DALLA PARTE DEI DISPERATI, CONTRO GLI SPACCIATORI
LA DIFFICILE MISSIONE DI DON ANTONIO COLUCCIA
di Flora Fina ______
Per il giovane sacerdote salentino Don Antonio Coluccia, originario di Specchia e con la forte vocazione – oltre a quella cristiana – di abbattere i muri del silenzio intorno ai quartieri di spaccio, questa volta, l’accoglienza nel quartiere Laurentino 38 di Roma Sud lo scorso sabato, non è stata delle migliori, anzi, come in un tardivo e criminale Capodanno, ad accoglierlo ci sono state bombe carta e petardi.
La lotta alla criminalità organizzata e le continue ronde notturne al grido di “ Convertitevi, basta droga, basta spaccio” sono il suo sacro pane quotidiano, tuttavia, non sono bastate a spegnere il fuoco della malavita, anzi, lo hanno alimentato ancora di più.
Soltanto la scorsa settimana, don Antonio aveva partecipato a una fiaccolata organizzata nello stesso quartiere a sostegno di un barista aggredito da calabresi noti alle forze dell’ordine. Lui, è un vero e proprio simbolo della periferia del quartiere di San Basilio, dove vive ormai da anni sotto scorta per il suo impegno nel togliere i ragazzi dalla strada, e ricondurli ad una vita sana, lineare.
È noto infatti che, il giovane sacerdote, già in tempi non remoti avesse ricevuto minacce ed intimidazioni proprio a “causa” del suo fervore contro lo spaccio e la mafia: già il 17 dicembre del 2018, furono esplosi ben quattro colpi di pistola contro la sua auto, proprio mentre lui era in quel momento a casa dei suoi genitori. Ed ancora, pochi giorni prima, un inquietante sfregio troneggiava imperante su di un suo manifesto che annunciava un lieto evento di sensibilizzazione dei giovani nella vicina Supersano: “buon appetito ” scritto in arabo, copriva infatti la bocca del sacerdote rappresentata sul manifesto.
Gli attentati alla serenità di don Antonio Coluccia non si erano poi fermati qui: proiettili fatti recapitare in una busta, minacce di morte, continue intimidazioni fino al momento in cui, finalmente, il giovane sacerdote è stato inserito in un vero e proprio programma di protezione testimoni.
È stato infatti merito della scorta se, durante l’exploit di bombe carta e petardi lanciati come calorosa accoglienza al sacerdote durante la manifestazione indetta a Roma, quest’ultimo è riuscito a ripararsi e a non subire alcun danno.
Tuttavia bisogna anche e soprattutto sottolineare uno degli aspetti più importanti di questa vicenda: Don Antonio è sempre stato vicino agli ultimi e agli emarginati.
La droga rovina tanti giovani e le loro famiglie, li riduce in praticain schiavitù, ed arricchisce invece gli spacciatori della criminalità organizzata.
E proprio grazie alle donazioni dei cittadini e dei fedeli tutti è riuscito a dare anch’egli uno scacco matto alla malavita organizzata: trasformare la villa di Salvatore Nicitra , un boss della Banda della Magliana, in una casa di accoglienza per i poveri, fondando così l’Opera di San Giustino.
Un evento questo che ci fa comprendere soltanto una cosa: non saranno le minacce, le intimidazioni e i petardi scoppiettanti a fermare un’opera giusta nei confronti del prossimo, un’opera che don Antonio porta avanti senza sosta e senza timore da molti anni, e che fa di lui non solo un vessillo di cristianità, ma uno degli ultimi emblemi della lotta alla criminalità, alla mafia, all’uso di droghe, e all’omertà.
Category: Cronaca