ROBERTA MARTUCCI DI UGENTO SCOMPARSA 23 ANNI FA, OGGI IL GIP DI LECCE HA ARCHIVIATO L’INCHIESTA
di Flora Fina ______
“ Nei confronti dell’indagato vi sono meri sospetti e congetture non avvalorati da concreti e precisi dati fattuali che possano supportare un’accusa meritevole di un vaglio dibattimentale”
Si esprime in questi termini, il giudice per le indagini preliminari Marcello Rizzo che, dopo la scorsa udienza camerale del 7 febbraio, si era riservato di prendere una decisione in merito al caso della scomparsa della giovane Roberta Martucci, svanita nel nulla ed in circostanze misteriose la sera del 20 agosto del 1999 tra Torre San Giovanni e Gallipoli.
Proprio questa mattina infatti, è stata disposta l’ordinanza di archiviazione su questa tragica ed inspiegabile vicenda, come richiesto dal magistrato titolare dell’inchiesta. Le argomentazioni, poste dal legale Fabrizio Ferilli per contro della sorella Lorella e della famiglia, non hanno fatto breccia alcuna, lasciando il caso fermo ed insoluto.
Ed è dunque con l’ordinanza di archiviazione che si conclude al momento questa intricata vicenda, disposta questa mattinata dal gip del Tribunale di Lecce: quest’ultimo difatti si era riservato la decisione di analizzare con dovizia le risultanze della richiesta di archiviazione del pm da un lato, e dall’altro di esaminare le argomentazioni poste dai ricorrenti e dal legale difensore dell’unico indagato dell’inchiesta, difeso dall’avvocato Francesca Conte.
Come già accaduto in passato, l’attenzione sul giallo della scomparsa di Roberta Martucci non è mai venuta meno: basti infatti pensare alla decisione intrapresa dalla famiglia della ragazza di portare il caso anche all’attenzione della commissione parlamentare competente.
Il caso era stato riaperto e il cerchio si era fatto sempre più stringente anche intorno ad un uomo, un componente della cerchia familiare, che è risultato il principale sospettato. E proprio sul versante di quest’ultimo è stata invece sempre ribadita la totale estraneità ai fatti ipotizzati supportando anche le motivazioni, basate su dati tecnici, della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero Mignone.
Anche per il gip non è stata ritenuta attendibile la circostanza di una possibile reazione violenta da parte dell’indagato, e quindi la sua possibile responsabilità nel cagionare la scomparsa di Roberta, come ritorsione sui presunti casi di molestie e avances che la ragazza avrebbe subito dal parente e che aveva intenzione di rivelare.
Tutti gli elementi raccolti però non hanno portato alla svolta sperata dalla famiglia Martucci.
Restano ancora impresse nella mente l’immagine e la descrizione diramate per aiutare nelle ricerche: i capelli castani, un sorriso smagliante, la gonna nera a fiori, le scarpe con il tacco alto e il giubbino grigio indossati per andare ad una festa.
A quell’appuntamento nella Città Bella, Roberta non arrivò mai. Di certo, qualcuno che l’ aspettava c’era sicuramente: durante il tragitto risponde al cellulare, pronunciando solo due parole “Sto arrivando”. Una frase che la sorella, a cui aveva dato un passaggio, ricorda bene.
Le ricerche durarono a lungo quella notte, e l’amica con cui la 28enne doveva incontrarsi per fare shopping approfittando dei saldi estivi, non vedendola arrivare, provo più e più volte a chiamarla. Almeno fino alle 23.00, ora in cui le avrebbe inviato un messaggio: “Roberta per favore non fare scherzi. Chiamami” si legge.
Tuttavia la stessa Roberta, pochi minuti prima di andare via, aveva detto alla madre di dover andare a una festa, ed effettivamente sembrava così dall’abbigliamento, troppo elegante per un semplice giro tra i negozi e troppo vistoso per una ragazza acqua e sapone che amava invece uscire spesso e volentieri in tuta.
Dai tabulati emerse infine che alle 3.00 il cellulare squillò per tre volte, poi più nulla, un silenzio durato più di vent’anni che non dà pace ai familiari, rimasti senza un pezzo d’anima, di vita, da ormai troppo, tantissimo tempo.
L’unica notizia che giunse fu quella di quattro giorni dopo, la mattina del 24 agosto. L’auto, una Fiat Uno bianca, venne ritrovata in via Genova a Gallipoli: non si è mai capito come fosse giunta lì, né quando.
Sul sedile posteriore era adagiata la giacca indossata dalla ventottenne quella sera, non solo, una volta dissequestrata, sarebbero ricomparsi chiavi e libretto della vettura. Un dettaglio per la famiglia rimasto inspiegabile.
Tante le piste scandagliate, che inevitabilmente non hanno portato ad alcun risultato: soltanto un bigliettino ritrovato in camera di Roberta con la frase “Ti amo mio dolce amore” e che fa pensare ad una relazione “nascosta” dopo la rottura con il fidanzato storico, ma si brancola ancora nel buio. Anche le ipotesi delle amiche che hanno minimizzano il rapporto con la ragazza riducendolo ad una conoscenza superficiale – nonostante fossero palesemente state smentite dai tabulati telefonici – ha portato in un vicolo buio, come anche la storia delle feste a base di droga e sesso, e di cui gli inquirenti non sono mai riusciti a trovare traccia.
Rimane soltanto la testimonianza di un uomo, l’unica, riportata dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” che spesso si è occupata del caso, e che ha raccontato alla redazione di aver visto Roberta salire a bordo di una Mercedes, guidata da un ragazzo con i capelli lunghi.
E poi ancora il silenzio.
Trascorrono altri tre anni, salta fuori una lettera anonima con timbro postale di Bari che ha riapre il caso: sul foglio, battuta al computer, la frase “ Se volete la verità cercatela a Gallipoli tra le amiche. Non posso dire altro ”, che sarebbero stati secondo la famiglia di Roberta depistaggi, architettati dal responsabile per paura di essere scoperto.
Sono trascorsi ventitrè lunghissimi anni da quella maledetta scomparsa avvolta nel mistero, e di quella ragazza, ultima di cinque figlie e impiegata in un centro per anziani, si è persa ogni traccia. L’alone di mistero che aleggia sulla vicenda è ancora fittissimo, tuttavia, già da un paio d’anni ormai, dopo alcune rivelazioni ed elementi nuovi portati dalla famiglia della giovane al vaglio della Procura, il caso è stato riaperto ed il cerchio si è ristretto sempre di più intorno ad un uomo, un componente della cerchia familiare, che è risultato il principale indiziato.
Sempre secondo gli elementi posti all’attenzione dell’autorità giudiziaria, sarebbe stato proprio il cognato di Roberta ad aver avuto un ruolo determinante nella vicenda finendo per essere iscritto nel registro degli indagati: elementi questi, che avrebbero potuto portare ad una svolta, tuttavia – trattandosi di un processo indiziario – la rilettura degli atti che hanno portato alla riapertura delle indagini, non ha convinto il pm, che si è indirizzato verso una nuova richiesta di archiviazione, cosa che ha indotto il legale della famiglia a presentare invece la sua richiesta di opposizione.
Richiesta che proprio nella mattinata, ha portato infine all’archiviazione dell’inchiesta, lasciando per il momento nell’oblio una vicenda che ha tenuto sulle spine il Salento tutto per oltre venti anni.
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