LA POLEMICA / SAN PATRIGNANO QUERELA NETFLIX, DAVIDE CONTRO GOLIA: IO STO CON VINCENZO MUCCIOLI
di Valerio Melcore______Quando è uscita la docu-fiction “SAN PA: luci e tenebre di San Patrignano” che il colosso finanziario americano Netflix ha messo sul mercato, realizzato da Gianluca Neri, scritta insieme a Carlo Gabardini, Paolo Bernardelli e diretta da Cosima Spender, ho pensato che potevo scrivere qualcosa sul fondatore di San Patrignano, Vincenzo Muccioli, se non altro perché tanti anni fa lo avevo intervistato.
Ma soprattutto perché come animatore del circolo Culturale il Cavaliere, demmo vita a suo tempo vita ad una campagna di comunicazione contro la droga, che ci “ regalò gli onori” della cronaca, perché i quotidiani locali per un paio di settimane se ne occuparono. Ci fu una grossa polemica con l’Amministrazione Comunale di Lecce, una serie di botta e risposta sopratutto con l’allora Assessore ai Servizi Sociali il Gianluca Borgia. Per cui fummo costretti ad approfondire l’argomento non solo sulla carta, studiando quanto riuscimmo a trovare sull’argomento, ma anche utilizzando tutti quegli amici che nelle comunità di recupero per le tossicodipendenze ci lavoravano o di cui erano stati ospiti.
Io in particolare, visto che mi occupo di comunicazione all’epoca oltre al manifesto che sollevò il polverone organizzai la campagna 5 ARTISTI CONTRO, cui parteciparono il compianto professor Pietro Fanigliulo, il più grande incisore che abbiamo avuto negli ultimi decenni nel Salento, il professore Antonio Lani, pittore e ceramista, ma notevoli sono anche i suoi sbalzi su metallo, purtroppo anche lui scomparso recentemente, il grafico e maestro d Gianfranco Belfiore, già Art Director della Pubbli Style, Antonello Nisi, pittore e restauratore di pregio.
Tutto questo per dire che all’epoca ci eravamo fatta un’idea ben precisa di come funzionavano le Comunità di recupero, di quali e quanti interessi ruotavano non solo intorno al mondo dello spaccio della DROGA, ma anche e soprattutto attorno a quel fiume di denaro che era legato al RECUPERO dei tossicodipendenti.
Adesso, come detto, sull’argomento si sono riaccesi i riflettori della cronaca perché i figli di Muccioli hanno querelato quel colosso che è Netflix e poi perché intorno all’argomento sono state pubblicate una serie di interviste dei protagonisti.
L’argomento sulle tossicodipendenze è sempre attualissimo, tanto che quando ho visto quest’anno il Festival della Canzone italiana, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato: Da San Remo a San Patrignano il passo è breve.
Eppure nessuno sembra aver fatto caso a come le storie personali dei cantanti scelti, i testi, le interviste e le mascherate, fossero un inno alla droga.
Ma dal mondo della canzone-spettacolo-giornalismo torniamo a quello della fiction.
SAN PATRIGNANO HA SALVATO 26.000 GIOVANI, questo lo riconoscono tutti, EPPURE, O FORSE PROPRIO PER QUESTO, E’ STATO ATTACCATO IN PASSATO, E OGGI UN COLOSSO FINANZIARIO COME NETFLIX viene querelato per diffamazione pere le bugie ai danni raccontate sulla Comunità di San Patrignano e sul suo fondatore Vincenzo Muccioli dai figli Andrea e Giacomo.
In tanti, di coloro che sono stati ospiti della Comunità di San Patrignano hanno liquidato questo lavoro come una semplice operazione commerciale tesa semplicemente a solleticare i bassi istinti dello spettatore, per cui invece di soffermarsi sulle 26.000 vite salvate, e su quanto di buono è stato realizzato, la serie ruota intorno ad un omicidio e a due suicidi che sono avvenuti all’interno della più grande comunità d’Europa nell’arco di quaranta anni.
Insomma una montagna di melma.
Poi ci sono coloro, molti meno per la verità, che sostengono che certamente la serie realizzata in buona parte tende a denigrare San Patrignano, ma che tante cose raccontate sono vere.
Ora noi vorremmo cercare di capire dove sia la verità.
Papa Francesco in questi giorni ha ricordato a coloro che fanno giornalismo che devono dire sempre la verità, che devono consumare le suole delle scarpe andare dappertutto documentare tutto, ma soprattutto ha ricordato che il giornalista ha un amico che è il dubbio e un nemico che sono le proprie convinzioni.
Proviamo a mettere in pratica ciò che il Papa ci consiglia.
Ecco la prima domanda alla quale cercheremo di dare una risposta convincente.
Chi è Gianluca Neri l’ideatore e il produttore della serie sulla Comunità di San Patrignano?
Gianluca Neri, dichiara che non sa bene quale sia il suo lavoro avendo fatto diverse cose nella sua vita.
Certo è che la sua carriera professionale e la sua formazione politica è iniziata scrivendo su un giornale comunista che era diretto da Michele Serra: “Il Cuore”, un giornale di satira politica.
Neri racconta che l’idea della serie gli è venuta ripensando proprio agli anni in cui frequentava la redazione del settimanale satirico ‘Cuore’ allora guidata da Claudio Sabelli Fioretti, un signore che è stato uno dei maggiori detrattori del lavoro svolto nella comunità di San Patrignano. Un signore, tanto per capirci, che mentre Muccioli era in agonia titolò il suo giornale: “Tutto pronto all’inferno per l’arrivo di Muccioli” e poi nell’occhiello “La grande comunità sotterranea acquista un prestigioso consulente”, ed in infine nel Sommario: “Sentenza inappellabile per il guru di San Patrignano: settemila anni al reparto macelleria del quinto girone”.
Per cui, di una persona che è cresciuta in un ambiente professionale e politico che odiava Muccioli e la Comunità di San Patrignano, credo sia lecito nutrire qualche dubbio sulla sua obiettività.
Certo la docuserie Sanpa cerca in mille modi di spacciarsi per equidistante dalle opinioni pro e contro Muccioli, ma non si può dimenticare che è un prodotto frutto della dalla mente di coloro che essendo cresciuti in ambienti che predicavano la “ DROGA LIBERA” avevano in odio l’uomo che ha dedicato la sua vita a combattere l’uso delle droghe senza fare distinguo tra quelle pesanti e le cosiddette droghe leggere.
Ma lasciamo perdere l’autore e guardiamo al prodotto, cominciando dall’involucro, dalla presentazione, che in un film è rappresentato dal titolo.
Ora se uno scrive “luci e tenebre di San Patrignano”, è del tutto evidente che l’idea che vuole far passare è che a fronte delle tante cose buone altrettante cose cattive sono state compiute.
Per cui se paragonassimo la comunità di San Patrignano ad un grande albero che ci dà protezione dal sole e dalla pioggia, ci scalda con le sue foglie e i suoi rami secchi, che accarezza l’animo con la bellezza dei suoi fiori e nutre il corpo con i suoi frutti, e nel presentarlo qualcuno scrivesse: “Luci ed ombre dell’albero di ciliegio”, solo perché una volta un automobilista ubriaco si schiantò contro il tronco di quell’albero, tutti saremmo concordi nel dare del folle a quel qualcuno.
Analizziamo le cose buone, diamo uno sguardo alle luci.
Io non ho i dati attuali ma tra i miei appunti ho trovato quelli di qualche anno fa, a distanza da diciotto anni dalla morte del suo fondatore la Comunità di San Patrignano presentava questi numeri:
“La popolazione di San Patrignano è di 1.396 persone. Di queste, a parte operatori, volontari e bambini, sono 1.175 i ragazzi in percorso, di cui 952 maschi con un età media di 29 anni e 223 ragazze (età media 26); più giovani, quindi, ed è questo il motivo per cui la Comunità ha lanciato una campagna di raccolta fondi dedicata a mamme e ragazze minorenni in Comunità. Nei primi tre mesi del 2013 sono entrati a Sanpa, in seguito a un colloquio, 113 ragazzi.
Anche il bilancio dell’anno passato, in termini di ingressi e reinserimenti nella società, è stato estremamente positivo e descrive la vitalità e la forza di una realtà che, nei suoi limiti e in modo totalmente gratuito, cerca di dare il suo contributo alla nostra società. Gli ingressi, sempre nel 2012, sono stati 418 (343 maschi e 75 donne). Notevole anche il numero dei ragazzi accolti con misure alternative al carcere: attualmente sono 120 di cui 36 entrati nel corso del 2012. A fronte di questo impegno nell’accoglienza e nell’offrire un vero percorso di recupero, 372 ragazzi hanno iniziato la fase del reinserimento e 223 l’hanno conclusa l’anno scorso rientrando nelle loro famiglie con un posto di lavoro concordato con gli operatori della Comunità. 95 ragazzi, inoltre, sono stati inseriti in percorsi scolastici e universitari nel Centro studi”.
Questa in una striminzita sintesi uno spaccato sul numero di persone che operano nella comunità. Il come operano e cosa producono lo vedremo più avanti.
Oggi a distanza di ventisei anni dalla sua scomparsa il lavoro iniziato da Muccioli dà ancora i suoi frutti, infatti nell’anno appena trascorso, nel 2020 in piena pandemia duecento ragazzi sono stati accolti dalla comunità.
Questi fatti sono oggettivi, sono numeri verificabili che non possono essere contestati.
Ora diamo uno sguardo alle tenebre
Le tenebre sono alcuni drammatici avvenimenti, due suicidi ed e un omicidio, che si sono verificati nella comunità in quaranta di attività.
Non mi soffermo più di tanto nel rammentare a me stesso e a chi mi legge, che in una comunità mediamente composte da 2000 persone provenienti chi dal carcere, chi dalla strada, come: tossicodipendenti, spacciatori, ladri, prostitute, delinquenti di ogni genere, che si sia verificato solo un omicidio, credo sia un fatto miracoloso.
Certo se due persone che per anni hanno vissuto avendo come unica compagna la droga, si tolgono la vita, la comunità questi drammi li vive come una sconfitta.
Ma davvero si può parlare di luci e di tenebre quando qualcuno riporta alla vita 26.000 persone e ne perde solo tre?
Se ci dovessimo fermare ad un puro e semplice calcolo aritmetico nessuno potrebbe condannare Muccioli, nessun generale sarebbe condannato perché nella guerra che ha condotto ha riportato 3 perdite a fronte delle 26.000 vite salvate.
Ma ci sono altre tenebre, vediamo di cosa si tratta.
Dopo che i ragazzi entravano a San Patrignano, a distanza di qualche giorno iniziava a manifestarsi la crisi di astinenza, quella che in gergo viene chiamata scimmia, nausea, vomito, dolori in tutto il corpo, depressione.
In quei giorni la comunità poneva particolare cura a coloro che manifestavano queste crisi, circondandoli di cure e di affetto, seguiti giorno e notte da una persona che la comunità gli assegnava, una sorta di angelo custode, che da quell’inferno era già passato, e non aveva paura delle minacce né si impietosiva davanti alle richieste per avere un po’ di roba o qualche farmaco per lenire il dolore. L’angelo custode o se preferite il carceriere, sapeva bene che il sistema per quanto doloroso era quello più efficace per iniziare il percorso per una nuova vita, libera dalla sottomissione a quel mostro che è la DROGA.
Il prodotto
Questo prodotto televisivo è stato realizzato con l’intento marcato, e aggiungerei mancato, di farlo passare come un documentario oggettivo che lascia parlare le diverse parti, tra cui lo stesso figlio di Muccioli.
Ma l’operazione è stata compiuta mettendo insieme verità e menzogne. Si utilizzano per esempio un paio di personaggi che vengono presentati come l’autista di Muccioli e l’addetto stampa della comunità. Il primo come lui stesso racconta dopo essere stato salvato, dopo essersi creato una famiglia decide di voler andare via da San Patrignano e cerca di ricattare chi lo aveva salvato tentando di estorcergli 300 milioni, l’operazione non gli riesce e oggi lo ritroviamo nella veste di attore protagonista.
Il secondo si presenta come il classico intellettuale dal viso emaciato, l’anima bella, che dopo essere stato strappato dalla merda nella quale sguazzava, oggi ci racconta che era il portavoce della comunità ma senza esserne troppo convinto.
Oggi ce lo ritroviamo a capo di una comunità di recupero “ concorrente” di San Patrignano. Per cui anche sull’obiettività di queste persone qualche perplessità è lecita.
Perché ospiti di San Pa che pure sono figli di personaggi famosi come Paolo Villaggio non sono comparsi nella fiction?
Piero, figlio di Paolo Villaggio, e uno che pure ha litigato con Muccioli quando dopo tre anni andò via da San Pa ed ecco cosa racconta: “la ragione non sta solo da una parte: può essere bianca, nera o grigia, dipende dalla prospettiva. Glielo avevo detto, a quelli di Netflix. Mi avevano contattato, perché raccontassi tutto: va bene, ma prima spiegatemi esattamente cosa ne volete fare. Non li ho più sentiti”.
Non li ha più sentiti perché evidentemente si era partiti dal presupposto che San Patrignano andava raccontato a tinte fosche.
Un documentario serio avrebbe dovuto sintetizzare oltre quaranta anni di recuperi di decine di migliaia di giovani, della creazione di una comunità grande quanto un piccolo Comune italiano, che produce prodotti di eccellenza in tutto il mondo: dai formaggi ai salumi, dai prodotto da forno ai sughi, dal miele all’olio, dal cioccolato ai panettoni, dalla tessitura alla pelletteria, dai profumi agli oggetti da regalo, dai libri ai vini, ecc..ecc…
Per non parlare dell’allevamento di razze bovine e suine, dalla chianina alla romagnola. Poi ci sono i cani, Doberman, Levrieri, Alani, Pastori Tedeschi, vincitori di gare e medaglie, fonte di orgoglio e di soddisfazione per i ragazzi che li avevano allevati.
Poi ci sono i cavalli.
Cavalli e cavalieri di San PA Campioni del mondo.
«Qui un giorno proprio su questo terreno salteranno i cavalli e i cavalieri più importanti del mondo».
Questo diceva Muccioli quando tutti gli davano del pazzo, dell’esaltato, del mitomane. Quel giorno alla fine arrivò.
Nel 2005 i meravigliosi impianti della comunità hanno ospitato il Campionato d’Europa di salto ostacoli. I cavalieri di San Patrignano, alcuni tra i più grandi campioni internazionali in sella a cavalle femmine e a cavalli stalloni, fecero parlare della comunità in tutto il mondo grazie ai risultati sportivi e furono gettate le basi per un allevamento che avrebbe dovuto alla lunga autoalimentare la vita sportiva della scuderia oltre a generare anche degli utili grazie alla vendita dei puledri.
Questi furono alcuni dei risultati che quei derelitti avevano conseguito.
Uomini e donne che avevano perso il rispetto per se stessi venivano rimessi in piedi e ritornavano a camminare a a fare cose belle, grazie al lavoro che sceglievano. Venivano formati professionisti, operai specializzati nella tessitura o nella lavorazione del pellame, imprenditori, allevatori, agricoltori, artigiani, commercianti, cuochi, venivano rimessi nella società in grado di camminare da soli, mentre chi lo desiderava poteva mettere su famiglia lavorando all’interno della Comunità.
Tutto ciò nella fiction non compare, la serie televisiva sintetizza quaranta anni di storia, in un omicidio e due suicidi. Delle decine di migliaia di persone che sono transitate da quella Comunità, non v’è traccia.
Provo a dire la mia senza nascondere nulla.
Vincenzo Muccioli, fu colui che negli anni Settanta ha fondato la più grande comunità di recupero di tossico dipendenti d’Europa, lo ha fatto con le sole sue forze ma soprattutto ribaltando completamente le tesi di pedagoghi, psicologi, psichiatri e ideologie allora di moda.
Gli aiuti e i personaggi importanti arriveranno molti anni dopo.
Gli anni Settanta sono passati alla storia come gli Anni di Piombo, perché i giovani per difendere e diffondere le proprie certezze ideologiche andavano in piazza a sparare chi non la pensava come loro, la Cina di Mao, la Russia Sovietica, o il Vietnam del nord, o la Cuba di Castro, era a quello che guardavano come esempi da seguire, mentre gli intellettuali giustificavano tali violenze in nome della rivoluzione che avrebbe creato un mondo più giusto e più bello.
Nel frattempo, le teorie vagheggiate nel ’68 cominciavano a produrre i loro frutti.
Slogan come “ la fantasia al potere” o “ la droga libera” avevano avvicinato alla droga molti giovani che trovavano in personaggi nostrani ma soprattutto in musicisti di oltreoceano i loro miti, i loro riferimenti culturali e musicali.
Per cui ciò che prima era appannaggio solo di alcune frange dell’alta borghesia ora era alla portata di tutti, l’ideologia alla moda aveva fatto cadere quella barriera psicologica con la quale sino a qualche tempo prima si era guardato con disprezzo e paura alla droga e a chi ne faceva uso.
Quello che era un mercato in mano a certe frange dell’estrema sinistra, ben presto passò nelle mani del crimine organizzato che trovò questo nuovo business da sfruttare.
Per un altro verso anche le istituzione ed i partiti cominciarono a lucrare sulle disgrazie di tanti giovani, dando vita ad improvvisate associazioni di recupero lautamente finanziate dallo Stato e dai Comuni.
In tutt’Italia, parlamentari, amministratori, parroci, diedero vita a delle comunità terapeutiche pagate dallo Stato, a volte erano vicine al Partito Socialista, al Partito Comunista Italiano, alla Democrazia Cristiana, finanziate da amministrazioni comunali e provinciali, ma nonostante le ingenti risorse e la presenza di personale specializzato quali psicologi ed esperti in diversi settori, non si ebbero dei risultati concreti.
Vincenzo Muccioli invece strappava dalla schiavitù della droga e restituiva alla vita sempre più giovani rendendoli LIBERI e ridando loro la dignità di uomini.
Questo all’epoca era un fatto ed era incontestabile, così come oggi possiamo affermare senza tema di essere smentiti che 26.000 persone sono state salvate da Vincenzo Muccioli grazie alla creazione di SAN PATRIGNANO.
Ora le tesi di un signore che sostiene che i giovani si salvano dalla droga dandogli amore e curandoli come figli, gratuitamente, lodandoli quando fanno bene e punendoli quando sbagliano, non poteva essere accettato dalle istituzioni composte da politici che avevano le loro comunità di riferimento composte dai loro uomini pagati con i soldi dello Stato.
Quindi da un parte meri interessi di bottega, dall’altra c’era l’aspetto ideologico.
Infatti coloro che ritenevano che il modello educativo dovessero essere gli schemi ideologici dei Sessantottini, come potevano accettare i valori della famiglia tradizionale, del buon padre di famiglia che educa i propri figli amandoli, premiandoli quando fanno bene ma punendoli quando sbagliano?
La frase di Paolo Villaggio
Questi ragazzi “abbandonati”, prima di tutto dai genitori e poi dalla società tutta, che avevano trovato nella droga il rifugio al loro malessere, vengono accolti da Muccioli e trattati come i suoi figli, esattamente allo stesso modo, curandoli, sfamandoli, abbracciandoli e, quando era necessario, anche punendoli.
Sarà il celebre attore comico Paolo Villaggio a dover riconoscere gli errori della cultura da cui anche lui proveniva e lo fece con una battuta.
Davanti ai giudici che processavano il fondatore di San Patrignano, Paolo Villaggio disse: «Muccioli ha fatto quello che noi padri progressisti non abbiamo avuto il coraggio di fare», riconoscendo così l’efficacia del sistema educativo di San Patrignano che gli aveva salvato il figlio.
A proposito di frasi, mi piace ricordare quella di un’intervista rilasciatami da Vincenzo Muccioli a Brindisi, a margine di un convegno, in cui fra le altre cose mi disse: “Io non ho detto che tutti coloro che si fanno le canne poi passano obbligatoriamente all’eroina o ad altre droghe, io ho detto che coloro che si fanno di eroina hanno cominciato con la cosiddetta droga leggera e poi sono passati all’eroina”.
Quando l’ho intervistato non ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un santone, o a chi sa chi, ma ad una persona che aveva semplicemente una marcia in più rispetto a tutti noi che pure assistevamo al dramma della droga, ma che non siamo riusciti ad andare oltre qualche conferenza o qualche campagna di comunicazione.
Quindi mentre istituzioni, intellettuali, partiti e magistrati dipingevano Muccioli come il santone, l’imbroglione, il capo di una setta, un profittatore, dall’altra parte a difenderlo c’erano le migliaia di papà e di mamme, di fratelli, di fidanzati che avevano accompagnato davanti ai cancelli della Comunità i loro cari, pregando Muccioli di accoglierli.
Ancora oggi dopo decenni il documentario realizzato da Gianluca Neri è costretto a utilizzare quel materiale per cui la Magistratura nonostante tutto fu costretta a ritenere Vincenzo Muccioli innocente.
Queste sarebbero le tenebre che giustificherebbero il titolo, e che come detto rispecchia perfettamente il contenuto del documentario, da cui si evince immediatamente come ci sia la volontà di infangare la più grande comunità di recupero in Europa di uomini e donne che la nostra società, lo Stato dava per spacciati e che abbandonava ai bordi delle strade, sulle panchine o sotto i ponti.______
L’APPROFONDIMENTO nel nostro articolo del 17 gennaio scorso
SERIE TV E POLEMICHE CONTINUE SULL’USO DELLE DROGHE DA PARTE DEI GIOVANI
Category: Costume e società, Cultura
Ma ti rendi conto che questo articolo è un accozzaglia di luoghi comuni e buonismo.
Tutti salvi grazie a Muccioli una standing ovation per una comunità dove la violenza era un metodo abituale dove là piccionaia la botte e la cassaforte erano luoghi di prigionia.
Ma come fai a scrivere tante cazzate in un solo articolo.
Sei proprio un grande giornalista.
Poi che sia stato omosessuale o positivo all’HIV dove trovi la diffamazione è forse una colpa l’essere omosessuale o lo stigma dell’AIDS è ancora una macchia diabolica.
Vedi Luigi, io potrei anche essere d’accordo con te quando parli di accozzaglia di luoghi comuni, perchè è complicato sintetizzare in un articolo 40 anni di storia di una Comunità. Tutti salve grazie a Muccioli? e allora grazie a chi si sono salvati quelle decine di migliaia di persone?
La violenza sostieni che fosse un metodo abituale? Se tu ritieni che legare una persona per evitare che si faccia del male, sia un atto violento, io lo ritengo invece un atto di generosità. Di un uomo che in assenza di norme e di strutture ha messo a repentaglio tutto ciò che aveva facendo del suo meglio per salvare questi ragazzi che venivano dalla starda dove la violenza insieme alla droga era il loor pane quotidiano. Per quanto riguarda l’omosessulaità, non è una diffamazione se uno lo è e lo dichiara, come nel caso di uno degli autori della fiction su San Patrignano, come non è una colpa avere l’Aids, ma quando ciò non risponde a vero allora il dubbio che si stia cercando di infangare una persona comincia prendere forma. Resta il fatto che i figli di Muccioli anche per questi motivi hanno querelato il colosso finanziario Netflix. Grazie per l’attenzione.
Credo che chiudere persone Che avevano un anno di percorso non per l’astinenza ma per punizione sia una barbarie è un atto ignobile.
Poi poiché esistono altre comunità che salvano ed hanno salvato altrettante vite con la comprensione e con il dialogo dimostra che è un abominio privare della dignità di uomo persone che comunque non perdono i diritti solo perché tossici.
Mi consenta io ci sono stato e sono stato chiuso 18 giorni in una stanza senza nulla.
Ne vestiti non un libro, non un foglio dove
Scrivere.
Mi è stato detto che l’unica cosa che ootevo fare era spaccarmi la testa contro il muro.
Avevo t5 mesi di percorso non ero in astinenza e non volevo andarmi a fare.
Volevo solo trasferirmi in una comunità dove ci erano psicologi e gruppi.
Li lavoravo e basta non crescevo ero parcheggiato e basta.
Parlo del 2000 quando Vincenzo era già morto e suo figlio Andrea guidava la comunità.
Dimenticavo una buona giornata e grazie per la sua gradita risposta
SAN PATRIGNANO HA SALVATO 26.000 GIOVANI
non è vero
SAN PATRIGNANO PRENDEVA MALATI DI AIDS CHE NON VOLEVA NESSUNO
non è vero
MUCCIOLI HA DATO TUTTO QUELLO CHE AVEVA .
non è vero. Era uno che non lavorava, dilapidava i soldi della moglie, faceva sedute spiritiche. Alla fine è morto in una villa da miliardario, piena di opere d’arte da collezionista con un parco macchine spaventoso e muoveva milioni per l’Europa nascosti in sottofondo di auto per acquistare in nero dei purosangue.
Infine…. “I partiti progressisti, la sinistra extraparlamentare, i giornali come Repubblica, quella parte della Magistratura schierata apertamente dalla parte delle P 38 e dei Brigatisti rossi..”
Questa poi.. chi gliela ha raccontata, Pino Rauti fondatore di Ordine Nuovo?
IL titolo è falso. La comunità di San Patrignano non ha querelato Netflix. si è limitata a un comunicato molto critico nei confronti della serie.
I figli di Vincenzo Muccioli, che da tempo non hanno più alcun ruolo all’interno della comunità,hanno invece presentato una querela per diffamazione.
Per un errore solamente tecnico, dovuto al sistema di editing che non ha salvato correttamente il testo definitivo, questa mattina è uscita quella che era, a ieri sera, semplicemente una raccolta di materiali sul tema, di supporto al testo da definire.
D’intesa con l’autore, avevamo predisposto il testo corretto e definitivo, che però, ripeto, per cause tecniche, non era stato salvato dal sistema.
Abbiamo provveduto ad aggiornare solo adesso, quello che era ed è la versione definita di questo pezzo, come volevamo che uscisse, per quello che era: una rivisitazione del dibattito ideologizzato ed esasperato dell’epoca.
Ci scusiamo profondamente con i nostri lettori, anche e soprattutto con chi ha manifestato il proprio legittimo dissenso, sia formale, sia sostanziale, rispetto a quella che era – ribadisco – una semplice raccolta di materiali al riguardo, e non un articolo giornalistico, in cui, come è adesso, l’autore del pezzo legittimamente ha raccontato la propria esperienza storica su una questione ritornata di attualità in questi giorni.
Eccola, così come è, adesso, esattamente come l’avevamo predisposta, e c’è la cronologia del sistema di editing a comprovarlo.
Mi permetto di aggiungere che fortunatamente, a distanza di quaranta anni, il ‘dibattito’ sul contrasto alle tossicodipendenze si è in linea di massima depurato dalle scorie ideologiche di allora, il che ne permette una più corretta valutazione complessiva.
Certo, il problema è rimasto, in tutta la sua drammaticità, peraltro allargato agli enormi profitti della criminalità organizzata e a nuove sostanze stupefacenti.
Che fare? Il problema è immenso, ma non pr questo eludibile.
Nell’occasione – e riferito dunque all’attualità di oggi – quale APPROFONDIMENTO riproponiamo a seguire quale contributo operativo AL PRESENTE il nostro articolo del 17 gennaio scorso in cui un’esperta, da noi individuata con cura, per la sua lunga e comprovata esperienza ‘sul campo di battaglia’, riconduce correttamente il problema del contrasto a tutte le tossicodipendenze, ai suoi tratti essenziali.
A Luigi voglio dire che ho profondo rispetto per il dolore di quanti hanno vissuto il dramma della droga, per cui mi limito a fargli l’augurio che vita possa sempre sorridergli. Il mio atteggiamento è invece completamente differente nei confronti di chi sul dolore di tanta gente in un modo o nell’altro ci ha lucrato.
Alla signora Porcelli, devo dare ragione, tecnicamente sono i figli di Vincenzo Muccioli che hanno presentato querela contro Netflix, una querela che però vede d’accordo tutti i ragazzi della Comunità, dato che come la signora ci ricorda hanno presentato un comunicato molto critico nei confronti della serie.
Per tutto il resto ritengo che i punti di vista siano tutti legittimi, e considerato la società in cui viviamo, non mi meraviglia che tanti possano pensarla diversamente da me. A tutti indistintamente auguro una buona domenica.