“Olliusatumeccaneritta”
di Raffaele Polo______
Nonostante le limitazioni, sempre più faticose da seguire, per non incappare nei tentacoli del Covid e/o dei controlli, sentiamo, nel silenzio altrimenti irreale di un centro abitato che pare abbia definitivamente rinunciato alle sue liturgie fatte di traffico, sirene e strombazzamenti di clackson, una voce umana che, tramite altoparlante, grida qualcosa.
Sono ricordi che si affacciano subito alla nostra memoria, sin da bambini abbiamo meccanicamente recepito le grida del venditore di giuncata (‘Giuncata, giuncata freca!) dei lupini (‘Sù belli li piò piò’) dei materassi (‘Materazzi, materazzi!) e di pesce (‘Lu pisce de lu mare nosciu’).
Ci sono interessantissimi studi di ‘Tradizioni popolari’ che rilevano proprio queste grida pubblicitarie di vendite o prestazioni artigianali (‘Donne, è arrivato l’arrotino!) e le sottolineano come esempi sempre meno frequenti di una realtà iperpopolare che parte da lontano, molto lontano…
Ora, non siamo qui a discettare sul pur interessante argomento (S^, lo so che vi aspettate il tradizionale ‘Cocco bello, cocco!’ oppure ‘Gelati Sicilia!’ o ancora ‘Fresche, mandorle fresche’. Ma voglio solo aggiungere che proprio Tito Schipa canta ‘Rusciuli rusciuli’, riprendendo il grido dal venditore di strada…) ma per sottolineare che proprio oggi, marzo 2021 dopo Cristo, nonostante la desertificazione urbana creata dal Covid e dai suoi addentellati, abbiamo sentito un grido nuovo.
Nuovissimo, mai sentito prima, ripetuto e neanche registrato, l’anziano guidatore di un camion con il telone rialzato a mostrare un assortimento incredibile di ferri e arnesi di ogni genere, ci deliziava con il suo stentoreo ‘olliusatumeccaneritta’ che non siamo riusciti a decrittare.
Sul pianale del mezzo, c’erano quattro o cinque di quei contenitori dove si raccoglie l’olio esausto, arrugginiti e sporchi da far paura. E tutto il mezzo, pure nella cabina, ostentava imbuti di tutte le dimensioni. Da tutto ciò, abbiamo dedotto che è una raccolta porta a porta di oli esausti. Ma, onestamente, quel grido ci giunge nuovo e nell’ibrido italiano-dialetto, ci rende incomprensibile il significato.
Non c’è, soprattutto, quella melodia, quell’assonanza sempre tradizionale nei già citati richiami più tradizionali. Anche l’ortolano che recita ‘le pere, le mele, l’agliu, lu petrusinu…’ ha una sorta di grazia nell’elenco che, altrimenti, sarebbe solo monotono. E rammentiamo quel grido che pareva un lamento, emergeva dal buio e annunciava l’avvicinarsi del venditore di…. ce lo siamo dimenticato, vanno veramente scomparendo queste grida pubblicitarie, mi pare che quello facesse ‘schiup!’ e indicava i semi di zucca abbrustoliti.
Niente, imperterrito, questo nuovo venditore ambulante, urla il suo grido di guerra: ‘olliusatumeccaneritta’ che magari non è proprio così, avremmo voluto fermarci per interrogarlo e capire cosa diavolo vuol sintetizzare con quell’unica parola.
Chi se ne frega, dite? È vero. Ma ci siamo guardati attorno e non abbiamo visto altra forma umana nei dintorni. E neanche sentito l’idioma gentile che, proprio in questi giorni, ci ha fatto riscoprire il padre Dante.
Come in romanzo di fantascienza, di quelli tristi e desolati (leggete ‘Le sabbie di Marte’ di Ray Bradbury e poi ne parliamo…) solo quella parvenza umana ci ha fatto compagnia: ‘olliusatumeccaneritta’.
Category: Costume e società, Cronaca