COME ERAVAMO / QUANDO NON C’ERA MC DONALD

| 6 Ottobre 2022 | 1 Comment

di Raffaele Polo ______ 

Quello che ho ricordato sui salumi che i leccesi consumavano anni addietro, ha subito suscitato ricordi e precisazioni che ci confortano, perché vuol dire che la memoria collettiva non è, come pensano in molti, completamente annullata dalle sollecitazioni dei programmi televisivi, da ‘Uomini e donne’ al ‘Grande Fratello’…

No, no, mi hanno subito suggerito di inserire nella lista degli insaccati, la prosciuttella, che era salume ibrido a metà fra il prosciutto e la mortadella. Pancetta e coppa erano rarissimi, piuttosto, si stravedeva per ‘la salame piccante’. E qui bisogna soffermarsi e parlare delle tipiche locuzioni salentine e leccesi: il salame era femminile. Si diceva, infatti, ‘la salame’ e, pur sapendo che la grammatica non è un’opinione (almeno, nel secolo scorso, era così…) si  continuava a dire ‘il panino con la salame’, come si definivano le banconote di vario taglio con ‘la mille lire, le cinquemila lire’ e via dicendo. Si diceva anche ‘la aradio’, ma questo era tipico dei più anziani, che definivano ‘chiesia’ l’edificio religioso, suscitando i sorrisini di compatimento dei più giovani.

Ma torniamo a ‘la salame’.  

Per gli insaccati, i leccesi hanno sempre avuto un debole, anche se gli acquisti erano riservati a poche, pochissime qualità: nessuno, dico nessuno, conosceva e degustava la bresaola. Cremonese e coppa erano oggetti misteriosi, solo dai parenti emigrati al Nord si accedeva a queste per noi strane qualità di salami. Non parliamo, poi dei wurstel e dei similari che non c’entravano nulla con la nostra dieta abituale, qualcuno ha provato a mescolarli con i legumi, ma con scarso entusiasmo. Una sola eccezione per la ‘laganega’ che al Nord chiamavano così perché indicavano l’origine dalle terre della Lucania, ma noi abbiamo sempre chiamato ‘satizza piccante’.

Finocchiona e ventricina erano assorbite tutte , appunto, dalla salsiccia più che piccante, anche la ‘nduja la conosceva solo chi andava a Camigliatello che era il luogo prediletto per la gite invernali dei leccesi.

A questo punto, credo proprio di aver esaurito l’argomento ‘salumi’ che il salentino dei tempi andati trovava sulla sua tavola. Non voglio neppure nominare cotechino e zampone che venivano presi in rarissima considerazione solo a gennaio, quando erano offerti in prezzi da saldo, visto che Capodanno era già trascorso.

L’importante, insomma,  era, in tempi andati, ‘farsi un panino’. E, per imbottirlo, solo pochi ma collaudati salumi, possibilmente di basso costo e accessibili anche ai meno ricchi.

Che poi, nella graduatoria dei panini avevamo:

  1. panino col pomodoro
  2. panino tonno e ‘chiapperini’
  3. panino con la ‘mortadella’ o mortazza
  4. panino tonno e svizzero
  5. panino prosciutto e soresina
  6. due fette di pane con la ricotta ‘scanta’ e alicetto (ma questo solo d’inverno e solo per chi proveniva dai paesi del Capo, pure se questa merenda era gustosissima e gradita dai cittadini leccesi che fingevano di disdegnarla..)
  7. varie ed eventuali . ______ 

LA RICERCA nel nostro articolo dii ieri

COME ERAVAMO / LA SALAME CHE MANGIAVO IO

Category: Costume e società, Cultura

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Comments (1)

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  1. Giuliana Silvestri ha detto:

    Il panino imbottito con il salame e la soresina era tra i miei preferiti, ma quello con il pomodoro risultava più leggero e digeribile e altrettanto gustoso. Spesso la mamma me lo preparava quando andavo dalle suore e, all’ora della ricreazione, quel panino, ben stretto tra le mani per non sporcarmi,deliziava quel momento davvero unico…

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