INAUGURATO QUESTA MATTINA IL NUOVO ANNO ACCADEMICO, IL DISCORSO DEL RETTORE / “Università postpandemica: le prospettive dell’ateneo salentino”
di Fabio Pollice * Rettore dell’Università del Salento______
Saluto quanti hanno raccolto il nostro invito e sono oggi collegati per seguire l’inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021. Saluto le autorità civili, militari e religiose, la comunità accademica, simbolicamente rappresentata, qui in presenza, dai Direttori delle strutture più rappresentative dell’Ateneo e saluto con particolare affetto le comunità locali della Terra d’Otranto, sia perché mai come quest’anno le abbiamo sentite così vicine e ci siamo sentiti così vicini ad esse, sia perché conoscendo le difficoltà determinate dalla pandemia, ritengo sia opportuno fare giungere loro un messaggio di fiducia: noi ci siamo e vi supporteremo nella ripresa, impiegando tutte le nostre energie, certi che se è vero che il cammino che ci attende è denso di difficoltà, insieme saremo in grado di superarle e riappropriarci del nostro futuro.
Una inaugurazione tardiva
Più volte abbiamo rinviato l’inaugurazione un po’ con la speranza di poterla organizzare in presenza, sia pure nel rispetto delle limitazioni poste dalle misure restrittive vigenti, in parte perché avremmo voluto disporre di un quadro meno certo del futuro, in modo da non limitarci solo a tracciare un bilancio dell’anno appena trascorso, ma spingerci anche a prefigurare quello che sarebbe stato l’anno accademico che avevamo dinanzi. Ci siamo però resi conto con il passare delle settimane che il quadro non si faceva più certo e che la situazione epidemiologica andava addirittura peggiorando, rendendo di fatto impossibile, oltre che inopportuna, l’organizzazione di un evento in presenza. In realtà due sentimenti si contrapponevano in me, come credo in larga parte della nostra comunità accademica: da un lato, l’esigenza di proiettarsi nel futuro, lasciandosi alle spalle un anno davvero difficile; dall’altro, l’esigenza di sobrietà dettata non solo dal dramma di molte famiglie che hanno perso i propri cari a causa del virus, ma anche dalle difficoltà di un tessuto sociale duramente provato dalla crisi economica innescata dalla pandemia.
Alla fine, si è deciso di dare luogo all’evento inaugurale, proprio per ribadire la volontà della comunità accademica di superare le difficoltà del presente e puntare in maniera determinata verso nuovi orizzonti, per fare dell’inaugurazione un momento di svolta che delinei la strada da percorrere, al fine di restituire all’Università il suo ruolo di faro culturale e farne il motore dello sviluppo territoriale, portando la formazione ad essere un asse strategico non soltanto della ripresa economica, ma anche di una rinascita culturale, condizione ineludibile se si vuole davvero realizzare una transizione ecologica.
Bilancio di un anno pandemico
Il precedente anno accademico era iniziato sotto i migliori auspici. Avevamo dato impulso tanto alla ridefinizione della strategia di Ateneo che avremmo voluto presentare prima dell’estate scorsa, quanto ad un progetto riorganizzativo volto “a migliorare il benessere lavorativo e a rendere più efficiente e rispondente agli obiettivi istituzionali la struttura organizzativa”; un progetto, quest’ultimo, che avrebbe dovuto concludersi all’inizio dell’anno in corso. Entrambi questi progetti hanno subito un forte rallentamento a causa della pandemia. Nel primo caso siamo stati costretti a ridefinire gli obiettivi: non tanto quelli di natura strategica, giacché relativi ad un orizzonte di lungo periodo e a una visione della missione universitaria che non è stata scalfita dall’emergenza pandemica, quanto agli obiettivi di performance legati alla ripartizione della quota premiale del finanziamento ordinario da cui discende la stabilità finanziaria dell’Ateneo.
A fronte del perdurare di una situazione di incertezza sull’evoluzione del quadro normativo e, più in generale, del contesto entro il quale muove il sistema universitario, si è deciso di varare il Piano Strategico che è stato approvato dagli Organi di Ateneo e presentato alla comunità accademica con oltre sei mesi di ritardo, ma con il vantaggio di presentare un’architettura che tiene conto delle modifiche intervenute nel sistema dell’offerta universitaria a seguito della pandemia. Ancor più pervasive sono state le conseguenze che si sono registrate sul piano dell’avanzamento del progetto riorganizzativo: non poteva essere diversamente visto il trasferimento in smart working della quasi totalità della pianta organica nella fase di lockdown e il mantenimento in questa modalità di lavoro di oltre il 50% del personale nelle fasi ad essa successive. Il progetto riorganizzativo da qualche mese è ripartito, ma lo scenario è profondamente cambiato e si tratta di un cambiamento che influenzerà profondamente non solo gli assetti organizzativi delle strutture pubbliche e private, ma lo stesso modo di concepire il lavoro. Eppure, anche su questo piano, possiamo dirci soddisfatti dei risultati sin qui conseguiti. L’organizzazione ha reagito bene e, grazie all’impegno di tutto il personale in servizio, l’Università ha continuato ad erogare larga parte dei propri servizi, a partire dai corsi che sono passati in appena una settimana in teledidattica con una rapidità e un’efficienza che si è registrata in pochi altri Atenei in Italia. Merito anche di una ripartizione tecnica e tecnologica particolarmente efficiente. In questo stesso periodo si è sviluppato – prima – e varato – poi – il piano per lo smart working creando i presupposti perché questo strumento possa diventare in futuro funzionale allo sviluppo del nostro Ateneo. In realtà a guardarci indietro possiamo dire con soddisfazione che siamo riusciti a fare “di necessità virtù” e, qui come in altri Atenei, ad utilizzare la crisi che ci siamo trovati a fronteggiare come leva per un radicale cambiamento della nostra strategia, per tornare a volare alto.
Le Università sono state le prime a reagire e a testare le proprie capacità di reazione ma – fin da subito – hanno non soltanto cercato di adattarsi alle mutate condizioni di contesto, trasferendo tutte le attività in remoto o utilizzando il telelavoro e il lavoro agile per garantire il funzionamento della macchina amministrativa o l’operatività dei propri servizi; hanno anche cercato di dare risposte alla collettività, di lavorare a idee, soluzioni, progetti che gettassero le basi per costruire un nuovo futuro. La ricerca si è riaccesa e il Paese è tornato a guardare all’Università come ad un motore di cambiamento, capace di indicare la rotta da seguire, le azioni da intraprendere. Ma le Università, come accaduto nel Salento, hanno anche recuperato la loro funzione di connettore tra la scala globale e quella locale, e proprio nel locale hanno lavorato per riconnettere il tessuto territoriale, costruendo reti di collaborazione. Così nel nostro Ateneo sono nati i progetti di collaborazione con le imprese per la progettazione e realizzazione di DPI, le collaborazioni con le ASL per sviluppare iniziative di monitoraggio e contenimento del contagio, le analisi di siero prevalenza, gli sportelli per il supporto psicologico. Così hanno preso forma la collaborazione con la Camera di Commercio di Lecce, Confindustria Brindisi e Lecce per sostenere l’imprenditoria locale e accompagnarla verso la ripresa o, ancora, i progetti di collaborazione con il mondo della cultura e con il settore turistico, tra i più duramente colpiti dalle restrizioni determinate dall’emergenza sanitaria. L’Università in questo frangente ha svolto pienamente e con successo la propria funzione di faro culturale, indicando la rotta da seguire, i comportamenti da porre in essere, continuando a svolgere la propria funzione didattica, alimentando la riflessione scientifica, supportando l’azione politica, dialogando con le comunità territoriali che sono tornate a guardare con fiducia a questa istituzione che per troppo tempo è apparsa avulsa dal proprio contesto, ripiegata su stessa, sui propri saperi, autoreferenziale.
Nella ricostruzione del rapporto con la comunità territoriale è stato fondamentale il ruolo dell’area comunicazione che è stata in grado di realizzare progetti significativi e qualificanti che hanno contribuito a rafforzare l’immagine dell’Ateneo. Come non citare a riguardo il quarto d’ora accademico che ci ha dolcemente accompagnato durante il lockdown e le più recenti iniziative di placetelling. La comunicazione deve tornare ad essere un’area di investimento, anche per sfruttare al meglio i nuovi canali che l’ innovazione tecnologica ha reso sempre più strategici.
Proprio in considerazione delle difficoltà economiche determinate dalla crisi pandemica abbiamo ritenuto che fosse ancor più necessario dare nuovo impulso al nostro piano di investimenti immobiliari e così, con il fondamentale supporto della nostra ripartizione tecnica, siamo entrati nella fase attuativa con l’appalto delle progettazioni esecutive e contiamo di aprire, entro quest’anno, i primi cantieri. A fine mese presenteremo alla comunità locale il piano degli investimenti: oltre 50 milioni di euro tesi alla ristrutturazione di larga parte del patrimonio urbano, già profondamente rinnovato negli ultimi anni, e dei plessi di Ecotekne. E proprio all’interno del campus saranno realizzati due nuove edifici: un nuovo plesso dedicato ai laboratori e un plesso polifunzionale che costituirà un esempio unico di applicazione dei principi della sostenibilità all’edilizia. Questi interventi, oltre alle evidenti ricadute economiche dirette e indirette (effetto moltiplicatorio), contribuiranno a migliorare il paesaggio urbano e metropolitano – unitamente alla riqualificazione degli spazi verdi pertinenziali – e ad incidere sull’attrattività dell’Ateneo e sul benessere di chi vi opera, a partire naturalmente dalla popolazione studentesca. Sempre sul piano degli interventi urbanistici e con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di una vera città universitaria, stiamo continuando a lavorare alla proposta di un grande parco universitario urbano nell’area compresa tra il Parco di Belloluogo e Porta Napoli, sperando che il Comune accolga le nostre richieste, soprattutto ora che abbiamo completato, mantenendo fede ai nostri impegni, gli interventi di ristrutturazione e riqualificazione dei plessi e delle aree verdi pertinenziali. Sempre in questi mesi, venendo incontro alle esigenze degli studenti, abbiamo tracciato il percorso ciclabile che in sicurezza dovrebbe portare gli studenti da Lecce sino ad Ecotekne, riconnettendosi alla pista ciclabile che da Monteroni giunge proprio al campus. Anche qui speriamo che il Comune possa presto contribuire alla messa in sicurezza di questo percorso, ricollegandolo ai tracciati urbani in via di completamento. In collaborazione con l’Autorità comunale stiamo peraltro realizzando un’importante iniziativa che rafforzerà la cooperazione tra le due istituzioni: la realizzazione di un punto di orienteering a beneficio di studenti e turisti sull’asse principale del centro storico, così che l’Università con la sua offerta culturale possa divenire essa stessa un attrattore turistico. Va infine ricordato che sempre in quest’anno, a seguito di un’articolata serie di incontri con le istituzioni locali, si è rafforzata la nostra presenza sul territorio brindisino con la riapertura di una sede di rappresentanza nel Palazzo Nervegna che – una volta superate le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria – speriamo possa divenire operativa e costituire un punto di riferimento per la comunità brindisina.
Assolutamente non soddisfacente è stato il piano di reclutamento, rallentato più che da fattori esogeni, da fattori endogeni, riconducibili tanto alle scarse disponibilità finanziarie dell’Ateneo, quanto a difficoltà connesse all’individuazione di criteri condivisi. L’attuazione del piano straordinario per le progressioni dei ricercatori a tempo indeterminato abilitati, unitamente all’attivazione del piano ordinario, una volta risolta la questione del ricorso attualmente pendente, dovrebbe consentire di dare una risposta a larga parte dei colleghi che attendono la progressione in seconda fascia. Occorre contestualmente trovare le risorse per assicurare un numero congruo di progressioni annuali in prima fascia, giacché il numero degli abilitati è andato costantemente crescendo nel corso degli ultimi anni, creando aspettative che, se continuassero ad essere disattese, potrebbero spingere i docenti che ne avessero la possibilità a trasferirsi in altri Atenei, con gravi ripercussioni sulla qualità della didattica e della ricerca, a discapito degli studenti e del territorio. Sembra opportuno sottolineare in questa sede che è stato anche per la disponibilità dei colleghi e delle colleghe in attesa di progressione che si è riusciti ad arricchire ed ulteriormente qualificare la nostra offerta didattica in aree che il Piano Strategico ha individuato come assolutamente prioritarie, in quanto legate alla costruzione di un polo universitario incentrato sul benessere sostenibile. È grazie, infatti, a questa disponibilità che siamo riusciti ad attivare nel 2019-2020: il Corso di Laurea triennale in Ingegneria Biomedica che ha raccolto quasi duecento iscritti; il Corso di Diritto e Management dello Sport con una capacità di attrazione che ha travalicato i confini regionali; e, sia pure con altro indirizzo, il Corso di Laurea Magistrale in Progettazione dell’audiovisivo a completare la triennale in DAMS. Ed è ancora grazie alla disponibilità e all’impegno di tutte le forze che operano nell’Ateneo e il sostegno di altre istituzioni che operano nel territorio e al di fuori di esso – a partire dall’impegno finanziario della Regione che non posso mancare di ringraziare in questa sede – che quest’anno siamo riusciti a presentare ben quattro nuove proposte formative, attualmente ancora in fase di valutazione da parte dell’ANVUR, ma che possono trasformare questo Ateneo e rafforzarne il posizionamento in ambito nazionale ed internazionale, così come il ruolo trainante per l’economia locale. Va in primo luogo ricordato il progetto MEDTEC, un Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia che integra il percorso di studi con discipline di area ingegneristica così da formare un medico che sia in grado di dominare la tecnologia e non esserne dominato, rispondendo ad una domanda di professionalità che è in costante espansione. Una risposta formativa che al momento trova riscontro solo nel capoluogo lombardo. A rafforzare gli investimenti formativi sul benessere sostenibile, la Laurea magistrale in “Scienze e Tecniche delle attività motorie preventive e adattate” che va a completare il ciclo di studio in Scienze Motorie e il Corso di Laurea triennale in Sviluppo Sostenibile e Cambiamenti Climatici che intende rispondere alla domanda di professionalità connesse alla gestione della transizione ecologica e va a rafforzare l’offerta formativa su Brindisi, andandosi peraltro a localizzare nel luogo in cui a breve sarà creato il Centro per la decarbonizzazione e lo sviluppo sostenibile. Infine, un progetto di Laurea magistrale in Scienze per la Cooperazione internazionale allo sviluppo, anche questo con sede a Brindisi. A rendere unico questo corso nel panorama della formazione universitaria del nostro Paese, la circostanza che il progetto nasce dalla collaborazione con le basi logistiche delle Nazioni Unite presenti in questo territorio e sotto l’egida dello stesso organismo internazionale. Una condizione, quest’ultima, che rafforza la proiezione internazionale del nostro Ateneo. Una proiezione internazionale che si sta arricchendo di nuove iniziative come Unisalento4Talents che mira ad attrarre studenti talentuosi da altri Paesi e, in particolare, da quelli in ritardo di sviluppo con un progetto che mira a sostenerne il reinserimento professionale e imprenditoriale nei Paesi di origine.
Le trasformazioni indotte o accelerate dalla pandemia – La crisi sanitaria determinata dal Covid-19 ha avuto ripercussioni significative tanto sulla domanda quanto sull’offerta culturale ed altrettanto significative sono state le conseguenze economiche e, ad oggi, né le prime, né tantomeno le seconde possono dirsi esaurite in ragione, da un lato, del permanere dell’emergenza sanitaria e, dall’altro, del protrarsi delle condizioni di instabilità dei mercati. Dei cambiamenti in atto molti non sembrano avere natura strutturale, ossia, una volta terminato lo stato perturbativo, tenderanno ad essere riassorbiti dalla ripresa del trend di lungo periodo. Tuttavia, è altresì evidente che se lo stato perturbativo dovesse ulteriormente prolungarsi anche questi potrebbero assumere natura strutturale, andandosi ad aggiungere a quelli che hanno già palesato questa natura, determinando profonde modificazioni negli stili di vita, nei comportamenti individuali e collettivi e, di conseguenza, incidendo tanto sulla domanda quanto sull’offerta di beni e servizi. Anche la domanda di formazione universitaria è profondamente mutata e muterà ancor più profondamente nei prossimi anni, così come cambierà l’offerta delle Università, entrambe per effetto delle modificazioni intervenute nel contesto economico e sociale a scala nazionale ed internazionale, ma anche per l’accelerazione di processi tendenziali già in corso e legati al riposizionamento degli Atenei e dei saperi universitari in genere. Del resto per essere positivamente reattive le Università devono sviluppare meccanismi di risposta più rapidi che, in considerazione della rigidità che caratterizza la propria offerta – i saperi non possono essere semplicemente ricombinati, vanno integrati ed arricchiti – vuol dire che devono anticipare i cambiamenti in atto, sviluppando una capacità predittiva in grado di affrontare il presente e proiettarsi nel futuro, assumendo peraltro un ruolo performante nei confronti della stessa realtà in cui si trovano ad operare. Non basta cioè prefigurare il futuro, occorre fare in modo che quella visione divenga patrimonio condiviso e contribuisca ad orientare l’azione collettiva, ad informare la politica, determinandone le scelte. In una fase di crisi come quella che stiamo attraversando, non ci si può limitare a prevedere il futuro, bisogna contribuire a costruirlo e a sfruttare la crisi per cambiare il mondo. Cambiare il mondo non è un obiettivo utopico, è l’obiettivo che oggi si deve porre il sapere scientifico, è l’obiettivo che oggi devono porsi le istituzioni universitarie. Da sempre le Università hanno svolto questo ruolo ed oggi più che mai è indispensabile che tornino ad assumere questa funzione di faro culturale. Non dobbiamo occuparci soltanto di trasferire conoscenze, di costruire competenze funzionali allo sviluppo capitalistico – non è infrequente imbattersi nell’idea che la funzione fondamentale degli Atenei sia quella di rispondere alla domanda delle imprese –, dobbiamo invece costruire coscienze che siano in grado di interpretare le esigenze della collettività e fornire risposte adeguate. In questa direzione va letto il processo che ci ha portato ad elaborare il bilancio di genere o a costituire un osservatorio contro i linguaggi di odio in rete. Dobbiamo portare le giovani generazioni a sviluppare un pensiero critico e creativo, più ancora che renderle esperte di saperi parcellizzati che se, da un lato, li rendono perfettamente funzionali alle esigenze del sistema economico, dall’altro, li rendono incapaci di concorrere alla trasformazione migliorativa di quel mondo di cui sono parte. Con l’automazione dei processi produttivi, ritenevamo di aver vinto i rischi dell’alienazione, di aver liberato l’uomo dall’asservimento alla tecnologia, ma di fatto ci siamo trovati a convivere con una forma molto più subdola e pervasiva di alienazione, derivante dall’iperspecializzazione dei saperi che, accompagnata all’omologazione culturale, porta l’individuo a chiudersi in se stesso, a ricercare il proprio interesse in luogo di quello collettivo di cui non ha contezza, a vivere la dimensione sociale sempre più come momento ricreativo e sempre meno come momento politico. Il distanziamento sociale di questi mesi ha avuto un effetto drammatico, rafforzando lo scollamento tra un sé individuale, sempre più ipertrofico, e un sé collettivo, poco più di un riflesso, incapace di costruire un’azione sociale e meno che mai un’azione politica.
Gli effetti sulla domanda di formazione universitaria sono sempre più evidenti e pervasivi, creando distorsioni che rischiano di divenire irreversibili. Lo spettro di una competizione sempre più intensa sul mercato del lavoro, tanto in ambito nazionale quanto in ambito internazionale, spinge gli studenti più abbienti ad iscriversi agli Atenei più performanti e così i divari economici generano divari formativi e il principio dell’eguaglianza sostanziale, sancito dall’art.3 della nostra Costituzione, viene completamente disatteso, volutamente ignorato. Fortunatamente le performance degli Atenei non misurano la qualità della didattica, ma le asimmetrie territoriali e chi resta nel proprio territorio, come nel caso degli studenti salentini, può ancora beneficiare di una formazione di eccellenza, nonostante le difficoltà determinate dalle politiche sperequative che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Da anni la politica di finanziamento del sistema universitario si fonda su criteri distributivi che premiano le Università più virtuose, contribuendo ad acuire i divari all’ interno del sistema universitario; divari che – è bene sottolinearlo – sono l’effetto di asimmetrie competitive determinate da fattori economico-territoriali e non dalla qualità della didattica e della ricerca, giacché le performance degli Atenei meridionali sono correlate alle performance economiche dei relativi contesti territoriali. L’aver innescato e sostenuto la competizione interuniversitaria, a fronte di una costante riduzione delle risorse destinate all’Università e alla Ricerca, rischia di condurre allo smantellamento dell’infrastrutturazione universitaria delle regioni economicamente più deboli, facendo crescere i gap formativi, soprattutto relativamente alle fasce più deboli della popolazione; contribuendo altresì ad alimentare consistenti flussi migratori di giovani studenti universitari tra le regioni meridionali e quelle settentrionali; un drenaggio di risorse umane che nel lungo periodo minaccia di avere effetti devastanti sullo sviluppo del Mezzogiorno. Il rischio – che diventerà a breve una certezza, se non si interverrà in maniera tempestiva – è che la crisi possa acuire questi divari. Come sottolineato in un rapporto dell’anno scorso (Osservatorio Talents Venture, 2020), «a farne le spese potrebbero essere principalmente gli studenti provenienti da contesti socio-economici più fragili, andando ad aumentare ancor di più le disuguaglianze già presenti». Per evitare che la crisi economica determinata dalla pandemia possa ripercuotersi sulla formazione universitaria, occorre dunque investire sulle Università e garantire, attraverso idonei interventi finanziari, il diritto allo studio. Il precedente Governo è sembrato muoversi in questa direzione ma, nella speranza che quello in carica possa proseguire nella medesima direzione, occorre che il Paese prenda atto dell’assoluta inderogabilità di questi interventi e dell’importanza che la formazione universitaria riveste per il futuro dell’Italia e – mi sembra doveroso precisarlo – per la riduzione dei divari economici che ancora caratterizzano il nostro Paese.
Gli impegni della comunità accademica per il futuro – Mai come in questo momento abbiamo bisogno di dare a questa inaugurazione un valore prospettico, di superare la crisi pandemica e proiettarci nel futuro; abbiamo bisogno di una visione che ci restituisca entusiasmo, ma anche ci impegni reciprocamente verso un obiettivo comune e condiviso: lo sviluppo del nostro Ateneo, lo sviluppo del nostro territorio. In quest’ottica rafforzeremo i nostri sforzi per fare dell’Università un grande hub di ricerca sul tema del benessere sostenibile, facendo rete con gli altri attori territoriali e con quanti riusciremo ad attrarre da altri contesti nazionali ed internazionali. Attorno al Corso di laurea in Medicina e Chirurgia – che ci auguriamo possa superare con successo l’ultima fase valutativa dell’ANVUR – costruiremo un polo di ricerca su “Salute & Benessere” di livello internazionale, mettendo in valore quanto già presente nel nostro territorio ed attraendo, attraverso iniziative mirate, come la creazione di un acceleratore dedicato, nuove iniziative produttive che vadano ad integrare e rafforzare il polo di ricerca, facendone volano di sviluppo di produzioni avanzate in area sanitaria. Confidiamo che questa azione possa concretamente contribuire a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria, peraltro già caratterizzato da aree di eccellenza, e, attraendo nuove professionalità, nuove tecnologie, invertire gli attuali flussi migratori. Il mese prossimo inaugureremo a Cavallino nella splendida cornice del Convento dei Domenicani il centro di coordinamento del Salento Biomedical District. Una scelta localizzativa che ha un preciso valore simbolico: includere nel nostro progetto tutta l’area metropolitana e in prospettiva l’intera Terra d’Otranto, facendo leva sul potenziale di sviluppo delle singole realtà territoriali. Di qui l’impegno a rafforzare la nostra presenza a Brindisi, supportando tanto il progetto del riposizionamento della Cittadella della Ricerca, quanto quello relativo alla valorizzazione del capoluogo stesso. Ma anche l’impegno a collaborare con gli Atenei pugliesi per fare di Taranto e del suo intorno geografico un esempio di rinascita economica e sociale incentrata sui principi della sostenibilità, così che questa rinascita possa fare scuola in tutta la regione mediterranea. Questa azione territoriale si inserisce in un più ampio progetto che il nostro Ateneo in collaborazione con i tre Comuni capoluogo e le tre Province sta portando avanti in questi mesi: il Masterplan della Terra d’Otranto. Molte altre iniziative caratterizzano i prossimi mesi e avranno riflessi sulle dinamiche di sviluppo del nostro territorio, quali: il Centro per il Restauro che stiamo realizzando in collaborazione con altri attori pubblici e privati a Cavallino; un progetto di cooperazione internazionale nell’area della formazione per lo sviluppo; una piattaforma informatica che ci consentirà di accrescere le interazioni tra ricerca pubblica e privata e favorire i processi traslazionali. Ma il novero dei progetti per essere esaustivo prenderebbe l’intera mattinata.
Perché l’Università possa continuare a svolgere la propria funzione scientifica, formativa, culturale e di motore dello sviluppo sostenibile del nostro territorio, occorre parallelamente lavorare sulla sua efficienza, sul miglioramento del benessere delle persone che vi lavorano e vi studiano. Come potrebbe un Ateneo che vuole fare del benessere sostenibile il proprio obiettivo strategico, disattendere questo obiettivo al proprio interno?
Un obiettivo prioritario è sicuramente quello di migliorare il benessere attuale e prospettico dei nostri studenti, lavorando tanto sull’adeguamento delle infrastrutture, quanto sui percorsi formativi. Sul piano delle infrastrutture, oltre agli interventi già richiamati che contribuiranno ad ampliare le aree studio, abbiamo finanziato la realizzazione di aree studio all’aperto – venendo incontro alle esigenze manifestate dagli stessi studenti – una nuova grande biblioteca allo Studium 2000, in aggiunta all’apertura della community library ad Ecotekne. Sul piano formativo, dopo il successo dell’iniziativa Unisalento+ che mira a sviluppare percorsi interdisciplinari, lanceremo nel mese prossimo un vasto progetto formativo sulle soft skills, in quanto competenze fondamentali per l’inserimento professionale – prima – e l’affermazione lavorativa – poi – dei nostri studenti. Ad Ecotekne in collaborazione con l’ASL stiamo inoltre costituendo un ambulatorio a supporto della popolazione studentesca e di quanti lavorano nel campus, mentre continuerà l’impegno per assicurare un supporto psicologico agli studenti. Sul piano del placement nelle prossime settimane verrà attivato lo Smart Stage Open Lab per supportare i nostri studenti nella realizzazione di tirocini a distanza con imprese ed enti ubicati al di fuori dei confini regionali. Obiettivo prioritario è naturalmente l’ampliamento del numero e della qualità delle imprese convenzionate, allargando nel contempo l’orizzonte geografico delle collaborazioni. Di qui il coinvolgimento di imprese ed enti di livello nazionale e internazionale nella costruzione e nell’aggiornamento dei percorsi formativi e, soprattutto, nello sviluppo di azioni di placement.
Altrettanto significative sono le iniziative rivolte al personale interno. Anche qui si agirà sulla leva della formazione per adeguare il livello di professionalizzazione dettato dalle modifiche intervenute nell’organizzazione del lavoro e negli indirizzi strategici, ma anche per motivare e coinvolgere il personale nel progetto di sviluppo dell’Ateneo. Del resto, il progetto riorganizzativo rende imprescindibile la realizzazione di un piano formativo coerente e articolato. Il progetto delle soft skills verrà indirizzato anche al personale interno. Nei prossimi mesi partiranno numerosi concorsi volti ad adeguare in termini dimensionali e tipologici la pianta organica alle esigenze della struttura, ma anche ad aumentare le opportunità di progressione verticale, anch’esse indispensabili per rafforzare l’impegno di chi già opera all’interno della nostra organizzazione. L’obiettivo è quello di destinare ulteriori risorse per questa finalità nel corso di questo stesso anno accademico, pur nella certezza che i perduranti vincoli di bilancio ci impediscono al momento di operare nella direzione di un effettivo e concreto ampliamento della pianta organica. Anche in questo caso abbiamo lavorato e continueremo a lavorare nella direzione di un miglioramento degli ambienti di lavoro, consci che anche questi incidono significativamente sul benessere dei lavoratori.
Analoghe considerazioni possono svilupparsi in merito al personale docente. Nei prossimi mesi confidiamo di poter dare notevole impulso alle progressioni di molti ricercatori abilitati in seconda fascia e ad un piano di reclutamento che, in virtù delle risorse ministeriali che ci sono state assegnate, dovrebbe portarci all’assunzione di una sessantina circa di nuovi ricercatori; un risultato che, oltre a determinare una riduzione del precariato, ci consentirà – al netto dei pensionamenti – di mantenere e in alcuni casi addirittura ampliare l’offerta formativa. A tutto ciò si aggiungono naturalmente le oltre sessanta procedure concorsuali che dovremo attivare nei prossimi anni su fondi regionali per sostenere il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. Al di là delle politiche di progressione e reclutamento del personale docente, molto si dovrà fare in quest’anno per sostenere la ricerca sia direttamente, allocando fondi specifici che vadano a premiare le linee di ricerca più promettenti, sia indirettamente, contribuendo anche economicamente allo sviluppo di progetti su bandi competitivi che sono ormai divenuti il canale prevalente di finanziamento della ricerca. Con il Presidio di Qualità e il Delegato alla Ricerca stiamo lavorando per individuare nuove modalità di sostegno alla ricerca e al miglioramento della qualità della stessa, espressa in termini di produzione scientifica.
La disponibilità di fondi di ricerca, di opportunità di progressione sono indispensabili se si vuole fare crescere l’Ateneo, ancor di più quando ci si muove in un sistema estremamente competitivo come quello universitario. Le asimmetrie competitive che si registrano all’interno di questo sistema non determinano infatti solo una migrazione degli studenti verso gli Atenei che insistono su territori economicamente più sviluppati, ma anche una migrazione di ricercatori, attratti da migliori opportunità di carriera e da una ben più ampia disponibilità di fondi, frutto non soltanto delle politiche premiali poste in essere dal Ministero, ma anche delle risorse provenienti dal settore privato che in quei territori è assai più sviluppato. Se a livello governativo si volesse davvero lavorare ad una riduzione dei divari territoriali – considerato il ruolo trainante degli Atenei e, più in generale, di tutti gli enti di ricerca – , dovrebbe attuarsi una politica perequativa proprio su questo piano, andando a rafforzare il supporto finanziario alle attività di ricerca che vengono sviluppate nelle aree economicamente più deboli. Anche se ritengo alquanto improbabile che il Governo possa recepire questa linea d’indirizzo, nei prossimi mesi e nel corso di tutto il mio mandato mi impegnerò perché questo accada e perché il Salento, come tutto il Mezzogiorno, possa tornare su una traiettoria di sviluppo e vincere il divario economico che lo separa dal resto del Paese.
Sono orgoglioso di quello che siamo, sono orgoglioso di questo territorio, della collaborazione che si è instaurata con le istituzioni locali, con le imprese, della fiducia che questi attori territoriali nutrono nei confronti dell’Ateneo e ancor di più dell’affetto che ci lega alla comunità locale. Eccellente altresì è il rapporto con gli altri Atenei pugliesi e stiamo lavorando per costruire un sistema universitario integrato che riesca non solo ad attrarre studenti da altri territori, ma anche ad espandere la propria influenza al di là dei confini nazionali, nella regione mediterranea. In evidente espansione sono anche le collaborazioni con enti, imprese e istituzioni di livello nazionale ed internazionale e questo non può che rafforzarci.
La speranza è che questa rete collaborativa si sviluppi e si consolidi divenendo una nota caratterizzante e qualificante, portando nel tempo ad una piena valorizzazione del potenziale di sviluppo del nostro territorio. Come sottolineato in apertura, il nostro comune obiettivo non deve tuttavia limitarsi al superamento della crisi determinata dall’emergenza sanitaria ma occorre guardare oltre e sfruttare questa occasione per lavorare insieme ad un progetto ambizioso: fare dei nostri territori un laboratorio di sostenibilità. L’Università del Salento, come molti altri Atenei italiani, è pronta a fare la sua parte, mettendo le proprie competenze a disposizione di tutti gli attori che operano sul territorio ed in esso si riconoscono. Coraggio e determinazione non mancano e sono certo che oggi, tutti insieme, abbiamo la possibilità di ridisegnare il futuro del nostro Paese.
Ed è con questo impegno e auspicio che
DICHIARO APERTO L’ANNO ACCADEMICO 2020 – 2021!
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