COME ERAVAMO / L’AMORE CON I GETTONI DEL TELEFONO
di Raffaele Polo ______
Per fare una telefonata, una telefonata ad una ragazza che mi piaceva, c’erano varie possibilità. Anzitutto il telefono a gettoni, con un gettone dal costo di 50 lire, si poteva parlare quanto si voleva, la telefonata urbana poteva durare ore, nessun congegno che ti indicasse di inserire altri gettoni. E anche i telefoni erano particolari, avevano la fessura per introdurre il gettone in alto. Poi componevi il numero (Lecce allora aveva prima quattro e poi cinque numeri) e, quando sentivi, dall’altra parte, la voce che rispondeva, se decidevi di parlare, premevi il pulsante accanto al gettone, che cadeva all’interno dell’apparecchio, stabilendo il contatto. C’erano due possibilità per le telefonate: o il ‘Bar della Borsa’ in Piazza Sant’Oronzo oppure ‘i telefoni’ in via Palmieri, in una stanza c’erano numerose cabine per le chiamate interurbane, ma una cabina era riservata alle chiamate urbane.
Poi, c’erano i telefoni col gettone disseminati un po’ dappertutto: nei bar, nei negozi, in zone riparate sotto i portici… Insomma, si poteva, a secondo del tenore della telefonata, scegliere un posto più tranquillo o un telefono dove nessuno venisse a sollecitare il termine della telefonata. Poi, c’erano i vicini di casa, che avevano il telefono, noi non lo abbiamo installato che molto tardi. ‘A che ci serve?’ diceva mio padre. Ma io e mia madre insistevamo che il telefono era necessario. ‘E’ una spesa inutile!’, tuonava mio padre che il telefono ce l’aveva in ufficio e, a casa, proprio non gli serviva…
Dai vicini, però, era sconsigliato effettuare telefonate ‘intime’: c’era sempre qualcuno pronto a orecchiare, dietro la porta, e la cosa ci metteva in apprensione…
Ma il telefono, per noi adolescenti pieni di fantasia, era anche il mezzo per scherzare e realizzare innocenti burle ai malcapitati che sceglievamo con cura: il più comune era quello, velocissimo, di chiedere: ‘Pronto, casa Vacca?’ e, alla risposta negativa, controbattere con ‘Mi scusi, ho sbagliato stalla!’ Poi, c’era la telefonata che si faceva spacciandosi per l’Acquedotto Pugliese e chiedendo se c’era una regolare erogazione dell’acqua in casa del destinatario della telefonata. Quando il malcapitato o, più spesso la malcapitata, rispondeva affermativamente, le risposte erano ‘Allora, si faccia il bidè’ o similari, ingenue burlette.
Ma se la telefonata era ad una ragazza che sapevamo essere carina ma di cui non conoscevamo nulla, se non il numero di telefono, trovato sull’elenco col cognome del genitore, allora dovevamo dare fondo a tutta la nostra furbizia.
‘Ciao, come stai?’ cominciavamo.
‘Chi sei, chi parla?’ ci rispondeva la ragazza, incuriosita da subito.
‘Ma come, non mi stai conoscendo? Possibile?’ esclamavamo, con tono convincente.
‘No, senta, mi dica chi è altrimenti chiudo’ faceva lei con tono seccato.
‘Ma no, dai, ci mancherebbe, una ragazza sensibile e carina come te, non farebbe mai una cosa del genere. Lo sai che ti ho vista ieri, eri proprio elegante…’ cominciavamo a tessere la nostra tela.
‘Si? Perchè, come ero vestita?’ faceva la voce furbetta.
Cominciavamo a bluffare: ‘La minigonna ti sta proprio bene, hai delle gambe perfette, dovresti dirlo a Maria, la tua amica, che dice che hai le caviglie grosse…’
‘Maria ha detto questo? E quando?’
‘Proprio l’altro giorno, ha detto: Però che brutte gambe che ha la Leti..’
‘Ma quale Leti, io sono Sasa, per gli amici’ confessa enfatica la ragazza.
‘Dai stavo scherzando, era solo per dirti come sei carina e quanto mi piaci…’
Ormai, il ghiaccio era rotto, potevamo procedere tranquillamente.
Category: Costume e società
A casa mia esisteva il telefono che mio padre acquistò colorato:era rosso vivace, bellissimo, un complemento d’arredo per la casa! Ci rimanevo a parlare per ore con la mia amica del cuore Donatella… Forse non avendo una sorella, l’amica fidata rappresentava in pieno quella figura, custode di tutti i miei pensieri più segreti.. Anche la mamma faceva le sue lunghe chiacchierate telefoniche con la zia o qualche amica, perché sembrava una buona soluzione che sostituiva le visite salottiere a domicilio. I telefoni pubblici, per chi non possedeva il telefono in casa, era l’unico modo per comunicare… ma certamente le telefonate erano brevi e poco intime, specialmente se c’era fuori la fila e non correre il rischio di essere ascoltati…