ABBIAMO VISTO IN PRIMA ASSOLUTA A LECCE “I giorni di Milena”
SI REGGE SULLA BRAVURA DELL’UNICA PROTAGONISTA, MARTA TREVISI, MA DELUDE PER IL TESTO, E PER TANTE ALTRE COSE ANCORA. CON ‘QUEL 12 NOVEMBRE’ QUARANTACINQUE ANNI DOPO
di Giuseppe Puppo _______
Era raccomandata la massima puntualità, agli spettatori, sottoposti fra l’altro a schedatura nominativa ad un posto di blocco all’ingresso, raccomandazione ribadita in loco, insieme alla francamente insopportabile, insistita, perentoria intimazione a tenere spento il cellulare, e a non fare schiamazzi, come se si trattasse di una scolaresca delle medie in gita premio. Però lo spettacolo è iniziato con tre quarti d’ora di ritardo, una roba inconcepibile.
Un’altra offesa al pubblico, non pagante, dal momento che l’ingresso era gratis, ma ugualmente interessato, a vista numeroso, partecipe e qualificato, la spiegazione iniziale.
Sì, Pasolini amava aprire di persona il dibattito, al termine delle rappresentazioni che scriveva , Carmelo Bene, amava intrattenersi, a volte con veemenza, con chi aveva assistito ai suoi lavori, al termine, però, alla fine, con quelli rimasti…Qui invece gli organizzatori hanno fatto lo spiegone di dieci minuti prima, prima che cominciasse tutto, un’offesa all’intelligenza dei partecipanti, oltre che, né più, né meno, una cosa che a Teatro non sta né in cielo, né in terra, amen.
Ma non finisce qui, la saga degli errori da scuola elementare, francamente insopportabili in un autore-regista che ha studiato alla premiata ditta dei Cantieri Koreja, ed egli stesso in seguito docente.
Per dirne un’altra, non c’era la scenografia. Attenzione, la scenografia non era minimalista, come, per scelta, o per necessità, si usa anche fare, si badi bene, proprio non ce n’era.
E che dire del fatto che l’attrice unica protagonista si è cambiata d’abito nel bel mezzo dello spettacolo, dando le spalle al pubblico?
Va beh…
Veniamo alla sostanza vera e propria- ma a teatro come in tante altre cose la forma è anch’essa sostanza – di “Heaven-I giorni di Milena, andato in scena nella serata di martedì 21 giugno a Lecce al parco Balsamo, – cito dalla presentazione mandata alla stampa – “un’opera teatrale inedita che racconta i movimenti sociali e studenteschi degli anni ’70 attraverso la storia di una giovane militante salentina dell’epoca, venuta poi a mancare in tragiche circostanze, un lavoro fortemente voluto dalla cooperativa sociale Arci Lecce Solidarietà, affidato a Ura Teatro, firmato da Fabrizio Pugliese, Fabrizio Saccomanno e Marta Trevisi, con Marta Trevisi, regia di Fabrizio Saccomanno e organizzazione di Laura Scorrano”.
Poteva essere un’occasione preziosa, anche perché basata su documenti di prima mano, il diario personale di Milena, dal momento che, come si diceva all’epoca, “il personale è politico”.
Ma di politica c’è stata solamente una stanca riproposizione di luoghi comuni, di leggende ideologiche, di slogan sbiaditi, senza un minimo di rielaborazione, che sarebbe stata quanto mai opportuna, come preziosa sarebbe stata una riflessione critica su quanto avvenne in quegli anni, ‘dati causa e pretesto, e le attuali conclusioni’, e un minimo di onestà intellettuale non avrebbe certo guastato.
Il copione è esile, raffazzonato, messo su alla buona, breve e gravemente insufficiente, nella sua durata striminzita di quarantacinque minuti, pause, musiche e letture, tutte quante anch’esse discutibili, ivi comprese.
Si parte con la rievocazione epica di una lotta studentesca al liceo classico ‘Palmieri’ che ottenne l’autorizzazione ad un’assemblea. Sai che conquista.
All’epoca al ‘Palmieri’ c’erano da prassi consolidata almeno settimanale, se non quotidiana, nell’ordine, le assemblee di classe, le assemblee di sezione, le assemblee dei rappresentanti di classe, e le assemblee generali, insomma, se c’era una cosa che non mancava, ma di cui c’era invece gran quantità, erano appunto le assemblee.
Il preside, dipinto come un bieco reazionario e feroce avversario delle organizzazioni di sinistra. Ora, è v ero che fosse burbero e attento alla forma, però era iscritto al Pci, la sera, egli stesso, i professori e gli studenti che poi nel Pci o c’erano già, o ci sarebbero entrati, in sezione del partito concordavano regolarmente quello che sarebbe avuto a scuola.
Una falsità storica vera e propria, inoltre, sugli incidenti del 12 novembre, come sono passati alla storia della nostra Città. Parliamo del 12 novembre del 1977, scoppiati a detta del copione dello spettacolo in quanto ‘i fascisti erano scesi in piazza per commemorare la marcia su Roma’.
Una boutade. I fascisti – parliamo di un centinaio di ragazzi e ragazze, spesso ragazzini e ragazzine, dell’allora Fronte della Gioventù, fra l’altro spesso e volentieri in aperto dissenso non solo col governo, ma pure con i vertici del Movimento Sociale Italiano che a stento li tollerava, – costretti, come cercò di spiegare già all’epoca Pier Paolo Pasolini, a diventare ‘fascisti’ DAL ‘FASCISMO DEGLI ANTIFASCISTI.
Ecco, quel 12 novembre volevano essi semplicemente tenere una mostra di grafica in piazza Sant’Oronzo per far conoscere le loro proposte per la scuola, il lavoro, il tempo libero, i problemi di attualità, dalla disoccupazione giovanile, all’abolizione della leva obbligatoria, dall’ecologia al mondo della comunicazione, dalla musica alternativa, alla pittura, per confrontarsi con gli altri giovani, altro che commemorazione della Marcia su Roma, dai…
Invece la manifestazione fu impedita, in quanto da molti giorni prima venne creato apposta un clima di odio, terrore e violenza, per impedire cioè con la forza la manifestazione, che poi sfociò per questo negli incidenti per le strade della città..
Ripensare il passato, specie quello prossimo, è sempre un esercizio meritorio: per quanto possa scendere un velo di tristezza sui bilanci che non quadrano mai, consente di aguzzare l’ingegno, storicizzare le esperienze, sperimentare la maturità che nel frattempo dovrebbe essere sopravvenuta.
Nella fattispecie, poi, mi sembra che gli avvenimenti leccesi rispecchino alla perfezione il senso di quelli nazionali e permettano dunque una chiave di lettura emblematica di un intero fenomeno generazionale.
I sogni – di alternativa, come si diceva allora – erano quelli dei ragazzi di quindici-vent’anni, che credevano di poter cambiare il mondo, sia pur da opposti schieramenti e più o meno direttamente, o indirettamente, coinvolti in un clima di violenza parcellizzata sul territorio, comunque di tensione continua – il destino in comune condiviso dalla mia generazione – perché portati, direi costretti quasi a scannarsi, dal “sistema”, che ne sfruttava così l’entusiasmo, per sopravvivere a sé stesso, rafforzarsi, rigenerarsi e perpetuarsi.
Tutto questo nello spettacolo di Heaven-I giorni di Milena non c’è, eppure sarebbe stato fondamentale per farne un testo apprezzabile.
Veniamo infine alle note liete, degne cioè di originale creatività.
Che stanno in primis nella bravura della protagonista Marta Trevisi (nella foto), giustamente sottolineata alla fine dai lunghi applausi del pubblico presente, capace di reggere l’intera narrazione, espressiva, convinta e convincente, sempre a tono, nella variazione e nei tempi del racconto.
E che stanno poi, ma abbiamo già finito, in uno spunto, ad un certo punto della rievocazione, quando si racconta di un sindacalista che frequentava le organizzazioni studentesche, di sinistra, ovvio, fidanzato con una ragazza del collettivo femminista, sindacalista, quindi con molto tempo libero, ma, a detta della fidanzata, maschilista, sessista, violento e prevaricatore nel rapporto di coppia, oltre che socialmente impegnato a scoparsi le operaie nelle pause in fabbrica approfittando della propria posizione.
Niente male, da scriverci su un copione a parte, almeno una scena totalmente dedicata, e non da liquidare come è stato fatto in scena, in un fugace accenno.
Degno compagno di scuola, compagno di niente dell’epoca progressista, di quelli che in seguito sono entrati in banca, o hanno costruito la sinistra dalemiana degli affari, o sono diventati fini narratori delle gesta delle famiglie reali, o avvocati difensori delle multinazionali, oppure ancora adesso si dibattono nella melassa radical chic del trasformismo emiliano alla pugliese.
La sinistra ha sempre faticato a raccontare la verità, convinta che la menzogna raccontata all’infinito finisce per essere “diventare” verità storica.
Che fosse stata l’estrema sinistra ha scatenare la violenza a Lecce, con l’appoggio del PCI e delle sue articolazioni, nel sindaco, in magistratura, nell’università ecc. Lo dimostra il fatto che 13 comunisti furono processati per:tentatata strage, costruzione, trasporto ed uso di esplosivi, tentato omicio, violenza privata, incendio doloso ecc. Mentre 3 giovani di destra furono denunciati per manifestazione non autorizzata, perché gli era stata negata la sera prima la manifestazione già autorizzata, e grida sediziose perché gridarono “polizia rossa”.
L’assalto al sindacato della Cisnal che fu incendiata dagli attivisti della sinistra che in corteo dall’Università andarono in piazza Sant’Oronzo, le pistolettate ad altezza uomo contro i poliziotti, il clima di terrore, lo crearono gli estremisti di sinistra o i ragazzi del Fronte della Gioventù, che si limitarono a scendere in piazza esibendo dei manifesti su cui era scritto “Dissenso” che era il nome del loro giornale ed era il loro grido di protesta perché il Questore si piegó alla violenza comunista e vietó la sera prima la manifestazione che dieci giorni prima era stata autorizzata a i giovani di destra?
Una domanda ma questo gruppo teatrale per caso è quella stessa he ogni anno viene finanziata dall’amministrazione guidata dal sindaco comunista Salvemini?
Avevo 15 anni quel 12novembre del 1977 e per capire chi organizzò quei disordini è quelle sparatorie per impedire ai ragazzi di destra di confrontarsi democraticamente con i cittadini basta dare uno sguardo agli atti giudiziari, alle incriminzioni, e per comprendere il clima di violenza instaurato da coloro che volevano imporre la loro ideologia a colpi di P38, sarebbe interessante leggere la requisitoria del Pubblico Ministero, che o per paura o per vicinanza ideologica, si trasformò da pubblica accusa in avvocato della difesa con delle ridicole giustificazioni, tese a salvaguardare gli estremisti di sinistra che furono condannati a poco più di un anno.
Chi ha fortemente voluto, sponsorizzato e immagino finanziato questo lavoro teatrale è l’ARCI, un’associazione comunista che fa politica a tempo pieno, e che tra le altre cose grazie alle iniziative sui migranti, porta casa ogni anno, milioni di euro che i vari governi di sinistra gli elargiscono, prendendoli dalle tasche degli italiani. Detto ciò basta porsi la domanda: chi si era prefisso il compito di terrorizzare la città la mattina del 12 novembre del 1977, chi ha utilizzato bombe molotov, chi ha sparato con le P 38 ad altezza uomo, chi ha incendiato le auto della polizia, chi ha dato l’assalto alla sede del sindacato della Cisnal in piazzetta Castromediano a due passi da piazza Sant’Oronzo dove i ragazzi del Fronte della Gioventù manifestavano pacificamente?Furono gli ESTREMISTI DI SINISTRA appoggiati dal Partito Comunista dalla gioiosa macchina da guerra, come la definì il segretario del PCI Occhetto. Mentre il sindacato comunista. Nel comunicato stampa diramato dalla Questura di Lecce c’era scritto: “I ragazzi di destra NON AVEVANO ARMI NE’ PER OFFENDERE NE’ PER DIFENDERSI”.
Una cosa è certa, che la destra giovanile nel 1977 era dopo, quella di Trieste, la più attiva e meglio organizzata d’Italia. Nelle scuole medie superiori il 40% degli studenti si dichiarava di destra, dopo che venne Pintor nell’Università leccese e dopo l’assalto armato della sinistra, il Partito Comunista utilizò tutti i suoi strumenti per dare la colpa al Fronte della Gioventù, la cui unica colpa era quella di aver organizzato una mostra grafica e fotografica in piazza Sant’Oronzo. Il sonnacchioso Movimento Sociale Italiano, che già non vedeva di buon occhio l’attivismo dei suoi giovani, non mosse un dito,pertanto questi ragazzini di 16-17-18 anni si sentirono scaricati. Nel giro di qualche mese quel Fronte della Gioventù smise di fare attività politica.
A chi serviva la violenza a Lecce?
Il mio papà all’epoca aveva 16 anni, l’età che oggi ho io, e mi ha raccontato come quei giovani del FdG in effetti fossero degli anarchici di destra che mal sopportavano qualsiasi disciplina compresa quella di partito. Erano ragazzini e ragazzine che pensavano di poter cambiare il mondo con i loro ideali ma non avevano fatto i conti, con una partitocrazia che oltre che corrotta e corruttrice era anche potente, prendo contare sulle tante ramificazioni dello Stato sempre pronto a colpire le voci fuori dal coro. Li chiamavano fascisti ma erano degli Spiriti Liberi. Papà ti voglio bene e sono fiera di te.