E’ MORTO LAWRENCE FERLINGHETTI, LUNGA VITA A LUI!
di Giuseppe Puppo______
For Poets, with Love
Poets, come out of your closets,
open your windows, open your doors,
you have been holed-up too long
in your closed worlds.
Come down, come down
from your Russian Hills and Telegraph Hills,
your Beacon Hills and your Chapel Hills,
your Mount Analogues and Montparnasses,
down from your foothills and mountains,
out of your teepees and domes.
The trees are still falling
and we’ll to the woods no more.
No time now for sitting in them
as man burns down his own house
to roast his pig…
E’ morto l’altro giorno, alla veneranda età di 101 anni, a San Francisco, California, Usa, Lawrence Ferlinghetti, nella pressoché generalizzata, quanto colpevole, indifferenza dei mass media.
Forse, era già morto, pensavano in tanti, e oramai chi lo conosce più? Ormai nemmeno ci pensavano, a lui.
Robe da hippy, da capelloni, da folli corse sulle strade del mondo, senza sapere dove andare, ma tanto questo non era importante, perché l’importante è andare; di ricerca dell’equilibrio con la nostra Grande Madre Terra; di meditazioni spirituali, di prima, originaria e fondamentale critica alla società dei consumi, al consenso generalizzato, al pensiero unico dominate, all’omologazione soffocante; la pace; l’attenzione agli ultimi, agli oppressi, ai sofferenti, ai diseredati…Tutto andato, tutto passato.
No, è morto l’altro giorno. E’ morto? No, non è morto, i Poeti non muoiono mai. I Poeti sono tutti giovani e belli.
In più, egli fu un editore fondamentale, oltre che libraio e grandissimo amante dei libri.
Il più grande amante di libri al mondo. E da editore, fu l’editore che scoprì e fece conoscere gli autori della beat generation, della quale egli stesso faceva parte, Jack Kerouac in testa. Scusate se è poco.
Un gigante del Novecento, insomma, là dove stanno le radici di noi contemporanei.
Per i nati negli anni Quaranta, Cinquanta, Sessanta, e Settanta, soprattutto in questi due ultimi decenni, tutto ciò fu – fu? è! – un mito.
Nipotini di nonno Walt Whitman e di zio Ezra Pound, protagonisti ognuno a modo suo di una sferzata di libertà, di aria nuova, di passione e di impegno.
Grazie alla Poesia.
Una mobilitazione permanente delle coscienze.
Il padre di Lawrence Ferlinghetti, che non fece in tempo a conoscerlo, perché morì prima che egli venisse al mondo, era italiano, uno dei tanti italiani emigrati negli States a fine Ottocento.
All’Italia egli si sentì sempre irresistibilmente legato, e in alcune occasioni ci venne di persona. Nel 2011 fu protagonista culturale delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità.
La sua raccolta dio poesie più importante è A Coney Island of the Mind, del 1958.
Ma fondamentale è il suo Populist Manifesto del 1975, in cui chiama poeti e letterati a uscire fuori da steccati ideologici, torri d’avorio e orticelli conchiusi; e ad impegnarsi attivamente, a indicare la strada, a percorrerla e a farla percorrere.
Come Filippo Tommaso Marinetti, che a Parigi aprì le menti alla modernità; come Gabriele D’annunizio, che a Fiume portò la poesia al potere, così allo stesso modo Lawrence Ferlighetti è un grande, e chiama alla rivolta il popolo dei contemporanei, a stabilire le giuste gerarchie invertendo radicalmente quanto purtroppo è andato nel frattempo consolidandosi. Ma ora Basta!
L’economia torni a governare la finanza; la politica torni a governare l’economia; la cultura comandi sulla politica; e la Poesia guidi la cultura.
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