LA VIOLENZA COMUNISTA QUANDO ERA DI MODA – QUEL 12 NOVEMBRE DEL 1977. Lettera al Direttore
Valerio Melcore_______
Caro Giuseppe, i fatti andarono proprio come tu li racconti, certo ci sarebbero da aggiungere gli antefatti e alcuni particolari di cui tu non eri a conoscenza o non ricordi. Stavo per scriverti un commento in fondo al Tuo articolo, ringraziandoti per averlo ricordato, poi man mano che scrivevo mi sono accorto che mi sono fatto prendere dai ricordi e che avevo scritto più del dovuto.
Certo mi dispiaceva che tra tante cose belle anche esteticamente pregevoli, come il cartello qui sopra, avessi pubblicato quel ciclostilato stampato in 2.000 copie la cui copertina fu vergata velocemente non so da chi, su una matrice di ciclostile.
Comunque quella Mostra in piazza delle Poste, fu fortemente voluta dal sottoscritto e dal gruppo di giovani che mi sostenevano, sin dal primo momento in cui mi fu affidata la Segreteria provinciale del FdG.; mentre fu osteggiata dai Dirigenti del MSI, molti dei quali persone anziane che giustamente non volevano fastidi di nessun tipo, i quali erano abituati a chiedere le piazze solo in occasione delle campagne elettorali.
Lo dico non per mania di protagonismo, ma perché a leggere il libro “Quel 12 Novembre”, per chi come me sa come sono andate le cose c’è da sbellicarsi dalle risate. Secondo l’autore quella mostra rientrava in una strategia internazionale, fatte di trame nere, di attentati alla democrazia, di colpi di Stato e di altre amenità che all’epoca erano molto in voga nella narrazione che la sinistra faceva della destra. Quella mostra fu voluta da un ragazzo di vent’anni, con a fianco altri due coetanei e che alle sue spalle aveva soltanto un centinaio di ragazzini delle scuole medie superiori.
Come tu sai io non ero cresciuto nel partito, quindi ero portatore di una cultura movimentista, non fatta di tessere ma di azioni concrete, e se mi fu dato quell’incarico fu solo perché eravamo all’indomani della scissione interna al MSI, che si era spaccato verticalmente in due. Mi ricordo quando Francesco Giancaspro di Bari mi segnalò a Gianfranco Fini perché mi nominasse Dirigente Nazionale del Fronte, arrivò un telefonata sulla sede, in via Vignes che si trovava al primo piano sull’Armeria Calabrese, il Comandante Becherini lui che ra sempre compassato, venne di corsa e a bassa voce mi disse:” corri c’è il Segretario Nazionale del Fronte”. Arrivai trafelato e dissi: “buongiorno segretrario” lui mi rispose di chiamarlo Gianfranco che era un ragazzo pure lui solo con qualche anno in più. Poi mi chiese cosa fosse quel baccano che sentiva, gli risposi che era una conferenza in cui si ascoltava anche della musica scritta e cantata dai nostri giovani. Lui disse che quelle iniziative dovevano essere comunicate al Secolo d’Italia, il quotidiano del partito, perché dovevano sapere quello che organizzavano i giovani, io mi misi a ridere pensando che iniziative come quelle le facevamo un giorno si e uno no. Poi mi disse che non aveva ricevuto il tesseramento, e che io nella storia del MSI ero l’unico Segretario Provinciale, nonché Dirigente Nazionale giovanile che non era tesserato. Questo a dimostrazione di come non avessi la ben minima idea di come funzionasse un partito. Provai giustificarmi poi gli chiesi quante dovevano essere questi tesserati, spaventato dall’idea di dover perdere un sacco di tempo nel tesserare le centinaia di ragazzi che venivano a trovarci. Fini mi rispose almeno una ventina, allora rassicurato gli risposi va bene faccio tesserare tutti quella della Giunta Provinciale del Fronte. Quindi com’è che mi ritrovai a ricoprire quel ruolo di leader dei giovani missini? Dopo la scissione metà dei dirigenti erano andati via e dato vita ad una nuova formazione politica Democrazia Nazionale, a Lecce andò via l’onorevole Pietro Sponziello, leader indiscusso per partito salentino da trent’anni, e lo stesso era capitato a Brindisi con l’Onororevole Clemnete Manco. Almirante ordinò che in tutte le città doveva essere riorganizzato il Fronte della Gioventù, a Lecce gli eretici rientrarono nel partito e tra questi Enrico Gabellone, che mi segnalò come il giovane che poteva riorganizzare il Movimento giovanile del MSI. Quella manifestazione la chiesi più volte nell’arco di quell’anno e mi fu sempre negata con una scusa o con un’altra, dalla polizia. Qualcuno in Questura alla fine mi fece capire chiaramente che se non avessi avuto l’appoggio del partito non avrei ottenuto la piazza.
Così durante la riunione di Giunta del MSI, posi la questione e quando vidi che per l’ennesima mi trovavo di fronte ad un muro di gomma, mi giocai la carta vincente. Chiesi ai Dirigenti se per caso non avessero paura, perché in quel caso io avrei capito e desistito. Apriti cielo, iniziò prima Carmelo Oliva e a ruota suo cugino, poi fu la volta del carissimo Dottor Antonio Catamo, e dopo aver ricordato a me giovane impertinente, quali prove avevano dovuto superare nella loro vita, rivolti a Giorgio Bortone gli dissero di non indugiare oltre e darmi il permesso di parlare anche a nome del partito. Manolo Russo fece un mezzo sorriso, pensando alla mia furbata, e così Mario De Cristofaro fece buon viso cattivo gioco e disse che mi avrebbe accompagnato all’indomani in Questura. Non ricordo se in quell’occasione era presente pure Fedele Pampo, Segretario Nazionale della Cisnal e Adriana Poli , all’epoca Consigliere comunale. Quando la riunione finì Manolo mi prese sotto braccio e mi disse:”Valerio qui nessuno ha paura, e tu vedi di non esagerare. Comunque hai fatto bene”.
Manolo era un armadio e nonostante il suo aspetto bonario se diceva di non esagerare andava preso sul serio.
L’indomani insieme a Mario andammo in Questura, Mario alzò la voce per cui si convinsero che il partito appoggiava la mia richiesta, e ci concessero quella benedetta e tanto agognata mostra grafica e fotografica in Piazza delle Poste per il giorno del 12 Novembre.
Quella Mostra arrivava alla fine di un anno pieno di iniziative, che aveva visto la Giovane Destra primeggiare sulla Sinistra giovanile. I giovani di destra stranamente mietevano successi nelle scuole, le strade erano costantemente “pattugliate” da ragazzi e sopratutto ragazze, una novità per la destra leccese, che si occupavano della vendita militante del giornale “Dissenso” o di ciclostilati, come : ”Chi vuole la violenza a Lecce” o “Chi vuole la droga a Lecce”, si arrivò a venderne 5000 in un mese, la città era tappezzata da vecchi manifesti riutilizzati, manifesti scritti a mano, poi c’erano delle vignette disegnate o fatte a “stampo” sul retro di vecchi manifesti così riutilizzati, per non parlare degli slogan che campeggiavano sui muri della città realizzati con le bombolette spray.
Ora quei giovani alzavano tiro, reclamavano la piazza. Si era in presenza di una giovane destra che parlava dei problemi di attualità, dalla disoccupazione giovanile, all’abolizione della leva obbligatoria, dall’ecologia al mondo della comunicazione, produceva musica alternativa, grafica, pittura, apriva radio e preparava i giovani alla politica, e che desiderava farsi conoscere, confrontarsi con i giovani e anche con gli avversari. Ricordo quando invitammo un gruppo di ragazzi Lotta Continua sulla sede del MSI, che incuriositi, accettarono e con i quali ci confrontammo sui temi del momento. Alla fine nessuno rimase folgorato sulla via di Damasco, ma quanto meno capirono che non eravamo quei mostri che ci dipingevano, e comunque era meglio confrontarsi che scontrarsi. Non sto a dirvi quante me ne disse il comandante Becherini, perché avevo dissacrato quel luogo portando i comunisti. Ah,ah, ah…
Si organizzavano feste nel salone del partito, mostre è il giornale parlato. Una di queste la organizzammo a Squinzano, con i comunisti che vennero disturbare, ma senza successo, e alla fine però, invece di fare un plauso a quei ragazzi che finalmente uscivano dalle sedi per andare nelle piazze, fui rimproverato dai dirigenti del partito, perché i miei ragazzi facevano casino.
Una giovane destra che si occupava dei problemi delle periferie e le presidiava, una tra tante, a Santa Rosa per esempio c’era un attivissimo gruppo di militanti al seguito di Rudy Russo, ne ricordo uno in particolare passino sempre sorridente che già all’epoca praticava arti marziali.
Una giovane destra che con fatica cercava di lasciarsi alle spalle quell’armamentario fatto di frasi nostalgiche dei continui riferimento al passato, capace di misurarsi con le problematiche del momento di affrontarle in modo sostanzialmente diverso da come faceva il MSI. Per fare un esempio concreto ecco come il partito ed il Fronte affrontarono in modo diametralmente opposto l’uccisone dell’On. Aldo Moro per mano dei comunisti. Il manifesto del Partito così titolava: SIAMO CONTRO LA VIOLENZA DA QUALSIASI PARTE PROVENGA firmato Movimento Sociale Italiano, come dire che si riconosceva che c’era anche una violenza di destra che in qualche modo poteva essere paragonata a quella delle Brigate Rosse. Insomma un po l tesi degli opposti estremismi di democristiana memoria. Mentre il nostro era di tutt’altro tenore. MORO: CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA firmato Fronte della Gioventù.
Un manifestino, grande la metà dei normali manifesti cm. 50x 70, affissi sui 100 angoli ella città, che ci eravamo studiati, affissi con la colla della carta da parati riformata da colla vinavil per il legno. Per cui difficili da defiggere e sopratutto costantemente controllati. Il controllo sul capoluogo era capillare, di giorno e di notte.
Sono in grado di dirvi persino dove furono affissi gli ultimi due manifesti a sera tardi, dai giovani militanti comunisti. La sinistra extraparlamentare mise gli ultimi manifesti sui due angoli di strada di fronte a piazza del Duomo, un’ora dopo venivano affiancati con manifesti del Fronte con la risposta.
Allora la sinistra decise di cambiare strategia, non più il confronto ma lo scontro.
Pintor da Roma venne e Lecce, si incontrò con le organizzazioni di estrema sinistra nell’Università, l’unico posto in cui la sinistra era restata egemone e un giorno magari vi racconterò il perché.
Il resto è storia nota, la sera prima la Questura ci revocò il permesso di esporre i cartelli in piazza, mi fu detto chiaramente dal Commissario Laquaniti che l’ordine era arrivato da Roma, dal Ministero degli Interni, che non era concepibile in tutt’Italia il Fronte della Gioventù si accontentava di fare testimonianza mentre a Lecce, (oltre a Trieste ma che aveva tutta una storia particolare), cresceva di giorno in giorno. Mi disse queste precise parole: “ Mi dispiace, sei un ragazzo che mi sta simpatico, ma ho l’ordine di fottere il Fronte e per farlo devo fottere te, domani se metti piede in piazza ti arresterò”.
Il giorno dopo scendemmo in piazza Sant’Oronzo manifestando pacificamente seduti sulla piazza con in mano dei manifesti su cui c’era scritto semplicemente “DISSENSO”. I manifesti ci furono strappati di mano e noi cominciammo a gridare “Polizia rossa, polizia rossa”. Poi alcune decine di noi si incamminarono andando verso via Cavallotti a fare volantinaggio, qui fui bloccato da Laquaniti e altri due poliziotti, ma fui liberato da quei ragazzini che erano al mio seguito, arrivammo in Piazza Mazzini e mentre ritornavamo sui nostri passi fummo caricati senza motivo e stranamente, da poliziotti piuttosto anziani, ci disperdemmo senza fare resistenza, così come avevamo deciso la sera prima.
Ciò nonostante io fui denunciato per aver organizzato la manifestazione “sediziosa” e aver “gridato polizia rossa”. Mario e Manolo furono arrestati per aver mandato al diavolo due poliziotti che li avevano fermati per prendergli le generalità. Comprendemmo il giorno dopo, come mai i poliziotti che ci avevano caricato erano tutti anziani, perché i giovani della Celere stavano fronteggiando i comunisti armati di molotov e di P38.
Caricandoci ci avevano salvato, impedendoci di entrare in contatto con i gruppuscoli l’estrema sinistra che erano armati di tutto punto. Fummo salvati, perché come la stessa Questura dichiarò in un Comunicato stampa, non avevamo armi né per offendere né per difenderci, per cui ci avrebbero massacrati.
L’estrema sinistra utilizzo bombe Molotov, bruciò la sede del Sindacato della Cisnal in piazzetta Castromediano, sparò contro i poliziotti. Tredici di loro furono arrestati.
Ebbene il circo mediatico si mise in movimento in difesa dei giovani “democratici” e contro i fascisti brutti e cattivi.
Da Magistratura Democratica alla Cgil, dal Pci, al Psi, ai giornali di regime, articoli, interviste a politici, ad amministratori comunali, docenti universitari sempe pronti a firmare qualsiasi cosa, persino un libro scritto da un giovane che all’epoca militava nell’estrema sinistra dalla vivida fantasia, e che oggi è un importate giornalista. Tutti a dare addosso a questi ragazzini di 15-16-17 anni che avevano protestato pacificamente. Io insieme ad un paio di amici avevamo 20 anni, e Mario e Manolo erano presenti in qualità di dirigenti del partito, per controllarci perché non facessimo cazzate.
Potete immaginare il clima che si respirava nella sede del MSI.
Mi limito a dirvi che non parteciparono alle udienze in Tribunale che comunque vedevano imputati il sottoscritto, che era Segretario Provinciale giovanile, e che il segretario Nazionale Gianfranco Fini aveva voluto nella Direzione Nazionale del Fronte della Gioventù. Mario De Cristofaro che era un importante dirigente del Partito che ricopriva incarichi anche a livello nazionale e Manolo che era un Dirigente provinciale.
Quando gli chiesi di essere presenti in aula, mi fu detto di andarci da solo insieme ai miei giovani, quando feci presente che i ragazzini ci sarebbero stati, ma davanti a loro ci saremmo dovuti essere noi ventenni degli adulti andarci manforte nel caso fossimo aggrediti.
Mi fu riposto picche, anche da coloro che facevano i duri e puri, e mi diedero del matto.
A noi del Fronte il partito impedì qualsiasi uscita pubblica a sostegno di Mario e Manolo che erano stati arrestati, perché se avessimo tappezzato la città di manifesti e di scritte, secondo loro avremmo danneggiato la loro posizione. La rabbia era tanta, perché ci avevano impedito di manifestare pacificamente su una piazza, ci avevano aggredito e oggi venivamo accusati di essere noi i violenti, avremmo voluto mettere a ferro e fuoco la città, ma ci fu impedito dal partito partito parole come sciacalli.
Cosa che noi ritenevamo assurda, ma trattandosi di dirigenti di partito, ci adeguammo.
L’unica cosa che facemmo, nel tardo pomeriggio i ragazzi del fronte andarono sotto al carcere a portare la loro solidarietà a Mario e Manolo. Dopo un po’ infastiditi dalla nostra presenza le guardie accesero gli altoparlanti e la sirena cominciò ad emettere il classico suono acuto, era il segnale di allarme e noi ci allontanammo.
Quella stessa sera organizzai in fretta e furia una riunione del Fronte dicendo a tutti i presenti che nel caso fossi stato arrestato, avrebbero dovuto mettere a ferro e fuoco la città, altrimenti quando fossi uscito sarei andato prenderli da casa uno per uno. E spiegai loro che quando manca la forza il diritto scompare. La storia andò a finire in questo modo.
Io accusato di adunata sediziosa e grida sediziose, fui condannato a due mesi, Mario e Manolo per resistenza a pubblico ufficiale se non ricordo male a sei e otto mesi.
Ebbene i 13 ragazzi di sinistra, che non erano ragazzini di 15, 16 o 17 anni, come quelli del Fronte, ma mediamente erano trentenni, accusati di:
TENTATA STRAGE perché avevano utilizzato le Bombe Molotov;
COSTRUZIONE DI ESPLOSIVI;
TRASPORTO DI ESPLOSIVI;
TENTATO OMICIDIO perché avevano sparato ad altezza uomo;
LESIONI, avevano ferito dei poliziotti;
DANNEGGIAMENTI avevano distrutto la sede del Sindacato che si trovava al primo piano e bruciato delle auto che si trovavano nelle vicinanza.
Ebbene questi signori ottennero come massimo della pena la condanna a 13 mesi.
L’aula del Tribunale era affollata di attivisti della sinistra extraparlamentare, gente che aveva dimostrato di essere in grado di sparare, bruciare, utilizzare bombe molotov.
Il Pubblico Ministero, ossia quella che doveva essere l’accusa, si trasformò nella difesa, infatti dichiarò, che non si poteva parlare di tentata strage, in quanto nessuno poteva dire se era loro intenzione compiere una strage quando hanno fatto esplodere le Bombe Molotov, non si poteva parlare di tentato omicidio, perché se pure avevano sparato ad altezza uomo, nessuno poteva dire se avessero intenzione di ammazzare, cadeva anche l’accusa di costruzione di esplosivo, in quanto non si poteva dimostrare che fossero stati loro a costruire le molotov, e lo stesso valeva per il trasporto, come se le bombe molotov fossero arrivare da sole a Piazza Sant’Oronzo.
Questo era il clima che si respirava in quegli anni….ma per certi versi si respira ancora oggi.
(Nella foto il cartello di m. 3,00×1,60 che avrebbe dovuto campeggiare all’ingresso di quella mostra che non si tenne a causa della violenza comunista e delle complicità democristiane).
Ps:
Giuseppe hai citato alcuni nomi di quei ragazzi con i quali abbiamo vissuto quell’avventura, ma erano davvero tanti che con tutta la buona volontà non riuscirei a ricordarne neppure una piccola parte. Certo mi ricordo di coloro con i quali poi ci siamo rivisti negli anni, Massimo Ruggio, Maurizio Ancora, Marcello Melissano, che ogni volta che mi vede mi chiede:”quando organizzi una rimpatriata”. Antonello Nisi, Chigo Marra, Ronzina, Grazia e Franca De Leo, Valeria Falco, Giuseppe Ripa, Vincenzo Pitotti, mi sfuggono cognomi dei giovanissimi Sandro e Tiziano, quest’ultimo l’ho incontrato negli studi di Telerama, e poi Toti Calò che ho scoperto condividere passioni e professione, è divenuto fotografo, scrittore, stampatore ed editore, c’erano due ragazzi che venivano uno era figlio di un poliziotto della squadra politica, il cui papà si raccomandava affinché non fosse in prima fila, mi diceva: “se lo fermano che figura ci faccio con i colleghi”, l’altro era una ragazzo che si era trasferito a Lecce da poco, figlio del Direttore del carcere. Poi c’erano Fabio e Donato Danisi, Antonio Rizzo con suoi amici Beppe Bray e Federico Pascalis Mazzarella, che mi dicono oggi faccia l’avvocato, all’epoca ebbero una disavventura con la Digos, per fortuna poi andò tutto bene. Antonio è divenuto poi poliziotto e oggi fa la bella vita in Brasile, credo. Antonio Monteforte in Germania, il compianto Cesare D’Agostino che mi portava da mangiare sulla sede quando non rientravo casa per il pranzo, Giampiero Valle all’epoca quindicenne, come tanti altri giovanissimi militanti. E poi centinaia di volti ai quali non riesco ad associare un nome. Alfredino e Tonino Pensa, Armando e Sandra Pinnellini, ma gli stessi Enrico Bleve ed Enrico Guidato o Antonio Firenze, Paolo Rondinella, Claudio e Fabio Pensa, Alfredo (il Macellaio), Cecchino D’Ostuni, Piero Toraldo che di quando in quando venivano a darci una mano, come lo stesso Claudio Danisi. Poi c’erano i giovani della generazione che ci aveva preceduti, che guardava questi ragazzini un po’ con fastidio un po’ con tenerezza, ogni tanto ci deliziavano con le loro “lezioni”. Egido Personè insieme a Gino Ratano ci insegnavano come difenderci nel caso fossimo attaccati da un gruppo di comunisti, evento che non era raro, anzi. Procurarsi subito un sedia…un bastone o un qualsiasi corpo contundente…tirarla con decisione in testa al primo aggressore, poi lanciarla sulla faccia del primo che si faceva sotto poi….. correre, correre, correre, sino a raggiungere l’Alvino, lì eravamo al sicuro. Ovviamente c’era sempre qualche ragazzino che sornione se ne usciva con qualche battuta, del tipo Egidio ma se non ci sono sedie e non ci sono bastoni – Allora pigghi nna petra e nni la seni a ncapu- Egidio e se non c’è neanche la pietra?- e allora Egidio incazzato chiudeva la lezione con queste significative parole: “e allora bu la piggliati a nculu”. Poi come già ricordato da Giuseppe, tra gli “eretici” c’erano Ernesto Ciminiello sempre serio e generoso, il compianto Enrico Gabellone che mi spiegava le strategia da utilizzare, Massimo Stefano, fratello del mio compagno di scuola Sergio, Giandomenico Casalino sempre pronto a citare una sfilza di autori e di libri che aveva letto. Poi c’erano Elio Taurino, il Professore col suo inseparabile amico di cui non mi sovviene il nome, il direttore Giancarlo Margari, poi dall’Avino ogni tanto transitava Rino Martini con la sua metà, si informava e poi andava via. Poi c’era Franco Russo che ammiravo molto, ma con il quale non avevo molta confidenza, mi dava l’impressione che fosse il più saggio di quella generazione che ci aveva preceduto. Poi tutte le signore che hai citato tu Giuseppe, dalla Magda che era una dolce guerrirera, prematuramente scomparsa, a Fiorella, le sorelle Calvi e avvolti che pero laneria del tempo ha avvolto. Ma torniamo ai ragazzi. Gildo Scalinci da Surbo con almeno un venti di ragazzini, alcuni ancora oggi quando mi vedono sono cordialissimi, Rolando Marasco in quel periodo studiava fuori, Cesare dell’Anna, Massimo Leone, Italo Stifani e il compianto fratello Claudio da San Cesario. Poi c’era l’immancabile Roberto Tundo da Melissano che veniva sempre accompagnato da due ragazzi i cui nomi non ricordo, Graziano De Tuglie e Giuseppe Fracella a Nardò. Un nutrito gruppo di ragazzi veniva da Squinzano di cui ricordo Vittorio Visconti, Salvatore Miccoli, il Foggiano. A Copertino c’era Claudio con una decina di ragazzi al seguito, da San Pietro veniva Giancarlo Liquori, Claudio Vazzano, Gianfraco De Leo, scomparso prematuramente. A Novoli avevamo un ragazzo in gambissima, pure lui avvolto nella nebbia della memoria, così come a Carmiano, Fernando (il fumatore) con un gruppetto, c’era “Psiche” che mi insegnò l’ipnosi, da Lizzanello Massimo Mevoli con altri amici, Antonio Martina, anche lui venuto a mancare giovane, il cugino Rocco De Dominicis, l’attivissimo Roberto Baldassarre che allora frequentava l’agrario e che poi ha rivestito importanti ruoli politici, Giovanni Frassanito frequentava il commerciale e veniva da Veglie. Da Vernole Giorgio, che oggi è a capo di un’importante azienda che si occupa di sicurezza, che veniva in compagnia di Armando il cui papà aveva un’officina di moto proprio all’ingresso del paese. Poi c’era Franco Pistola, sempre da Vernole. A Cavallino erano in tanti gli amici di infanzia che a vario titolo aveva coinvolto nella mia avventura politica. Poi crepano giovanissimi, Lucio che oggi fa il medico, Ennio che la l’avvocato, Vincenzo che è medico nella Sanità pubblica, che era sempre in compagnia del cugino. Chiedo perdono alle centinaia e centinaia di ragazzi con i quali ho condiviso delle esperienze significative, se in questo momento non mi vengono alla mente. Altri li ricordo, ma dato che successivamente hanno rivestito ruoli anche importanti in formazioni politiche o all’interno di amministrazioni pubbliche, non so se hanno piacere a che siano ricordati i loro trascorsi giovanili all’interno della destra “libertaria”. _______
LA RICERCA nel nostro articolo di ieri
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Caro Valerio, grazie per il tuo circostanziato intervento, che affidiamo alla Storia, in quanto quel 12 novembre leccese esce dai confini provinciali e diventa emblematico di tutto un periodo italiano, che nel frattempo abbiamo imparato a chiamare ‘gli anni di piombo’
Continuo a ricevere privatamente tante reazioni ‘POLITICHE’ al mio articolo di ieri, che – è questa la verità – non aveva nessun intendimento politico.
La verità è che ieri ero solo, triste e sconsolato, ho visto la data, ho ricordato, ho rielaborato un po’ di materiali, e ho scritto, ma non per ragioni politiche, bensì personali, solo per recuperare, almeno nell’atmosfera, un po’ di forza e un po’ di entusiasmo, dai ricordi, di quando avevo vent’anni, forza ed entusiasmo che ora non ho più, tutto qui, semplicemente questo.
Sono d’accordo con te nel dire che non c’è alcun intendimento politico, non abbiamo un forza politica ma neppure un movimento a cui fare riferimento. Forse perchè siamo disillusi, forse perchè “abbiamo già dato” come suol dirsi o forse, come tu dici, le energie vengono meno.
La lettera aperta che ti ho inviato era per ringraziarti di avermi ricordato quella data, che a me era completamente sfuggita. Ma poi il ragazzino che ancora vive in me, ha avuto il sopravvento sulla mia pigrizia. Ringrazio te per aver fatto affiorare quei ricordi lontani e ne approfitto per ringraziare tutti quei ragazzi/e che ci furono a fianco e ci regalarono meravigliose emozioni e ci permisero di urlare in faccia al mondo Il Nostro Canto Libero.
Grazie Valerio per la citazione.
Eravamo giovani, ma eravamo grandi.
Grazie Valerio per la citazione, io e Cesare avevamo 15 anni