REPORTAGE / IL PRESIDIO PER LA PACE ORGANIZZATO QUESTA MATTINA A LECCE DA AMNESTY INTERNATIONAL, IN CENTINAIA SOTTO UN’UNICA BANDIERA – photogallery
di Giuseppe Puppo ______ Piglia il microfono con una mano, con l’altra dispiega il foglietto che un soffio di vento accartoccia invano, inizia a leggere il suo ragionamento. Che non fa una grinza, intendiamoci. Ma lo studente liceale non ha fatto i conti con l’emozione. Una cosa è parlare davanti a quattro-cinque compagni di classe, come fa di solito, un’altra, completamente diversa, ‘stamattina, parlare davanti a quattro-cinquecento persone, quanto ce ne stanno in piazza Sant’Oronzo , al ‘presidio per la pace’ organizzato da Amnesty International, cui hanno aderito associazioni, partiti, sindacati e tanti cittadini.
Accorre in suo aiuto la presentatrice che tiene il filo degli interventi. Vuol dire – spiega alla fine – che lui si rammarica che tanta gente del mondo, unanime nei suoi convincimenti, sotto un’unica bandiera, quella della pace, non riesca a fermare la guerra.
Purtroppo è così. Ma sono importanti, queste manifestazioni. Questa, è importante. Come quelle che a Londra, Parigi, Tokyo e di tante altre città del mondo si stanno organizzando in queste ore. Anche a Lecce. Per costruire la cultura della pace, servono occasioni, giorno per giorno. La parola guerra deve diventare un tabù. Un traguardo per le generazioni future, ma che le nostre devono impegnarsi a condividere e diffondere.
E’ questione di educazione sentimentale. Si tratta di raggiungere quanto prima possibile la consapevolezza universale che i conflitti si risolvono con il dialogo fra i popoli, i quali non devono più pagare le decisioni dei potenti. Di più, che al centro dell’umanità vada messa la fratellanza, non più il profitto.
Non ci sono guerre giuste. Stop alle bombe, alle armi, alle logiche di dominio internazionale. Senza se e senza ma.
La guerra è solo e sempre sangue, dolore, distruzione.
Se non sono riusciti a imporlo le generazioni nostre, ci riusciranno quelle future. Un bel traguardo, per l’umanità.
E’ la convinzione che accomuna tutti gli intervenuti, due minuti a testa, la signora ucraina che racconta delle telefonate strazianti alla sua famiglia rimasta a Kiev, quando ogni giorno piange il telefono, e ha paura, la studentessa emozionata, il bambino sveglio e lucido, il rappresentante sindacale, e via via tutti gli altri.
La guerra fa schifo, e basta.