“Siamo la generazione che cambierà il mondo”, MA A LECCE QUESTA MATTINA IL ‘FRIDAY FOR FUTURE’ HA FATTO FLOP
di Giuseppe Puppo _______
“Siamo la generazione che cambierà il mondo”…Dove l’avevo già sentita questa frase qua?
Il problema adesso è che il mondo l’abbiamo già cambiato, radicalmente in peggio, ma tanto il nostro pianeta in qualche modo sopravviverà, siamo noi tutti quanti del genere umano che ci estingueremo, anzi, ci stiamo già estinguendo.
In attesa che il destino si compia, oggi si tengono manifestazioni in tutto il mondo per richiedere una rapida azione per il clima da parte dei leader politici, organizzate da Fridays for Future.
A Lecce però ‘scioperare per il clima’ si dice nargiare. Me ne accorgo subito andando in centro – a piedi, rigorosamente – con via Trichese affollata tanto da sembrare lo struscio per la posa del sabato sera, di ragazzine esuberanti nei loro top sgargianti, con le gonnelline nere svolazzanti sopra gli stivali, e frotte di ragazzi che arrancano dietro ai loro gridolini e agli sguardi ammiccanti.
Alle 10.00, ora fissata per l’inizio, nell’ovale della piazza, non ci sono più di una trentina di persone, più tardi arriveranno a un centinaio mal contati. Nemmeno Sant’Oronzo c’è, l’hanno smontato, e rinchiuso, deportato da qualche parte.
E Greta Thunberg i miracoli non li sa fare.
Meno male che butta un’aria fresca, ma sotto al sole dell’estate salentina che non ne vuol sapere di finire, fa proprio caldo, la giacca pesa e la camicia si imperla di sudore.
Onore e merito a questi cento, comunque sia, per la loro presenza, perseveranza, speranza e testimonianza.
Sono studenti delle superiori in prevalenza, con qualche universitario, seduti per terra, qualcuno con un cartello davanti.
Vergognosa l’assenza totale di rappresentanti delle Istituzioni.
La manifestazione (nella foto) è una specie di assemblea scolastica all’aperto, in cui parla chi vuole. L’impianto di amplificazione non è dei più sofisticati, diciamo che fa rimpiangere il vecchio megafono.
Qualcuno di questi ragazzi che intervengono c’ha la voce tremula, l’emozione che porta le loro parole, fanno tanta tenerezza, quando confessano che è la prima volta che parlano in pubblico, quando raccontano di aver litigato con l’indifferenza dei genitori, con la supponenza dei professori, quando si bloccano e ripetono quello che hanno appena detto.
Sono autentici, sono arrabbiati. Sono autenticamente arrabbiati.
Della ventina di interventi che si sono susseguiti per quasi due ore, a parte le denunce, le esortazioni, l’individuazione del cambiamento che deve partire dalla pratica quotidiana di ognuno di noi – concetti già ampiamente divulgati e in qualche modo diventati non dico acquisiti, ma almeno conosciuti, questo sì – colgo due spunti inediti che mi sembrano di particolare interesse.
Una studentessa dell’Università del Salento, facoltà di Scienze Biologiche, se la piglia con i suoi docenti, buoni a far lezioni teoriche, ma pronti a restare fermi, o a fare un passo indietro, quando per le scienze biologiche bisognerebbe lottare di persona, in questo nostro Salento, devastato dalle così dette grandi opere strategiche, dagli insediamenti industriali del profitto di pochi a danno della salute di tutti, delle trivelle, delle discariche di ogni genere di schifezze possibili e immaginabili, della desertificazione galoppante, delle falde acquifere inquinate dalla chimica, e certo l’indifferenza uccide piante, animali e genre umano quanto gli scempi degli affaristi dell’alta finanza internazionale, dai lobbysti delle multinazionali, e dei politici loro servitori.
Infine, a proposito di acqua, ne lamenta lo sfruttamento, in generale, e la mancanza addirittura, di acqua corrente potabile, nei locali della sua facoltà.
A proposito di politica….Un giovane dai lunghi capelli neri, vagamente stile freak tardo anni Sessanta, ricorda che bisogna interessarsi di politica, che bisogna partecipare e soprattutto che i cittadini hanno l’arma del voto.
E votiamo, allora, certo…Già, ma per chi? Li abbiamo votati, i Verdi, amico mio, e abbiamo fatto di peggio, abbiamo votato i Cinque Stelle, che ci hanno inferto al cuore della democrazia una ferita micidiale. Abbiamo votato anche Nichi Vendola,e ci siamo fatti fregare di nuovo pure da Michele Emiliano.
Lui si ferma un attimo, come a cogliere l’ eco fortissima delle domande che devono essere sgorgate prima di tutti dentro di lui. Però poi ricomincia subito con una soluzione. La soluzione è creare un nuovo partito, un nuovo movimento.
Sembra buttata là, ma non è un’idea malvagia, tutt’altro. La rumino mentre torno a casa, una unione, sì, una federazione di enti, associazioni, volontariato, partiti e partitini già esistenti, un cartello unitario, post ideologico, trasversale, che includa e non escluda, se ognuno saprà rinunciare a individualismi, personalismi, motivi di facciata, se saprà unirsi su quello che può unire, e non dividersi, su quello che il sistema crea pretestuosamente per dividere.
Il mio dibattito interiore trova lo sconforto della situazione per strada, verso mezzogiorno.
Via Trichese brulica di giovani e giovanissimi scappati da scuola a zonzo di qua e di là, e comunque quando presto ci estingueremo quelli delle multinazionali arricchiti saranno gli ultimi a morire.
Mac Donald presenta la nuova sede affollatissima dentro e fuori, e crocicchi di astanti che annusano l’aria in attesa di poter addentare qualcosa di concreto.
Appena poco più avanti, Zara è affollata, davanti l’ingresso tre ragazze affrontano il problema di che mettersi per uscire ‘stasera.