UNA RIVELAZIONE, LA RACCOLTA “…E se l’aria di Milano” DELLA POETESSA RUSSA KATJA PREOBRAZENSKAJA, CHE CON OGNI VERSO FA MAGIE DELLA NOSTRA REALTA’ QUOTIDIANA E A OGNI PAROLA INVENTA MONDI NUOVI
di Giuseppe Puppo______
Siamo grati a I Quaderni del Bardo di Stefano Donno, questa casa editrice del Salento di provincia dell’Impero globalizzato, ma mai provinciale, che in pochissimi anni ha saputo assurgere a dimensione nazionale, non solo, ma pure ultimamente internazionale.
Per quanto concerne la poesia, mi limito a tale linea editoriale, ha ‘scoperto’ nomi di giovanissimi ora quotati e adesso valorizzati negli ambienti culturali che contano, potrei fare alcuni nomi, ma non ne faccio, ai quali si affiancano con le loro nuove proposte, con le loro novità, autori già consacrati, potrei fare alcuni nomi, ne faccio uno solo, quello di Tomaso Kemeny.
Non a caso, cito Tomaso Kemeny dell’ultima raccolta “25 appuntamenti col sicario + 2”, perché il Maestro, dagli anni Novanta del secolo scorso, ai primi di questo successivo, più volte partecipò a Torino a una serie di reading, performance, audizioni, spettacoli, di cui i poeti erano direttamente protagonisti in prima persona, in quegli eventi che a cadenza annuale si svolgevano all’ombra della Mole, spesso a livello multidisciplinare, mi riferisco agli allestimenti teatrali e alle interpretazioni di Anna Cuculo, sotto l’egida dell’associazione Poesia Attiva di Emilio Gay e Bruno Labate.
Bene, insieme a tanti prestigiosi poeti italiani, erano invitati poeti che qui da noi nessuno conosceva provenienti dall’Europa dell’Est, Urss, Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia, Romania, ma che erano personalità di spessore, cito – e finisco con le citazioni – Wisława Szymborska.
Ora, sono proprio belli simili scambi di afflati poetici di respiro internazionale: danno decoro a chi li organizza e dignità a chi, anche solo leggendo, vi partecipa.
Solo da alcuni mesi, l’editore salentino Stefano Donno ha aperto una finestra sul’Europa dell’ Est pubblicando, per ora, alcune raccolte.
Fra di esse, quella di Katja Preobraženskaja, 39 anni, di San Pietroburgo “…E se l’aria di Milano” ( testo originale a fronte, introduzione di Manuel Ghilarducci, traduzione di Paolo Galvagni, 114 pagg. 7,90 euro).
Versi bellissimi, che a tratti lasciano senza fiato per lo stupore, e che chissà di che splendore risuonano nella loro lingua originale! Ah saperlo, il russo…
Nomina sunt consequentia rerum: quello di questa poetessa russa – ho appreso – viene da un verbo che, nella lingua madre, significa “trasfigurare”.
Le sue poesie trasfigurano appunto la realtà quotidiana e catapultano di peso la quotidianità, anche quella banale o di stanca routine, in nuove dimensioni, nobilitate da richiami alle arti visive, abbellite da suggestioni letterarie, confortate da miti della classicità, trasposte dalle trasposizioni cinematografiche, o televisive, come in un film: insomma, ogni verso della Katja Preobraženskaja inventa mondi nuovi che non conoscevamo e nemmeno sapevamo che esistessero.
L’incipit, la prima poesia di questa raccolta, è in tal senso folgorante: sono i pensieri di una cassiera di una rivendita di generi alimentari che si ritrova ogni volta davanti un cliente, l’uomo al quale vorrebbe affidare di giorno in giorno sempre di più la propria solitudine affettiva e non osa, facendosene invece un film interiore, il tutto raccontato come folgoranti, nella loro brevità, puntate di una serie televisiva.
Ecco, può bastare, quale ottimo esempio. Non voglio togliere ai lettori la sorpresa che si cela dietro ad ogni componimento di questa raccolta, in cui ognuno saprà immergersi a modo suo e a modo suo ricavare diversi rimandi multidisciplinari e multimediali.
Come che si trovi in una città quale San Pietroburgo, Madrid, o Milano, del mondo globalizzato, raccontate dalla Preobraženskaja peraltro sempre meravigliosamente capace di restituire a ognuna la propria particolare specificità, alle città del mondo così capace di dare alle scene di un interno casalingo, ai momenti di intimità personale, la magia.
Un’ unica domanda.
A pagina 67 si parla di Alda Merini quale “poetessa milanese che si è suicidata a 61 anni”. Ora, come è noto, questa nostra grande voce della poesia contemporanea morì a 78 anni per malattia.
Cosa è? Un errore dell’autrice? Un errore del traduttore? O sono io – e in tal caso me ne scuso – che non ho capito che si tratta din una forzatura, per quanto ingiustificata, per accostarla ad un’altra grande della letteratura contemporanea, la poetessa americana Sylvia Plath, ella sì morta suicida a trent’anni, alla quale è dedicato in questa raccolta un componimento manco a dirlo trasfigurante, sul senso della vita e della morte?
Per il resto, applausi per questa meravigliosa creatura poetica e gratitudine per l’editore che ha permesso di conoscerla al pubblico italiano sempre fremente e numeroso degli appassionati.
Alla fine rimane forte il desiderio di leggerla ancora.
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