IL SILENZIO DEI COLPEVOLI. DISASTRO ECOLOGICO SENZA PRECEDENTI IN ISRAELE, IL MAR MEDITERRANEO DEVASTATO DA GASDOTTI E TRIVELLE SEMPRE PIU’ A RISCHIO DI ESTINZIONE, E TUTTI NOI INSIEME A LUI
(g.p.)______E’ un disastro ecologico gravissimo , questo è sicuro, perché ora lo ammettono le stesse autorità israeliane, (“uno dei peggiori del Paese”), che hanno vietato l’accesso alla costa, a tutta quanta la costa, lunga circa cento ottanta chilometri (“l’esposizione al catrame può essere dannosa per la salute pubblica”), dopo che molti volontari andati per aiutare a ripulire sono stati portati in ospedale dopo aver inalato fumi tossici.
Questo ieri, proprio nel giorno in cui là avevano riaperto hotel e stabilimenti turistici dopo mesi di chiusura a causa delle restrizioni Covid.
Di sicuro ancora c’è stata una fuoriuscita di petrolio in mare aperto, che ha provocato il catrame che si è riversato a riva, con effetti devastanti, per la fauna e per l’intero ecosistema.
Il professor Colin Price, dell’Università di Tel Aviv, ha parlato di una grande quantità di catrame che con ogni probabilità è penetrato sotto gli scogli, danneggiando il fondale marino e gli organismi che vi si trovano.
Un balenottero è arrivato morto a riva, dopo aver bevuto petrolio. Vasta moria di pesci e tartarughe (nella foto, ripresa da Sky News International), queste notizie sono state date da Kan, l’emittente pubblica israeliana.
Del resto, il mar Mediterraneo, chiuso devastato dalle speculazioni, era già a rischio in tutta quanta la sua estensione più degli oceani.
Quel mar Mediterraneo in cui è immerso il nostro Salento, insidiato da gasdotti trivelle.
Ora è arrivata una ‘botta’ pesante, un fenomeno che dura da alcuni giorni, nel silenzio imbarazzato e imbarazzante pressoché generalizzato.
Le cause?
E’ mistero.
Ovviamente ma ignobilmente, nessuno se n’è assunta la responsabilità: silenzio assoluto dei colpevoli, e silenzio pressoché generalizzato sui colpevoli.
Mancano le informazioni.
Abbiamo provato a cercare questa mattina, a lungo, su tutti i più importanti organi di informazione internazionali, siti web dei grandi network televisivi compresi, ma con scarsi risultati.
In Italia ne hanno sommariamente riferito solo l’agenzia Ansa, che sorvola elegantemente sulle responsabilità, e La Repubblica, che pure accenna a qualcosa in tal senso.
Stupefacente, in ordine al così detto ‘villaggio globale’ e alle informazioni centellinate, se non distorte, in genere dai grandi mass media, per tutto quello che attiene alla materia dei fossili, che inquinano, devastano i territori e sono funzionali solamente agli interessi dell’alta finanza internazionale.
Comunque le autorità israeliane hanno aperto un’inchiesta per determinare le cause di quanto accaduto e si sono impegnate ad avviare un’ampia operazione di bonifica, per quanto sarà possibile, per quanto difficile e costosa, ma del resto indispensabile, dal momento che l’approvvigionamento idrico in quel Paese deriva proprio dal mare.
Per ora parlano comunque del fenomeno come riconducibile alla fuoriuscita di greggio da una o più petroliere in navigazione al largo del Mediterraneo, a 50 km dalla costa israeliana.
Va dato atto delle parole nobili pronunciate dal ministro dell’Ambiente israeliano Ghila Gamliel: “Stiamo facendo tutto il possibile per individuare i responsabili, ma questa catastrofe è un chiaro monito alla necessità di liberarsi dal giogo dei combustibili inquinanti e di completare quanto prima la transizione verso le rinnovabili”.
Questi i fatti e le opinioni.
Rimangono i sospetti.
I sospetti vanno tutti nella direzione dei grandi progetti di rifornimento energetico su cui sta investendo Israele, tra cui l’installazione a pochi chilometri dalla costa mediterranea di una grande piattaforma per l’estrazione di gas naturale, e altre trivelle di varia natura.
In più di recente c’è stato un accordo con gli Emirati Arabi Uniti per favorire il trasporto del petrolio verso l’Europa, attraverso un gasdotto che collega la città di Eilat sul Mar Rosso, e il porto di Ashkelon, sulla costa mediterranea.
Secondo alcune fonti trovate, qualcosa è stato già fatto in tal senso, secondo altre i lavori devono ancora iniziare.
Lo scorso 10 febbraio, circa duecento persone, tra cui famiglie e giovani, hanno partecipato ad una protesta organizzata ad Eilat, in un parcheggio antistante il molo. Alcuni manifestanti si sono arrampicati su un terminale preesistente, proteso verso il mare, mostrando un gigantesco poster con la scritta in ebraico “Stop immediato all’accordo petrolifero”: “in nome dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei combustibili fossili, si mette a rischio il patrimonio naturale dell’area, caratterizzata un sistema di barriere coralline protette, che si estende per oltre un chilometro al largo della costa della città di Eilat”.
Lo scorso ottobre, l’EAPC ha annunciato la conclusione di un “Memorandum d’intesa vincolante” con MED-RED per portare il greggio dagli Emirati Arabi Uniti a Eilat, prima di trasportarlo, tramite un oleodotto, verso la città mediterranea di Ashkelon, pronto per l’esportazione in Europa:
La compagnia statale israeliana EAPC ha infatti annunciato di aver firmato un Memorandum of Undesrtunding (MoU) con MED-RED Land Bridge – società a capitale misto arabo-israeliano controllata da Petromal, una divisione deella National Holding di Abu Dhabi, dalla compagnia israeliana AF Entrepreneurship e da Lubber Line, gruppo internazionale attivo nel settore delle infrastrutture e dell’energia – per la realizzazione, e la futura gestione, di un nuovo oleodotto che collegherà la città di Eilat sul Mar Rosso al porto di Ashkelon, in Mediterraneo.
In Italia continuiamo a far costruire gasdotti e a progettarne di nuovi.
I due ultimi governi Conte che, secondo le promesse fatte agli elettori dal Movimento 5 Stelle, avrebbero dovuto bloccarli, le hanno disattese.
Pure le autorizzazioni alle trivelle nei nostri mari non sono state revocate, anzi sono state recepite altre ottantaquattro nuove richieste, pur con la decisione di bloccarle al momento
Per settimane è sembrato che il blocco deciso in scadenza fosse destinato a saltare.
In extremis proprio l’altro giorno in Parlamento nella maggioranza che sostiene adesso il nuovo governo Draghi è stata raggiunta un’intesa per confermare il blocco a nuove autorizzazioni per altri sei mesi fino al 30 settembre.