COME ERAVAMO / E LA CANTINA BUIA DOVE NOI
di Raffaele Polo ______
E le cantine?
Chi non ricorda l’emozione di quando ci spostavamo verso San Lazzaro, cercando avidamente dove emergesse, dal sotterraneo, musica e luce soffusa. Era un periodo nel quale ogni gruppo di giovani ambiva ad avere uno spazio proprio, da poter frequentare soprattutto il sabato, la domenica e poi, piano piano, tutti i giorni. E allora si scoprivano le ‘cantine’ inutilizzate dei vecchi palazzi leccesi, che avevano i finestroni sulla strada e che, abilmente camuffate con tela di sacco alle pareti, potevano diventare l’ideale per chi utilizzava quegli spazi per ascoltare musica, ballare e gestire una piccola comunità giovanile con le sue storie e i suoi innamoramenti… Perchè, diciamolo subito, l’obiettivo finale e più pressante era disporre di un luogo tranquillo nel quale potersi rifugiare con la ragazza per le necessarie effusioni, lontani dai genitori; e poi per poter ballare in tranquillità, e senza alcun impedimento.
Le ‘cantine’ diventavano così ‘riservate’ ai gruppi fondatori, si accedeva solo per invito o conoscenza, in seguito fu necessario anche un piccolo obolo e, comunque, le ragazze non pagavano mai.
La zona delle ‘cantine’, a Lecce, era soprattutto via Orsini del Balzo, dove erano praticamente una affianco all’altra, in una sorta di concorrenza nell’arredamento interno e nella programmazione musicale. Ma anche sul Corso e in via Federico D’Aragona le cantine erano presenti. Le serate venivano pubblicizzate a voce, bastava comunque passare dai luoghi più conosciuti, per conoscere disponibilità e possibilità di ‘infilarsi’.
In realtà, la difficoltà esisteva per i ragazzi ‘single’, ovvero la maggior parte di noi. Sempre in cerca di un’anima gemella, ci scontravamo con la presenza principale dei frequentatori delle ‘cantine’ che erano soprattutto le coppie già formate ed affiatate, in cerca di intimità.
Se, poi, si riusciva ad accedere alla sospirata cantina, il problema era sempre quello: là sotto, c’erano pochissime ragazze sole e la concorrenza era massiccia. Non restava che farsi vicini allo stereo e fingersi interessati ai dischi presenti, magari offrendosi di programmarli secondo la disponibilità… E, naturalmente, la nube di fumo delle sigarette degli occupanti, si faceva sempre più imponente: dalla strada, l’effluvio dei mozziconi segnalava la presenza degli abitanti del sottosuolo.
I sacchi di iuta con cui si coprivano le pareti divennero ben presto un elemento caratterizzante della varie cantine: e c’era chi riusciva a procurarsi quelli originali del caffè e dei legumi, dando un tocco di originalità al locale sempre poco illuminato ma certamente accogliente. In alternativa ai sacchi, gli speciali contenitori delle uova…
Poi, così come nacquero, le cantine scomparvero: le più importanti (io ricordo il ‘Grunt’) divennero vere e proprie discoteche, ma il fenomeno, a Lecce e nel Salento, è rimasto nel cuore e nella memoria dei teenagers degli anni Sessanta-Settanta.
Ancora adesso, quando, al mercato, vediamo i grossi sacchi che contengono i fagioli messicani, pensiamo subito che sarebbero ottimi per le pareti della cantina, Ma ci rendiamo conto che è rimasto solo il ricordo di una giovinezza che non c’è più…
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Di una giovinezza che non c’è più…
…Io pure ricordo il Grunt, che in occasione degli scioperi studenteschi quelle mattine organizzava i matinée…in pieni anni Settanta, il personale in luogo del politico…A nome di tanti lettori di leccecronaca.it, grazie Raffaele, per far trepidare ancora con queste tue rievocazioni di ‘come eravamo’ versione leccese i nostri cuori, magari adesso un po’ malandati, ma non ancora inariditi… e se sono ‘di una giovinezza che non c’è più’, chi se ne frega, andiamo avanti
La “cantina” in quegli anni era di moda, un luogo poco illuminato, umido, dove i muri erano ricoperti di sacchi di iuta, si ascoltava la musica e le coppiette si appartavano per avere un po’ di intimità, ma soprattutto le nuvole delle sigarette rendevano quel luogo poco accogliente e perciò non la frequentavo…La “cantina” non ebbe lunga vita e forse non lasciò neppure un piccolo ricordo nella memoria collettiva!