“Io poso gli occhi dove tu sai e vorrei che non dovesse mai finire”…RITORNANO I MISTERI DEL CASO MORO
di Raffaele Polo _____
Carlo Gaudio, il dottor Carlo Gaudio, getta un sasso nello stagno dell’ “affaire Moro”. E lo fa con il suo libro ‘L’urlo di Moro’, pubblicato e (ben) pubblicizzato da Rubbettino.
L’idea è quella che, durante la sua prigionia, Aldo Moro, scrivendo le sue lettere, probabilmente sotto parziale dettatura, abbia voluto inserire dei chiari cenni, delle indicazioni che riguardavano il luogo dove era tenuto segregato, abbastanza segretamente (abbiamo scoperto dopo che lo sapevano in tanti, dove fosse la prigione di Moro).
Che il fascino su questo mistero italiano non sia mai sopito, è un fatto acclarato: un po’ meno probabile che il bravo professore, che pure era un frequentatore de ‘La Settimana Enigmistica’, sia stato così abile da celare anagrammi o magari crittografie proprio sotto gli occhi dei brigatisti che, immaginiamo, da par loro avranno esaminato i documenti con grande circospezione, prima di diffonderli.
Questo libro, che si sforza di mantenere un’ipotesi che giunge dopo oltre quaranta anni dalla stesura delle lettere e che, in un certo senso, amplia l’idea di Sciascia che aveva fatto notare la possibilità concreta dei cifrari segreti nelle Lettere di Moro, non raggiunge comunque alcuna certezza.
Esemplifica alcuni casi di possibile utilizzo delle lettere di una frase vicine alla comunicazione dell’indirizzo dove era nascosto Moro; ma ci pare più un esercizio da computer o da appassionati di enigmistica che una reale scoperta.
Lasciamo stare le profezie degli oracoli antichi e della Sibilla Cumana: ti davano delle parole, e dovevi comporre tu le frasi…
Qui siamo, addirittura, vicini ad un simpatico giochino che ci affascinava da bambini: con le lettere del proprio nome e cognome, utilizzandole tutte, riusciamo a capire cosa siamo nella vita.,, Io, questo gioco l’ho fatto. Ed è venuto fuori, da Raffaele Polo la frase: Fa parole, fole. (la virgola ce l’ho messa io, però…)
Mio padre si dilettava di scrivere poesie in dialetto, tirò fuori da Giovanni Polo la frase: Pigolo invano. Ora, questi sono giochi che mettono alla prova la capacità di risoluzione degli appassionati del genere, ma siamo lontani, molto lontani dal presunto tentativo del Professore di anagrammare un indirizzo che, probabilmente, non conosceva neppure…
L’idea è comunque intrigante e il libro si fa leggere con piacevole interesse, anche perché, dopo tanti anni, l’ipotesi più attendibile di tutta la faccenda è contenuta nel film ‘Piazza delle Cinque Lune’ di Renzo Martinelli che, chissà come mai, alla Tv trasmettono raramente. E le stesse centurie di Nostradamus non rivelano granché anche se, pensandoci bene…