la consumavamo lì, sul bancone. La bottiglia, lunga e stretta, aveva il tappo a pressione, la rondella di gomma fermata dalla incasellatura di ferro e che veniva applicata anche alle bottiglie da litro che ci servivano per ‘fare’ l’acqua frizzante: con due tipi di polverine ( acqua Idriz o Idrolitina) oppure con una sola bustina (si chiamava Frizzina) e bisognava essere veloci a tappare la bottiglia, sennò addio benefici del ‘frizzante’. Per un certo periodo, le bottiglie di gazzosa ebbero una pallina all’interno: era ricercatissima, quella biglia. Ma bisognava rompere la bottiglia per conquistarla….

Poi c’era l’aranciata San Pellegrino, nella sua bottiglia caratteristica con il vetro rugoso ad imitare l’arancia. Famose e ricercate anche la Lemonsoda e la cedrata Tassoni; a casa, si realizzava il tamarindo che, spesso, veniva mescolato all’orzata. Lo si faceva comprando le bustine da Mele, in viale Lo Re, dove venivano acquistate anche ‘le essenze’ per fare i liquori a casa. Nomi strani, stranissimi, ma che ci piaceva pronunciare: Doppio Kummel, Curacao, Maraschino, Crema Cacao, Alkermes…

Il vino era rigorosamente acquistato dall’osteria, un litro alla volta. Oppure si andava a Monteroni, a Carmiano da produttori conoscenti e si riempivano le damigiane oppure le taniche che venivano poi travasate nei fiaschi, proprio quelli con la paglia attorno, ricercatissimi e sempre presenti nelle dispense dei tempi andati. 

C’era, poi, l’usanza di ordinare le bevande dal grossista. Che le inviava tramite un dipendente che recapitava la cassetta con le bottiglie a casa, in cambio dei vuoti a rendere, contati accuratamente e sempre motivo di discussione. L’acqua minerale più commercializzata era la ‘Claudia’, poi  sostituita da altre marche, compresa la ‘Cutolo’ che divenne famosa perchè era ‘l’acqua di Padre Pio’. In tempi più recenti ci fu il boom delle acque locali, ovvero Eureka e Paravita…

Infine, irruppe la Coca Cola, che cancellò, di colpo, tutta la concorrenza.

Per noi ragazzi, resistette il Chinotto per la sua indubbia capacità di far digerire rumorosamente. Indispensabile per le frequenti  esibizioni in gare di bassissima lega, a base di rumori prodotti con la bocca…

Category: Costume e società, Cultura

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Comments (1)

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  1. Giuliana Silvestri ha detto:

    Dico solo che le bevande all’arancia erano fatte in casa dalla mamma con lo spremiagrumi, a tavola bevevo solo acqua ma non mancava la bottiglia di vino apprezzata dai miei genitori. Poi in casa c’era anche una quantità di bottiglie di liquore riservate agli ospiti che venivano a trovarci la domenica… Questa non predilezione per le bevande alcoliche e non, me la porto da allora senza farci caso, soppiantata da ben altre priorità!

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