I RICORDI DI UN ALPINO / A leccecronaca.it GIORGIO MOLINARI RACCONTA LA CAMPAGNA DI RUSSIA
di Elena Vada ______
“Era il 15 novembre 1949, quando sono tornato dalla Russia… dalla Siberia… Mia madre, la mia famiglia, da tre anni, mi piangevano morto, disperso in guerra… In casa, c’erano l’altarino allestito, con il lumino acceso davanti alla mia foto…”
Così inizia il racconto di Giorgio Molinari (nome vero) anno di nascita 1923, che ho avuto il piacere di conoscere ed intervistare nei giorni scorsi. Un uomo grande come una montagna. Lucido ed incisivo, come non avesse quei meravigliosi 99 anni, sulle spalle. I suoi racconti, veri o fantasiosi che siano, mi hanno commosso fino alle lacrime.
“Tutte falsità quelle che ho letto. Ho stracciato tre libri di storia.
Sono partito che pesavo Kg.99,200, ero pugile professionista dei pesi massimi. Il dinamometro mi aveva calcolato 200Kg di potenza, nel pugno destro e 199 nel sinistro. Avevo due armi e non due mani.
Sono tornato che pesavo 38Kg. vestito. Gli arti erano completamente congelati. Le gambe nere, non vi circolava più il sangue e le mani non riuscivo ad aprirle.
Siamo partiti ad agosto, tre divisioni di alpini: la Cuneese (tutti piemontesi) la Julia (veneti) e la Tridentina (lombardi). Eh si, si, un pugliese mi ha detto che era in Russia con noi… ma, non ci credo…
Racconta in corretto italiano. I passi decisivi, però, li declama in stretto piemontese.
“Ho visto la colonnina del termometro, che trasportavano a spalle, segnare 71 gradi sotto lo zero. Mangiavamo lo sterco dei muli che morivano uno dopo l’altro. Così come i compagni”
Quando parla dei commilitoni morti di fame e freddo, Giorgio si scioglie e piange come un bambino.
Ricorda battaglia, dopo battaglia. Cita luoghi, personaggi, tipo e marca delle armi trasportate… Descrive marce nel fango e nella neve con divise, indumenti non idonei… scarpe ancora meno. Le lacrime scorrono e, a volte, il viso s’infiamma per rabbia e dolore, mentre stringe i pugni. Parla delle Carte d’identità da restituire alle madri dei caduti, che ha gelosamente custodito, per anni.
“Un giorno ero di guardia alla tenda dei grandi: Mussolini, eccetera.. e sento un fruscio. In agguato, nella boscaglia, c’erano due russi. Affronto il primo e lo stendo col destro, l’altro non fa a tempo ad imbracciare l’artiglieria, che lo stringo al collo e lo abbatto con il sinistro. Morti tutti e due, senza fiatare. Quando Mussolini esce dalla riunione, il colonnello gli riferisce qualcosa. Allora il Duce si avvicina a me che gli dico: ‘Vieni a vedere… ‘ e facciamo quattro passi insieme, fino a raggiungere i cadaveri dei russi.
Osservando i due morti, mi chiede come ho fatto, senza sparare e allora gli dico: ‘Mi dia la mano…’ lui si toglie il cappello (perché un militare in divisa non può porgere la mano) e me la dà. Gliela stringo forte, tanto da fargli male… poi mi schiaccio la punta del naso così (mi mostra il gesto, mimando un pugile) per fargli capire, chi e cosa sono.
‘Complimenti – mi dice Mussolini – ma ora fateli sparire questi due…’ Io gli dico: ‘Duce, saluta l’Italia per noi, tu che ci torni. Noi qui faremo il nostro dovere…’ ‘Bravo, ti aspetto a casa!’ risponde lui.
Ma a casa siamo tornati solo in trentadue e lui non c’era più.
Giorgio piange ancora, snocciolando, a memoria, l’elenco dei caduti. Quando gli nomino Neive, paese di mio padre, lui che è nativo di Alba, ricorda i nomi dei morti di quella zona. Gli aneddoti sono tanti. Il racconto dura quasi tre ore, ma nè io, nè gli altri due interlocutori, desistiamo dall’ascolto.
Amici miei, ricordate quanto avete appena letto, prima di puntare il dito sugli Alpini, quelli delle famose recenti polemiche, per intenderci. Certo le molestie alle signore (anche se goliardiche), sono sempre deprecabili e da condannare duramente. Però non infanghiamo tutta l’Arma e scusate questo mio appunto polemico, come molti, qui al nord, sono figlia, zia, nipote e pronipote di alpini, cullata, nell’infanzia, dai loro canti montani.
Ma torniamo a Giorgio. Mentre parla gli chiedo tante cose, a precisazione dei racconti. Poi : “Giorgio, andrai a votare, alle prossime elezioni?”
“Se l’Italia mi chiama e ha bisogno di me, io rispondo: PRESENTE!”
Giorgio è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, nel 1982. Ma di questo racconterò più avanti.
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Bell. Brava…. Aspetto il resto