ULTIM’ORA / IL CONSIGLIO DI STATO SALVA IL MOSTRO, DA’ RAGIONE AI PROPRIETARI VECCHI E NUOVI E DA’ TORTO AI CITTADINI: “non c’è imminente pericolo per la salute”

| 23 Giugno 2021 | 1 Comment

(Rdl)______La legge prevedeva il deposito della sentenza entro il termine di quarantacinque giorni, termine da calcolare a partire dal 13 maggio scorso, giorno della discussione del ricorso di ArcerlorMittal a cui si sono affiancati anche Ilva in amministrazione straordinaria, società proprietaria degli impianti e il Ministero per la Transizione ecologica.

I giudici del Consiglio di Stato in ultima istanza dovevano decidere se confermare oppure ribaltare la sentenza emessa il 13 febbraio scorso dal Tar di Lecce che aveva disposto lo spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento, come imposto dall’ordinanza del sindaco Rinaldo Melucci.

Lo scorso marzo, i giudici del Consiglio di Stato avevano concesso la sospensiva ad ArcelorMittal  riservandosi la decisione finale di merito e fissando l’udienza a maggio.

Poi, la lunga attesa.

Oggi la parola definitiva, da parte della massima autorità amministrativa.

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto gli appelli di Arcelor Mittal Spa e di Ilva Spa in amministrazione straordinaria, per cui potranno continuare la loro produzione.

La motivazione sta nel fatto che, secondo quanto hanno valutato i giudici del Consiglio di Stato, “non c’è imminente pericolo per la salute”.______

 

AGGIORNAMENTO delle ore 16.40. Il Consiglio di Stato ha diramato il seguente comunicato, in merito alla sua decisione resa nota oggi

GIUSTIZIA   AMMINISTRATIVA  UFFICIO STAMPA E COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

ILVA, CDS: ORDINANZA SINDACO NON LEGITTIMA PER ASSENZA PERICOLO IMMINENTE

 

Con la sentenza n. 4802 del 23 giugno 2021, la Sezione IV del Consiglio di Stato, accogliendo gli appelli di Arcelor Mittal S.p.a. e di Ilva S.p.a. in amministrazione straordinaria, ha annullato l’ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020, con cui il Sindaco di Taranto aveva ordinato loro, nelle rispettive qualità di gestore e proprietario dello stabilimento siderurgico “ex Ilva”, di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla “sospensione/fermata” delle attività dello stabilimento. L’ordinanza era stata emessa, nell’esercizio dei poteri di necessità e urgenza del Sindaco a tutela della salute della cittadinanza, a seguito di episodi di emissioni di fumi e gas verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020 e delle successive verifiche ambientali e sanitarie.

Il Tar della Puglia, sezione staccata di Lecce, pronunciandosi in primo grado sul ricorso delle due società, lo aveva respinto a seguito di un’approfondita istruttoria.

In particolare, la Sezione non ha condiviso la tesi principale delle società appellanti, secondo cui deve escludersi ogni spazio di intervento del Sindaco in quanto i rimedi predisposti dall’ordinamento, nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) che assiste l’attività svolta nello stabilimento, sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente. Tuttavia, ha ritenuto che quel complesso di rimedi (compresi i poteri d’urgenza già attribuiti al Comune dal T.U. sanitario del 1934, i rimedi connessi all’AIA che prevedono l’intervento del Ministero della transizione ecologica e le norme speciali adottate per l’Ilva dal 2012 in poi) sia tale da limitare il potere di ordinanza del Sindaco, già per sua natura “residuale”, alle sole situazioni eccezionali in cui sia comprovata l’inadeguatezza di quei rimedi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica.

Premesso che l’accertamento giudiziale doveva concentrarsi unicamente sulla legittimità dell’ordinanza del Sindaco senza poter estendersi alle annose e travagliate vicende che hanno interessato lo stabilimento “ex Ilva” (oggetto di un piano di adeguamento adottato in base alla legislazione speciale post-2012, le cui tempistiche sono già state considerate legittime dal Consiglio di Stato con due pareri del 2019), la Sezione ha ritenuto che in concreto il potere di ordinanza d’urgenza fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto.

Pertanto, pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani (relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”), si è concluso che “nella specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’A.I.A.”, non essendosi evidenziato un pericolo “ulteriore” rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale.

Correlativamente, pur non condividendo l’impostazione delle società appellanti le quali imputavano al Tar leccese di aver debordato dal proprio ambito di giudizio, finendo per occuparsi dell’idoneità e adeguatezza delle misure connesse all’AIA anziché della legittimità dell’ordinanza del Sindaco (laddove invece la verifica dell’efficacia di tali misure era proprio finalizzata all’accertamento circa la sussistenza o meno dei presupposti per l’intervento del Sindaco), la Sezione ha ritenuto che il rigetto del ricorso in primo grado non trovasse conforto neanche nelle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso Tar, laddove da un lato è emerso che i più recenti episodi emissivi non sono dovuti a difetti strutturali dell’impianto, dall’altro è stata acquisita una congerie di dati a volte non pertinenti e comunque non tali da provare in modo certo l’esistenza di particolari anomalie tali da costituire serio e imminente pericolo per la popolazione. Anche sotto tale profilo, l’ordinanza risulta quindi emessa “senza che vi sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la probabilità della loro ripetizione”.______

 

LA RICERCA nel nostro ultimo articolo sulla questione, del 19 giugno scorso

IL MOSTRO LI ALLEVA A PIOMBO E ARSENICO. OGGI NUOVE E SEMPRE PIU’ ALLARMANTI RIVELAZIONI SCIENTIFICHE SULLO STATO DI SALUTE DEI BAMBINI TARANTINI

Category: Cronaca, Politica

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Comments (1)

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  1. Giustizia per Taranto - tramite Facebook ha detto:

    TARANTO DICE BASTA!
    ll Consiglio di Stato ha negato lo spegnimento dell’area a caldo, andando in contrasto con la sentenza del Tar di Lecce dello scorso febbraio che ne imponeva la chiusura. Ancora una volta viene quindi negata giustizia a Taranto, nonostante la sentenza del Tribunale amministrativo di Lecce avesse emesso una sentenza con opportuni richiami a precedenti espressioni dello stesso Consiglio di Stato.

    Un giudizio che, alla luce delle nuove evidenze scientifiche e sanitarie che sottolineano ancora eccessi di mortalità e di mortalità e di malattie correlate agli inquinanti immessi dall’impianto siderurgico sul nostro territorio, non esitiamo a giudicare, come sempre, sbilanciato verso la produzione e il profitto piuttosto che la vita.
    Investire sui prodotti invece che sul capitale umano è una strategia economicamente perdente, politicamente miope e retrograda,foriera di ulteriori fallimenti economici e sociali cui la nostra comunità non intende arrendersi.

    Tuttavia, nonostante questa battuta d’arresto, la battaglia che conduciamo da anni non si ferma ed ha ancora svariati e fondati motivi per essere combattuta e vinta: i fantomatici piani del Governo per l’ex-Ilva, infatti, restano assai precari e non supportati né a livello economico, né tecnico e né da evidenze che escludano ulteriori ricadute sanitarie sul territorio.

    A ciò si aggiungono la condanna comminata nel 2019 allo Stato italiano da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e la pesantissima confisca degli impianti dell’area a caldo decisa qualche giorno fa nel processo Ambiente Svenduto, cui si è aggiunta anche quella pecuniaria di oltre due miliardi di euro ai danni di Ilva in Amministrazione Straordinaria.

    La confisca degli impianti darà, di fatto, la possibilità ad ArcelorMittal di recedere dal contratto di acquisto, lasciando Invitalia a gestire da sola una situazione che ormai fa acqua da tutte le parti.

    Quella pecuniaria, invece, pone un pesante macigno sulle possibilità economiche del Governo di dar seguito ai piani di riconversione annunciati, che comunque restano improbabili tanto quanto la possibilità di rendere compatibile la fabbrica con le vite dei tarantini.

    A pendere inoltre sulla nuova compagine societaria, che in un paradosso tutto italiano vede in Mittal un socio ed al contempo un concorrente dello Stato, ci sono anche gli esposti che la città continua a produrre per dimostrare l’esposizione ancora attuale agli inquinanti industriali.

    La crisi che attanaglia la fabbrica si trascina ormai da anni e dimostra l’impossibilità di trovarvi soluzione come la politica si ostina a concepire.

    In questo momento storico c’è l’irripetibile opportunità di attingere ai fondi europei per compiere scelte realmente risolutive dei drammi della nostra comunità. Occorre un programma di risanamento e riconversione che coinvolga tutta la città e attorno al quale scrivere una nuova e sana pagina di storia per Taranto.______
    – Giustizia per Taranto
    – Legamjonici
    – Taranto Respira
    – Peacelink
    – Associazione Verdi Taranto

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