IL MENHIR TEOFILO DI MARTANO
di Raffaele Polo _____
Sono andato dal cardiologo, a Martano, per un esame di routine. Questo professionista ha lo studio in via del Teofilo e mi ha incuriosito questa denominazione che mi ha subito ricordato l’incipit del Vangelo di Luca, quando l’evangelista si rivolge ad un non meglio definito ‘Teofilo’ che è la letterale traduzione di ‘amico di Dio’ e può impersonare un po’ tutti i cristiani, gli uomini amati dal Signore, cui è rivolta la buona Novella,
No, a Martano il Teofilo è uno splendido menhir che si eleva per oltre 4 metri di altezza (sono 4,70 metri e pare che sia uno dei più alti esistenti) e fa parte del paesaggio urbano contemporaneo, integrandosi perfettamente con gli edifici che lo circondano. Difatti, sfugge ad un’occhiata superficiale, quasi mimetizzato nei pressi di un muro, in un incrocio che vede l’alternarsi di tante auto frettolose.
”Da bambini giocavamo proprio attorno a lui, lo chiamavamo Santu Totaru e non sapevamo certo che fosse così antico. Gli anziani del paese ne parlavano come di un vecchio amico, testimone delle loro innumerevoli storie” mi dice il dottore. E non sa che, più di un secolo addietro, Cosimo De Giorgi lo descrive accuratamente il 29 giugno 1879 e narra di averlo visto da bambino, insieme agli altri quattro che fino alla metà dell’Ottocento erano presenti sul territorio di Martano.
Triste, curiosa, misteriosa storia di tutti i menhir, destinati a scomparire per l’incuria e l’ignoranza umana ma sempre sorprendenti per il mistero che racchiudono in sé; a cosa servivano, quale era la loro funzione, perchè venivano eretti? Adesso si dice, semplicemente, che erano monumenti funebri. Ma, fino a qualche tempo fa, non si nascondevano le leggende legate ai tesori che n asconderebbero le loro fondamenta o che sarebbero indicati dalla loro predisposizione… Il monolite Teofilo è il più alto tra quelli pugliesi. Oggi, inglobato dalla espansione edilizia, si trova nello stesso sito, in un’aiuola fiorita, delimitata da un’esile ringhiera metallica. Leggermente rastremato alla sommità, ha una croce incisa e grandi tacche lungo gli spigoli. Doveva sorgere in aperta campagna e le sue dimensioni lo facevano vedere distintamente da grande lontanaza: certamente utilizzato e riconvertito dal cristianesimo popolare, i segni che portava ne facevano un vessillo di cristianità e un punto di riferimento per semplici preghiere.
Risalente ad un periodo tra il IX e il VII secolo avanti Cristo, questo menhir viene comunemente denominato come ‘La culonna’ o ‘lu chiofilu’. Per la presenza, nei pressi, di una cappella dedicata a Santa Lucia, è anche abbinato al nome della santa di Siracusa. Secondo una leggenda, si racconta che Martano abbia avuto origine dagli antenati di Minosse. Senza alcun dubbio, la cittadina subì il dominio dei greci e dei bizantini. Infatti, essi influenzarono fortemente usi e costumi locali, al punto da lasciare alcune tracce ancora oggi, per esempio nel dialetto.
Il menhir, antico e imperturbabile, è ancora lì, a sovrastare la Storia e gli avvenimenti. Proprio come il Teofilo di San Luca, cui è dedicata tutta la Storia della nostra salvezza.
N.B. La visita è stata utile e positiva, cento euro spesi bene. Ce ne siamo andati con un’ultima, curiosa occhiata all’amico Teofilo.
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