LA STORIA / CEGLIE MESSAPICA, FAR WEST, LA LEGGE DEI POTENTI: “l’economia vince su tutto, anche sul nostro paesaggio, sulla nostra storia, sulle nostre radici. Siamo stanchi di subire questa ingiustizia, ci sentiamo soli”
(Rdl)_______ “Oggi non vi racconterò una cosa bella, come di solito faccio in occasione di eventi importanti che riguardano la mia famiglia, ma vi parlerò di una brutta storia che la mia famiglia sopporta da ben 10 anni”.
Comincia così la storia che sabato scorso ha raccontato sul proprio profilo Facebook Isabella Barletta, condividendola con parenti e amici, nel chiedere aiuto a tutti.
Siamo a Ceglie Messapica, la vicenda riguarda un metanodotto della Snam interrato, per rifornire un’area carburanti della zona, contestato e bloccato una prima volta, ripresentato una seconda volta e su cui pende ancora il giudizio di merito del Tar.
Però i lavori vanno avanti. E nessuno ha risposto all’appello, che così continua:
“La paura di raccontare questa storia su facebook c’è ed è tanta per ovvie ragioni, ma lo farò stando attenta e cercando di ottenere la comprensione di più persone possibile, perché le istituzioni e gli enti competenti non vogliono fare nulla per impedire ciò che ci sta accadendo.
Come avrete avuto modo di vedere, sulla via di Francavilla, appena dopo la zona industriale, è stato allestito un cantiere tra i nostri alberi di ulivo monumentali e tra i nostri muretti a secco contornati da quei bellissimi trulli che rappresentano la nostra amata terra nel mondo.
Questo cantiere ha una lunghezza complessiva di circa 360 metri, una larghezza media di 20 metri ed attraverserà ben 8 proprietà.
I lavori sono iniziati e la distruzione sarà irreversibile.
Il nostro paesaggio e, soprattutto, i nostri alberi di ulivo monumentali saranno danneggiati da un intervento che si poteva evitare e abbiamo cercato in questi 10 anni di trovare una soluzione per poterli salvare, ma senza riuscirci.
Entreranno in casa nostra con le ruspe e le trivelle abbattendo tutti gli alberi presenti nell’area di cantiere: ulivi, sughere, castagni, fichi, mandorli, querce.
Sono passati 20 anni da quando abbiamo deciso di arricchire la nostra terra di alberi mediterranei, li abbiamo visti crescere e gli abbiamo accuditi come i nostri figli.
All’improvviso arriva un padrone, un potente, e decide che nella nostra terra deve essere realizzata un’opera utile per potenziare le sue ricchezze.
Inizialmente non ci siamo opposti al suo volere, ma abbiamo cercato di trovare una soluzione che salvaguardasse sia i suoi interessi personali sia gli interessi del nostro territorio.
Noi proprietari di queste terre non siamo stati ascoltati, siamo stati messi da parte perché il nostro parere non contava.
C’erano diverse soluzioni da poter adottare, ma tali soluzioni, seppur fattibili, non garantivano il massimo guadagno personale di tali potenti.
L’economia vince su tutto, anche sul nostro paesaggio, sulla nostra storia, sulle nostre radici. Siamo stanchi di subire questa ingiustizia, ci sentiamo soli, inascoltati e demoralizzati.
Se sono arrivata al punto di scrivere tutto ciò pubblicamente è perché noi proprietari abbiamo perso la speranza.
Abbiamo lottato fino ad oggi, ma alla fine vince sempre il più forte, il più ricco, il più potente. Questa Italia non cambierà mai ed io, da madre, continuo ad avere paura per i nostri figli che continueranno a vivere in questo mondo ingiusto fatto di corrotti, di raccomandati e da uomini pericolosi, dove la giustizia privilegia solo alcuni e danneggia molti.
Chiediamo aiuto a chiunque, sempre se ci sia rimasto qualcuno”.