IL REPORTAGE / VIAGGIO AL TERMINE DELLA SERA
di Giuseppe Puppo ______ Le polemiche sulla sicurezza, sul degrado, sulla microcriminalità a Lecce ritornano periodicamente, fra accuse politiche in consiglio comunale, vertici istituzionali e post sui social.
Le ultime, negli ultimi giorni, incentrate sulla situazione in luoghi specifici: villa comunale, monumento ai Caduti, stazione.
Ieri sera sono andato a controllare di persona, un lungo giro di quattro ore a piedi, per verificare cosa succede in città. Ecco tutto quello che ho visto.
Muovo dal mio quartiere di Santa Rosa quando è già buio. Mi sono vestito a tema, sacrificando nell’occasione il mio abituale completo giacca e cravatta: per non dare nell’occhio, scarpe da tennis, jeans sbiaditi, maglietta in modalità nei peggiori bar di Caracas, maglia di lana a supporto.
Il dilemma se metterlo, o tenerlo in mano, il maglione, mi ha accompagnato per tutto il viaggio, irrisolto. Senza, ti si appiccica l’umidità addosso e senti freddo, con, fa caldo e sudi.
Il cielo è stranissimo, tutto bianco, l’aria indefinibile, fa caldo o freddo a seconda della percezione individuale, in giro si nota la città internazionale tipica degli aeroporti, dove, quanto all’abbiagliamento, indipendntemente dalla stagione, si va dalla t – shirt smanicata, a camicia, maglia, maglione e giubbotto imbottito uno sull’altro, esattamente quello che ho visto ‘stasera ora in un modo, ora nell’altro, andando in giro.
La villa comunale è buia e pressoché deserta, in un doppio giro del perimetro ho contato una ventina di presenti in tutto. Nell’area giochi, due giovani genitori con i loro due figli, e basta, due coppiette di giovanissimi che si parlano tramite telefonino, gli uni, che mangiano un panino e bevono una bibita gli altri, tre anziani che non sanno più che dire fra di loro e la panchina. Abitazione del custode chiusa e sprangata, loschi figuri zero, persone equivoche zero, tutto tranquillo, anche troppo. L’aria profumata qui si posa su uno sconfortante madonna che silenzio c’è stasera.
Una botta di vita, al semaforo pedonale su via Cavallotti di via Trinchese, decine di persone da piazza Sant’ Oronzo e da piazza Mazzini, scie di profumo di ragazze sbarazzine apparentemente assorte, e signore eleganti che se la tirano.
I senza dimora accampati sotto ai portici dei palazzi eleganti, appena prima, non ci sono più, il monumento ai Caduti appare illuminato e ripulito dentro e fuori, ingresso a posto, comunque seminascosto dalla grossa recinzione dei lavori in corso nel mezzo. Non c’è un’anima viva neppure nelle vicinanze, bisogna guardare verso Porta San Biagio per vedere gente. Un’auto della Polizia Locale ferma, parcheggiata strategicamente con doppia visuale, da un lato e dall’altro, controlla il nulla.
Ordinata e poco frequentata pure via Duca degli Abruzzi, da fuori i negozi multietnici paiono sistmati e decenti, pure davanti all’ex Convitto Palmieri non c’è nessuno.
Il lungo vialone che porta alla stazione è vuoto, inedito per la tranquillità, poche auto, ancor meno passanti. Situazione identica nel gomitolo di strade e stradine avvolte nell’oscurità che ne segnano il percorso. Soltanto al mio secondo passaggio di ritorno un’ora dopo, su viale Oronzo Quarta, vedo seduti su una scalinata, un gruppo di giovani extracomunitari. Ridono, parlano ad alta voce, ma non fanno casino. Fumano, questo sì, l’odore della marijuana è marcato. Uno vedendomi ripassare tenta un approccio improbabile proprio con me – Ehi, amico – mi dice sorridendomi – io gli faccio ciao con la mano e tiro dritto.
Loschi figuri, zero. Prostitute neanche una, niente di niente.
Così vado a cercarle nel quadrilatero intorno a piazzale Ruadiae, interstardito e meravigliato, giacchè ci sono mi faccio pure via Massaglia, via Monteroni, via vecchia Carmiano, fino a viale Grassi, niente. Non ho visto una prostututa che sia una.
Un’anziana in bici è caduta poco dopo il sottopassaggio, ma si rialza da sola e prosegue come se niente fosse. Nei supermercati ancora aperti nonostante l’ora serale avanzata, si esauriscono le ultime liste della spesa. Le auto transitano veloci, indifferenti a tutto quanto.
Per il ritorno prendo il viale dell’Università, fra poco saranno le ventudue, ma il tabaccaio è ancora aperto, pure il supermercato di fronte a Porta Rudiae, frequentato. Locande, rostccerie pizzerie e ristoranti aspettano i clienti, ma non è sera da movida, e di movimento ce n’è poco. Gli unici locali affollati sono quelli all’angolo di viale Taranto, davanti all’università.
Avevo percorso pure via Sozy Carafa e via Dalmazio Birago a San Pio, senza notare niente di che, solo buio, silenzio e rari passanti.
Incontro la prima e unica pattuglia della Polizia di Stato della serata poco prima della rotorda della superstrada di Brindisi, davanti alle Mura Urbiche, ad un posto di blocco con controlli a campione chiaramente di routine.
Tornando a casa, ripenso al quartiere San Salvario di Torino che io ebbi modo di conoscere e di descrivere per primo, di una realtà squallida e pericolosa, tale che io non credevo ai miei occhi e tale che il mio capo di allora al giornale mi accusava di aver esagerato, mentre invece caso mai avevo omesso, ripenso alla stazione Centrale di Milano da dove passavo sempre per lavoro nello sconforto più totale, ripenso alle vie dietro a Roma Termini da dove qualche volta son passato col cuore in gola, e ‘stasera mi sembra di aver fatto un giro in un avamposto di monotono paradiso.
Category: Costume e società, Cronaca